Intervista a Vanna Vinci — la bambina filosofica sono io

Vi sarà capitato, on line o tra gli scaffali dedicati ai fumetti di una libreria, di imbattervi in una bambina insolente, che, come un’adulta navigata, sentenzia sulla gente e sulla vita. Un personaggio che si ama o si odia, senza mezze misure. È la Bambina filosofica, uno dei più celebri personaggi di Vanna Vinci, fumettista e illustratrice pubblicata da case editrici di tutto rispetto come Bao Publishing, Dargaud, Rizzoli Lizard, Hachette, Planeta, Kappa Edizioni, Kodansha. La Bambina filosofica ha una madre, prima destinataria dei suoi dilemmi esistenziali (il secondo è il dottor Miao, lo psicanalista) e un amico di pezza, Lillo, modello di nichilismo ed essere misterioso, dal momento che non proferisce parola. Non mancano intorno a lei insegnanti ed amichetti, vittime della sua lingua lunga. Da fan de la Bambina filosofica abbiamo contattato Vanna Vinci e abbiamo cercato di saperne di più su questo personaggio irriverente, a volte insopportabile ma che con il suo sguardo arriva in fondo alle cose.

Vanna, spieghiamo la Bambina filosofica a chi non la conosce. Chi è?

Prima di tutto la bambina filosofica è un personaggio umoristico a fumetti che si inserisce nel filone delle piccole pesti e dei bambini terribili. Ha le sembianze di una bambina delle elementari ma dentro di lei si annida in realtà una vecchiaccia brontolatrice tipo i vecchietti del Muppet Show. Ha un brutto carattere, è ribelle, caustica, nichilista e sulfurea. Il suo passatempo preferito è fare ricami col brontolio e angariare verbalmente chi le sta intorno. È poco avvezza alle convenzioni sociali pertanto io stessa avrei grandi difficoltà a invitarla a cena.

Cosa le piace?

Le piace moltissimo buttarsi a capofitto nelle cause perse, smontare i massimi sistemi e rimontarli senza istruzioni (magari al contrario), posare a piccola Amleta. Da grande vuole diventare una demolitrice verbale. E ancora, le piace da morire rompere le palle, malmenare verbalmente il prossimo, citare a proposito e a sproposito i grandi pensatori pessimisti occidentali, e le piace un casino la musica punk. Ma soprattutto le piace Lillo, il suo gorilla di peluche.

Cosa la fa innervosire?

Tutto!

Quando è nata la Bambina filosofica?

La bambina filosofica è nata alla fine degli anni novanta su un fazzolettino unto d’olio di patatine fritte a Bologna, in una birreria della prima periferia, quella con il bus inglese sul tetto. Poi è stata pubblicata su due riviste: Mondo Naif e Linus. Poi è passata ai libri e ai social (questo per lei che è totalmente asocial, ovviamente è davvero il colmo).

Cosa ha provato quando l’ha disegnata per la prima volta?

La prima volta che l’ho disegnata era immobile con occhi costernati e oppressa dal peso dell’esistenza. Ho capito subito che quel mostriciattolo aveva un carattere… ma non sapevo ancora quale sarebbe stato.

Le somiglia in qualche modo?

La bambina filosofica sono io. È una mia autobiografia.

Parliamo di lei, Vanna: quando ha iniziato a disegnare?

Ho iniziato a disegnare fin da piccola. Da bambina mi piazzavo sul tavolo di cucina e disegnavo, soprattutto animali. Amavo i pennarelli e li amo ancora. Poi ho continuato. Ho pubblicato i miei primi fumetti agli inizi degli anni novanta. L’Altra Parte è stata la mia prima storia importante. L’ho pubblicata su una rivista che si chiamava Nova Express a episodi e poi l’editore, Granata Press, ha pubblicato il libro.

Quali sono i suoi fumetti preferiti?

Leggo pochi fumetti. I classici di Topolino, Mafalda, i Peanuts, la Cattiva Lulù, Corto Maltese, Valentina mela verde, Valentina, Dino Battaglia, Grazia Nidasio, Claire Bretécher, molti altri che adesso non mi vengono in mente e poi mi scoccia fare i rosari… certo tutto è partito e tutto ritorna al grande Ronald Searle e alle sue vignette delle bambine assassine di St Trinain’s. Quello è sempre il mio punto d’arrivo.

Legge narrativa?

Leggo molti libri, sì, narrativa, in linea di massima scrittrici e scrittori morti e sepolti o vecchissimi, ma soprattutto un casino di saggi anche di scrittori e scrittrici vivi e vegeti.

C’è una cosa che ancora non è riuscita ad esprimere disegnando?

Tutto… ogni libro è un’esperienza a sé stante… e ogni volta è come ricominciare… mi sento sempre molto vergine.

Per lei, Vanna, l’ironia è…?

Riuscire a sparare una battuta e a ridere, anche di se stessi, quando si è proprio nella merda… oppure quando proprio si dovrebbe stare seri.

 

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