Intervista Cat Power | “La mia vecchia etichetta non ha creduto nel nuovo album”

Per raccontare chi è Cat Power, al secolo Chan Marshall, tocca iniziare dalla fine della telefonata con cui l’ho raggiunta per un’intervista, ovvero quando scopro tutta la fragilità di una donna che mi domanda com’è per davvero il suo nuovo album – e me lo chiede quasi implorando una verità che io non sarei in grado di simulare neanche volendo, dacché da anni ho un’incondizionata passione per la sua musica. Cat Power è quel genere di donna che spiazza quando si mette a nudo perché lo fa con estrema spontaneità: insicura di se stessa pur avendo una voce straordinaria e un talento artistico che ha rappresentato perfettamente il way of life indie degli anni Novanta; album che sono entrati nella nostra memoria come You Are Free e The Greatest, per un’anima vagabonda che non ha mai smesso di cercarsi e rimettersi in gioco – con tutta l’umiltà che scoprirete leggendola qui. È vero che siamo fuori da quel furore creativo dei primi Novanta, e da quella congiuntura storica che esaltava le composizioni minimaliste chitarra e voce – eppure Cat Power continua a buttare fuori musica, e stavolta torna con un nuovo album per il 2018. Si chiama Wanderer, ed esce il 4 Otttobre per Domino Records. Ancora una volta Chan Marshall riesce a portarci in giro a vagabondare per le belle strade della sua musica, mettendo subito in chiaro come anche a 46 anni non abbia smesso di provare una meraviglia per tutte le cose – e ciò nonostante una ricca carriera alle spalle, che l’ha portata sui palchi di tutto il mondo e a suonare e collaborare con straordinari musicisti. Pur con tutte le fragilità umane e artistiche, Cat Power (nome che ha adottato per caso) resta una donna che continua a voler parlare di se stessa attraverso la musica. E sarà che io ho un debole per il genere di donna un po’ matta un po’ fragile, ma parlare con lei è un po’ commovente.

Sto ascoltando il tuo nuovo album, Wanderer, e la tua voce è sempre quella di un tempo. Lasciami dire che sei sempre The Greatest, Chan.

Ohhhh, thank you.

Chan Marshall è sinceramente entusiasta, quando pronuncia le parole thank you le rimarca con grande fiducia nel prossimo. Non ci conosciamo, ma si apre in una dose sconfinata di tenerezza e sincerità. Diretta al cuore, senza compromessi. Forse è questo che mi piace tanto dell’indie rock: la purezza che oggi abbiamo un po’ perduto. Appena riesco a connettermi con lei al telefono e le dico che chiamo dall’Italia, inizia a snocciolare parole come “Ciao, come stai?”. Le chiedo se parla italiano e mi dice “poco poco”. Più tardi si esibisce in qualche stralcio di vocabolario italiano che avrà imparato qui sul posto durante qualche data, e butta fuori parole di dedica ai suoi fan: “Ciao bello ciao bella tutto bene mille grazie avventura”, per concludere con un improvviso e spagnoleggiante “para mi vida” che ci fa ridere. Le dico che la sua voce per me ha sempre avuto l’effetto di portare in un altro mondo quando la ascolto, e lei ne è ancora entusiasta: “That’s cool! Quello che dici è davvero bello. Penso che esista una relazione tra ognuno di noi, anche se io e te per esempio non ci siamo mai incontrate, penso che siamo tutti connessi. Grazie, davvero grazie”. La sua visione olistica del mondo è quello che forse un po’ ci manca – oggi come oggi. Sì, dovremmo davvero tornare a essere tutti più connessi con le nostre anime.

Il tuo disco mi piace sul serio, quella tua voce la ritrovo ancora.

Sai, avevo spedito il mio album all’etichetta con cui avevo lavorato precedentemente (Matador, ndr), e al tempo Woman non era ancora nell’album. Loro mi hanno detto subito che il disco non era buono. E così pensa che per un anno non ho avuto un album – nel senso avevo l’album ma non l’etichetta per pubblicarlo. E per tutto l’anno ho cominciato a provare la sensazione di non essere più una buona artista. E mentre mi perdevo in questo momento, Lana Del Rey mi ha contattato e mi ha ricordato cosa significa essere musicista, quanto sia importante quel panorama sai, quello spirito che ha animato la storia della musica. Mi ha ricordato il sentimento di solidarietà e un valore come l’amicizia, cose che sono fondanti per quello che è il vero spirito dell’indie rock, cose che dovrebbero riguardare anche quella mia vecchia etichetta – e invece così non è stato. Sai, parlo di quello spirito indipendente e indie del do-it-yourself, che in verità è una totale bugia: dietro tutto c’è solo business. Loro hanno un punto di vista accademico del business, non sono artisti, non ragionano con categorie artistiche. E quando Lana mi ha contattato mi ha ricordato tutto quello spirito indipendente che c’era tra me e i miei amici musicisti negli anni Novanta, e che adesso un po’ manca. Quasi nessuno di quegli amici va più in tour, magari una volta ogni tanto: qualcuno ha avuto dei figli, altri hanno preso nuove strade, altre carriere.. il panorama è davvero cambiato..

In Woman troviamo proprio il featuring di Lana Del Rey. Com’è nata la collaborazione?

Quando Lana mi ha contattato Woman era la prima canzone che avevo registrato per questo disco, ma alla fine non l’avevo messa dentro perché mi sembrava mancasse qualcosa. E quello che mancava era la proiezione di me stessa, del tipo oh questa è una sad song che riguarda l’essere donna. Quando Lana si è presentata condividendo questo spirito di cameratismo, ho detto sai cosa c’è? Se anche Lana canta su questo pezzo tutto diventa più forte, la prospettiva delle donne per esempio: non è più una canzone triste alla Cat Power, ma diventa un pezzo sulle donne in generale. Lana è una donna forte.

