Intervista a Levante

Non solo “che vita di merda”, anzi è il caso di dire che per Claudia Lagona, in arte Levante, la vita è decisamente cambiata da quando tra le novità musicali radiofoniche è arrivata pure la sua Alfonso. In autunno potrebbe uscire il suo disco d’esordio, anche se non è di certo l’esperienza a mancarle, dopo tredici anni da cantautrice a tutti gli efetti. Nel frattempo potrete sentirla dal vivo in apertura del Sotto Casa Tour di Max Gazzè. Noi eravamo curiosi di conoscerla e abbiamo avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata telefonica con lei da indiependente a indiependente.

La tua canzone, Alfonso, ormai entrata pienamente nella rosa dei tormentoni dell’estate 2013, da cosa trae spunto e ispirazione?

In realtà la scelta di Alfonso è veramente banale, c’era questa assonanza tra “stronzo” e “non ti conosco” ed è stato facile far ricadere la preferenza su questo nome, anche perché non esiste un Alfonso nella mia vita, quindi non viene da una persona in particolare l’ispirazione. Quello che è successo ad Alfonso è stato del tutto inaspettato. Qualcuno si è chiesto come non avessi potuto aspettarmi questo risultato dopo aver avuto il supporto di Radio Deejay, ma in verità questa canzone l’ho scritta per me stessa in un momento triste e non lo dico perché voglio fare la cantautrice emo e criptica. In quella circostanza mi sono sentita libera di dire una parolaccia e cantare anche un’espressione forte come “che vita di merda”, pensando che tanto sarebbe rimasta in camera mia, ma poi è arrivata alle orecchie di Dario Usuelli e la solfa è cambiata, arrivando al grande pubblico. Poi tu sai bene che le canzoni seguono il percorso che devono fare senza che tu possa controllarle, e quindi anche l’accezione di tormentone – povera Alfonso! – se l’è cercata.

A proposito di questo, cosa pensi della fenomenologia delle canzoni da spiaggia che durano una stagione per poi finire nel dimenticatoio?

(Sperando non sia il caso di Alfonso, facciamo le corna) Siccome serve tutto, è giusto che la musica abbia diverse sfaccettature. Le canzoni sono un po’ come i vestiti: c’è la maglietta che usi per tre mesi, quella che ti rimarrà per cinque anni o quella ancora che indosserai sempre e chiaramente anche i tormentoni estivi passeggeri ci aiutano a ricordare gli attimi migliori e a divertirci. Io non l’ho scritta con quest’intento, quindi la vivo in modo strano, mai avrei pensato una cosa del genere.

La vivi positivamente?

Ma certo! Qualsiasi posto in cui Alfonso sia arrivata che non sia la mia camera è comunque un bellissimo posto. Non avevo grandi pretese per questo brano, né per la mia carriera, tutto quello che mi è stato concesso è un dono ed io ne sono grata. Non ho di che lamentarmi!

Ora che sei in tour con Max Gazzè la tua vita ha subito una vera e propria rivoluzione. Com’è aprire i suoi concerti?

Intanto sono felice di parlarne perché dopo le prime due date ho finalmente la possibilità di dire che lui è una persona magnifica, anche a livello umano è stata una bella sorpresa. Sali sul palco sapendo che aprirai il concerto di un personaggio che non è solo un artista affermato. E poi è emozionante perché il suo pubblico è trasversale, oltre che essere partecipativo ed entusiasta, si incontrano grandi e bambini. Al di là di Alfonso, che spesso viene cantata in coro sotto il palco, la gente comunque dimostra un forte interesse per me.

Suoni già dei brani di Manuale Distruzione?

Sì, ho suonato le canzoni dal disco nuovo negli ultimi concerti che ho aperto.

Che uscirà ad ottobre?

Sì (ride). Nella mia vita, come nella vita di qualsiasi persona o artista ci sono continui cambiamenti. Si era detto ad ottobre, ma è probabile che ritardi l’uscita.

La proposta di accompagnare Gazzè nel suo tour estivo come ti è arrivata?

Attraverso il management di Gazzè che ha sentito il brano e si è incuriosito. Abbiamo provato, potevo anche non piacere dal vivo, invece dopo i primi live sono rimasti tutti contenti ed è un’esperienza che continueremo insieme.

Non è la prima volta che ti cimenti in un tour, curiosando su YouTube ho trovato dei video che ti vedono leader di un gruppo che si chiamava Levante e le Effemeridi, o sbaglio?

Ahahahaha (ride di gusto). No, aspetta, io ho cominciato a scrivere i primissimi brani a nove anni, poi a cantare e a musicarmi a dodici e da lì è nata la mia passione. Quella di cui parli è stata una caduta sinceramente (ride ancora).

Anche a livello di immagine sei molto diversa, come mai quest’evoluzione?