Solidarietà femminile quindi.

Le mie amiche donne hanno tutte questa forte energia femminile, e anche per questo ho scelto Lana per il pezzo. Perché può arrivare alla mente di una giovane ragazza, o di un giovane ragazzo, e in fondo a tutte quante le persone, attraverso un pezzo come Woman. Lana mi ha davvero ricordato quando sia essenziale questo spirito di cameratismo. Soprattutto in questo momento storico.

Come guardi a questo momento globale?

C’è sempre stato uno stesso grande problema: la disparità tra chi è al potere e il resto di miliardi di persone. Diciamo che il problema di fondo è sempre più o meno lo stesso, ma l’era in cui viviamo è differente: siamo in un’era tecnologica, all’interno di una plutocrazia. Però le lotte sono le stesse di sempre: un gruppo detiene il possesso del mondo, e pensa di avere in possesso anche noi – ma non è così.

Uno dei tuoi nuovi pezzi si chiama Nothing Really Matters, che poi è una classica canzone di Cat Power. Dimmi di più sul messaggio: davvero niente importa o qualcosa di importante invece c’è?

Sai, viene un po’ fuori dalla disperazione nel constatare che la società tratta le persone da una prospettiva esterna. Ogni persona ha un proprio gruppo, il proprio cerchio o il proprio culto, e finisce per agire in modo identico agli altri. Non ci si apre ad altre prospettive o idee, perché tutti sono concentrati e condizionati dal proprio modo di pensare. È come se le persone tenessero la mente chiusa, finiscono per comportarsi tutti come il proprio vicino. E non riesco a sopportarlo!

In Wonderer ci sono sia pezzi a chitarra che al pianoforte. Hai uno strumento preferito tra i due per comporre musica?

Non è importante sai, è lo stesso. Danno soltanto un tono diverso ai pezzi, ma gli ingredienti sono gli stessi. Almeno per quanto riguarda me.

In Get Something sento risuonare le atmosfere di Moon Pix. Sei ancora ispirata dai tuoi lavori precedenti?

Il fatto è che se faccio qualcosa che mi piace, qualcosa che amo, non la dimentico mai. Però non vado indietro a riascoltare la mia vecchia musica, e non sono ispirata dalle vecchie cose che ho fatto: mi piace andare avanti, provare.

A proposito di Moon Pix, è vero che lo hai composto in una sola notte a casa di Bill Callahan?

Sì, è vero (ride). Lui era sempre fuori in giro per tour, e io mi trovavo spesso da sola a casa. E in una sola notte ho scritto tutte le canzoni – sì, l’ho fatto sul serio. Se può riaccadere? Magari un giorno chissà, non lo so. Non so mai come sarà il futuro.

Avresti immaginato la tua carriera così quando hai iniziato?

No no no (ride). Sono solo davvero grata di essere viva, e di avere del cibo e un rifugio – sì, un rifugio, è questa la cosa più importante nella vita. Ricevere rispetto, dare rispetto, provare questo spirito di solidarietà, sono le cose più meravigliose che sono arrivate nella mia vita. Non ho mai seriamente pensato che avrei fatto quel che ho fatto, e sono davvero grata per tutto.

Ti ho visto dal vivo ai tempi di Jukebox, ti ricordi quel tour? Posso solo dirti che era fantastica sul palco.

Sai, ai tempi del tour di Jukebox è stata la prima volta che mi sono davvero divertita a cantare nella mia vita. Prima tutte le mie canzoni erano molto intime, ero una ragazza giovane e tendevo a internalizzare le mie emozioni, suonare la chitarra e il piano, e poi tutt’a un tratto mi sono ritrovata a esprimermi cantando! E così ho dovuto metter su una nuova band, che poi è stata la Jukebox band, e tutt’a un tratto suonavo insieme ad alcuni dei miei migliori amici sul palco, e cantavo questi pezzi di Aretha Franklin, James Brown, Otis Redding per grandi audience. E cantare mi divertiva sul serio in quel momento, penso fosse la prima volta che mi divertivo davvero così tanto da quando avevo iniziato. Non sentivo quella gioia, quella felicità, da quando ero una piccola ragazza. È stato davvero un bel momento della mia vita, grazie per averlo ricordato.

E dal tour Wanderer che ci aspettiamo? Fai anche pezzi vecchi?

Certo! Con la band, certo! Are you crazy? Oh yeah, assolutamente.

Chan Marshall è una rambling woman. Hai visitato un sacco di città, sei stata in un sacco di posti: ma se ti chiedessi i tuoi tre preferiti?

Oh my god, è impossibile! Non può esserci un posto preferito, perché ogni volta che mi metto in viaggio c’è un posto che cambia con il tempo. Per esempio sono tornata a Tucson in Arizona un anno fa e non ho riconosciuto per niente la città. Quindi non potrò mai avere un posto preferito. Ora ho deciso che il mio posto preferito sarà dovunque ci sia la natura. Ho sempre avuto una parte di me innamorata della natura, noi siamo materia organica in fondo. Tornando alla tua domanda se dovessi scegliere tre posti ti direi: NATURE NATURE NATURE

Eccitata per il tour europeo?

Non vedo l’ora, sono così emozionata. E poi l’Europa mi piace. Sai, gli europei mi hanno fatto capire cos’è il rispetto, il rispetto per gli artisti e tutto il resto. È un ambiente diverso dall’America. Ho imparato la dignità dell’artista a contatto con l’Europa.


Trovate Cat Power sui palchi italiani il 5 Novembre all’Estragon di Bologna e il 6 Novembre all’Alcatraz di Milano

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