A diciott’anni mi è arrivata una proposta che mi chiedeva di firmare un contratto discografico. Chiunque a quell’età, ma forse anche più in là con gli anni, si sarebbe sciolto davanti ad un’offerta del genere, prima di tutto perché mi producevano, poi perché potevo finalmente registrare, gratuitamente tra l’altro. Questo percorso mi ha portato però, in un’altra direzione, perché quando hai diciott’anni non hai le idee così chiare per decidere cosa ne sarà di te e perciò mi sono fidata delle persone con cui lavoravo, solo che il progetto ha preso una piega molto commerciale, ma non un commerciale proficuo, bensì scadente. Il brano che hai visto su YouTube è stato scelto come sigla iniziale di un festival che si chiama Festival Show, che a dirla tutta fa numeri grossissimi e partecipano anche visi noti. Io lì ho avuto modo di conoscere Lucio Dalla e Zucchero, ad esempio.
Poi fortunatamente lo stesso anno è scaduto il contratto e li ho salutati, nel frattempo stavo già partendo per l’Inghilterra e ho scritto un album in inglese che non è mai uscito. Alle spalle in realtà ho quattro dischi – mai usciti.
Sono tornata sconfitta dallo Yorkshire dov’ero stata e in quel periodo non sapevo proprio che pesci pigliare, ma al mio rientro il destino mi ha fatto incontrare Davide Pavanello, bassista dei Linea 77 e creatore della casa discografica indipendente INRI. Mi hanno preso sotto la loro ala, ho cominciato a scrivere il nuovo album e questo è il risultato. Manuale Distruzione rappresenta ciò che sono adesso realmente, riesco a sentirmi molto vicina a quella ragazzina di tredici anni che scriveva agli inizi.

Non so se ti sia mai capitato, ma è strano talvolta il cammino che fa la vita per capire chi sei, a volte bisogna tornare indietro per essere se stessi, a me questo piace, mi sembra molto bello.

A volte le radici danno l’impulso per andare avanti e si ritrovano nei gesti quotidiani..

Esatto! Magari il filo conduttore è sempre stato davanti a te senza mai essertene resa conto.

Tornando a ciò che mi hai appena detto, tu sei nata a Caltagirone in provincia di Catania, ma adesso vivi a Torino..

Piccola precisazione, altrimenti qualcuno potrebbe offendersi. Sono nata nell’ospedale di Caltagirone questo è vero, però ho vissuto per quattordici anni a Palagonia in provincia di Catania, un nome che è tutto un programma.

Qual è la differenza nel fare musica al nord rispetto che al sud e viceversa? Credi che con essa si possano appiattire dei regionalismi che sussistono in altri ambiti oppure pensi che in questo campo gli italiani siano un popolo chiuso, poco aperto? Ti trovi meglio con gli artisti torinesi o con quelli siciliani a livello di amicizie e collaborazioni?

Io purtroppo non ho contatti con gli artisti siciliani, perché ho lasciato casa mia che ero piccola. La musica – questo l’ho scoperto sempre grazie ad Alfonso – ha una forza che non ti aspetteresti, arriva dove deve e vuole arrivare, quindi che tu sia in Sicilia o a Torino, se è veramente una bella canzone raggiunge l’obiettivo. E’ chiaro però, che ci siano ambienti che facilitino maggiormente il percorso dell’artista, se fossi rimasta a Palagonia non avrei fatto e imparato tutto quello a cui sono giunta adesso, perché qui a Torino c’è un altro modo di vivere la musica. La prima difficoltà rimane quella di spostarsi dall’isola per noi siciliani. Molti vanno soprattutto verso Milano che è una città piena di contatti e con tante mani da stringere, ma questo non significa che un Battiato o una Consoli non siano riusciti ad arrivare dove volevano, rimanendo ancorati al loro modo di vivere la Sicilia, anzi ci sono riusciti eccome. Rimane una dura prova per tutti trovare la propria dimensione. Nel mio caso Torino mi ha agevolato tantissimo, è una grandissima città e oggi a mio parere è la migliore per il cantautorato.

Torino, rispetto a Milano o Roma, credi possa avere una marcia in più anche per quanto riguarda i rapporti umani?

Questo lo credo per molti aspetti di questa città, non solo se si tratta di musica: Torino offre svariate opportunità, però nello stesso tempo è a misura d’uomo, è piccolina. Questo è un fattore che unisce le persone. Negli artisti che ho conosciuto qua ho trovato amicizie e legami che probabilmente altrove non avrei trovato. Ho un supporto incredibile, senza tanti di loro non avrei realizzato quello che ho fatto fino ad oggi. Qui c’è un entusiasmo particolare. C’è poi da dire che quando mi è capitato di suonare a Milano ho notato le differenze di pubblico: quello torinese è passionale, ma è come se non osasse applaudire, invece a Milano ci sono meno paletti: alle Officine Ansaldo, dove sono stata di recente ad esibirmi, ho trovato un calore pazzesco, che non avevo ancora sperimentato.

Per concludere, ho letto in una tua recente intervista che ti sei ultimamente accostata a musicisti come Feist, Alt-J e Bon Iver. L’indiependente webzine si occupa tutti i giorni di personaggi che appartengono a questo panorama che si discosta sì dalle major, ma non per questo ottiene meno successo. Tu ti senti un’indipendente nella musica, nella vita e nelle aspirazioni?

Decisamente sì! La mia risposta è confermata dal fatto che ho scelto INRI e non una major per il mio disco.

Ti sono state fatte delle proposte da parte di major?

Sì, mi sono arrivate, però non ho accettato proprio perché sento la necessità di essere indipendente, ma non in quanto etichetta. Perché oggi se fai lo strano sei indipendente. L’indie, questa parola che è tanto in voga, è come l’etichetta che io detesto. Dare un unico aggettivo è una cosa brutta, perché penso che noi possiamo essere tante cose. Avevo la necessità – dopo il percorso che ti ho descritto prima – di esprimere al toto me stessa, quindi INRI è stata proprio la risposta che mi serviva, perché non accetto legami che poi diventano delle catene. Io voglio sempre essere onesta nei confronti della musica e di chi mi ascolta.

Quale pensi sia oggi il problema della musica in Italia, di questa continua contrapposizione major/indipendenti? Da chi parte secondo te la diatriba?

Se avessi la risposta sarei un genio e non sarei qui (ride). La mia idea è che essendo in tempo di crisi, ovviamente anche il mondo discografico ne risenta e da parte delle major ci sia la ricerca costante del successone, per cui si provi a sfruttare ormai il canale televisivo per far nascere delle stelle che poi sono delle povere comete. C’è chi ci prova in tutti i modi ad avere una speranza in più, quindi non mi viene da biasimare l’artista. La gente ha bisogno di sincerità, non voglio essere ripetitiva, ma spesso manca quel qualcosa in più. Anche l’altro versante, quello indipendente, però fa ogni tanto un errore: ovvero la totale estremizzazione. “Noi non facciamo tv, ce ne teniamo lontani, facciamo tutt’altro” sento dire, ma non basta miscelare i termini forbiti del dizionario per essere un buon artista, bisogna saper dare emozioni e comunicare. Io sono cresciuta con artisti come Consoli, Donà, Meg, Verdena, Afterhours, La Crus, gente che ha avuto dei picchi di successo anche se non si sono venduti, pur scrivendo canzoni bellissime.

Rispetto agli anni ’90 e ai primi 2000 quest’esplosione del genere più alternativo del panorama italiano tra giovani e giovanissimi ha portato ad un peggioramento o ad un miglioramento del prodotto finito?

Secondo me è positivo, noi dobbiamo dire grazie alla rete. La nascita di queste etichette indipendenti va anche ricercata nei canali web ed è chiaro che questa via alternativa alla major sia una fortuna. Ognuno di noi nel proprio piccolo ha avuto la possibilità di esprimersi. Certo, non abbiamo avuto la visibilità di X Factor.

Forse è meglio così, se poi finisci a fare la pubblicità per le compagnie telefoniche. Non so quanto la carriera artistica venga coltivata nel tempo..

Non biasimo neanche scelte di questo tipo, sai. Credo che ci si trovi imprigionati in contratti che costringono a fare determinate cose controvoglia. Non bisogna farle quelle cose li, la libertà di scegliere è fondamentale per poi non avere rimpianti dopo. Io sono felice che ci siano tanti artisti indipendenti anche sconosciuti, non è negativo essere di nicchia se hai un pubblico fedele.

Ai concerti di Gazzè ci sono persone che vengono anche appositamente per te?

Al di là della pagina Facebook mi tengo un po’ lontana dal mondo pubblico, però tante persone mi scrivono per chiedermi quali sono le date in cui suonerò anch’io.

Anche noi siamo curiosi, quali saranno le date in cui suonerai?

Allora, mi sono fatta uno schema cartaceo (ride),  le prossime date sono : il 20 a Cuneo al Nuvolari, il 21 a Marina di Pietrasanta alla Versiliana, il 23 a Vieste, il 24 al Giffoni Film Festival, il 26 a Belluno, poi a Lecce il 30, il 2 agosto a Latina, insomma un po’ di cose.

Le vacanze quindi saltano quest’anno?

Anche quest’anno vorrai dire. Ci hanno provato, avevo prenotate le vacanze a febbraio e pagando un altissimo prezzo le ho spostate, questo ti fa capire che tutto quello che è successo non era programmato.

Ciao Claudia, ti ringrazio per la chiacchierata, buon tour e ti auguro di passare delle meritate vacanze!

Grazie tante a te, ciao Ilaria!

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