Fare i conti con il mondo come scheggia impazzita

Durante il festival XPoNentional di Camden, N.J., Father John Misty qualche giorno fa ha interrotto in anticipo il suo live e ha usato parole forti contro l’intrattenimento (“entertainment is stupid”). Sembra che la molla che ha fatto scattare la percezione dell’intrattenimento di Tillman sia stata la convention repubblicana di Donald Trump: “prendiamoci un momento per essere profondamente tristi“, ha detto prima di suonare una cover di Leonard Cohen, Bird on a Wire. Il testo della canzone di Cohen è significativo – ma del resto parliamo di uno dei più grandi parolieri del Novecento americano.

Like a bird on the wire
Like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free

La provocatoria domanda che ci suggerisce Tillman è: davvero stiamo assistendo allo spettacolo di un mondo così impazzito da far diventare ogni forma di intrattenimento stupida? Riusciamo a prenderci dieci minuti per essere profondamente tristi?

Negli ultimi tempi la storia sembra aver accelerato il suo corso, se guardiamo solo agli eventi più recenti abbiamo dovuto fare i conti con la Brexit, un attentato a Nizza, un fallito golpe in Turchia (con epurazioni a corollario), i morti di Monaco e Kabul, i bombardamenti in Siria. E mentre questo pezzo andava prendendo forma un attentato colpiva anche l’Iraq, e un kamikaze si faceva esplodere ad Ansbach in Germania: l’obiettivo era un festival di musica, una di quelle cose con cui ci troviamo spesso ad avere a che fare. [E chissà se mentre leggete non sarà successo altro]

Tutta questa velocità – accelerata dall’ansia della diretta di questo ventunesimo – potrebbe farci sentire ai margini della storia, spiazzati e lontani da quello che accade, confusi nel cogliere il significato profondo degli eventi, o semplicemente smarriti in una sorta di assuefazione. Il nostro umano mal di testa è profondamente colpito dalla velocità di quest’epoca confusa e disperata. E sono d’accordo con Tillman riguardo Donald Trump, il mal di testa potrebbe aumentare se dovesse diventare il King americano.

Un esempio di questa velocità e di veloce intrattenimento è quello che diventa twitter durante un evento dirompente. Non si fa nemmeno in tempo a capire di cosa stiamo parlando che i topic trend già conquistano la rete, e ognuno è pronto a premere il tasto “pubblica i miei 140 caratteri prima che sia tardi” all’impazzata. Basta guardare alcuni tweet sui fatti di Monaco dell’altra sera per capire di cosa parliamo. Neanche il tempo di comprendere la natura dell’attentato ma già circolavano tweet con astruse proposte e si urlava al complotto.

 

 

 

Possiamo classificare tutto questo come qualcosa di diverso da intrattenimento idiota?

L’account di nome Sondaggi Indagini non si lasciava sfuggire l’occasione per lanciare un sondaggio sgrammaticato: si era già sparsa la notizia che l’Isis probabilmente non c’entrava nulla (la mano lunga dell’Isis sarebbe arrivata solo il giorno dopo a Kabul), eppure l’ansia di intrattenerci a votare sul paese più sicuro da attentati superava ogni occasione di stare da parte, like a bird on a wire, e prenderci dieci minuti per essere profondamente tristi.

L’esempio dell’ansia da intrattenimento su Monaco potrebbe essere replicato per ognuno degli eventi che hanno scosso le scorse settimane. Ma in tutto questo ammasso di insondabile strazio questa accelerazione della storia sembra continuare a ricadere sopra quella parte di umanità innocente che vive dappertutto, si aggira per le vie di Damasco e sulla promenade di Nizza, cammina per i mercati di Istanbul e sulle spiagge di Beirut, si imbarca per trovare una destinazione e una casa, è vittima della sua stessa terra talvolta.

Di recente lo scrittore americano George Saunders ha provato a descrivere l’atmosfera che tira negli States ai raduni dei supporter di Donald Trump in un lungo articolo per il New Yorker. Chi sono questi supporter di Donald Trump, che cosa vogliono, che parte di America è quella che crede in lui, perché sono così arrabbiati, come mai non riescono a rilassarsi, cosa gli ha inaridito il cuore, perché vivono nell’ossessione di un mondo separato in bianco e nero da confini netti: alla radice di tutto questo c’è solo il talento da intrattenitore di Trump? Sarebbe come risolvere l’enigma se sia nato prima l’uovo e la gallina – ma è certo che sia comunque una gallina a covare le uova a sua immagine e somiglianza.

A contare le contraddizioni del mondo oggi si potrebbe scegliere davvero di finire diritti in un angolo remoto della terra a fischiettare vecchi pezzi di Leonard Cohen come disertori della storia. Del resto qualcuno diceva che il soldato ha sempre una scelta per evitare di combattere, può ammazzarsi o disertare per esempio. Ma c’è anche il dissenso, che spesso dimentichiamo nel taschino della giacca per comodità.

È sempre più chiaro che il mondo che abbiamo costruito non è ancora quello perfetto, non può ancora reggersi in piedi, ci sono ancora contraddizioni che lo mettono in crisi. Contraddizioni economiche, politiche, religiose, sociali. Storie di disuguaglianza. C’è la Siria che abbiamo dimenticato nel suo angolino insieme al suo esercito di liberazione (stretto nella morsa di Assad e Isis), e appena ci siamo accorti di quello che stava succedendo lì le ricadute erano già sotto gli occhi di tutti. Il grande spettacolo della storia che non si ferma sussurrava sempre più vicino al nostro collo, e ci diceva: “Hey, ci sono anche io qui, guardami negli occhi, fermati un attimo! C’è un’umanità là fuori che grida perché tu la veda!”. E così i britannici guardavano in faccia cosa succedeva fuori dai loro confini e decidevano di chiudersi nel loro mondo, gli ex colonialisti dei mari non volevano più saperne niente di quel mare aperto dove le rotte non erano più quelle delle navi dei conquistadores e della Corona che trasportavano schiavi, materie prime e caffè, ma rotte di fuga da guerre e strazi quotidiani. “Uomo libero, tu amerai sempre il mare!”, ma il mare è aperto, o l’uomo che lo ama non sarebbe libero. Quando abbiamo costruito la mappa dei mari del mondo gli abbiamo dato nomi arbitrari – Mediterraneo, Libico, Del Nord – che servono a orientarci. [– Dove ti trovi?, – Sul Mar Nero. (Tipica conversazione sana sui mari del mondo). – Alt!, – Che succede?, – Hai invaso le mie acque territoriali. (Esempio di conversazione meno sana sui mari del mondo).]

In questo annichilente panorama di impazzimento la percezione di un’accelerazione degli eventi potrebbe avere l’effetto di aumentare le nostre paranoie profonde, del resto ogni reazione estremista è una forma di paranoia umana (vedi il salvinismo, il lepenismo, il faragismo, la birra analcolica, il complottismo o l’ossessione con cui si riconosce in chiunque un cospirazionista da far fuori in stile Erdogan). È una forma di vizio e ossessione umana supporre che noi siamo il centro del mondo e gli altri semplici comprimari che non dovrebbero disturbarci, un vizio che si è chiamato in tanti modi come crociate o colonialismo, ma che comincia e trova espressione anche nella piccola quotidianità di tutti i giorni (a questo proposito – tornando a George Saunders – sarebbe bello leggere cosa disse lui durante un discorso di qualche anno fa).

Per qualche tempo dovremo ancora fare i conti con il mondo come scheggia impazzita (e scusate se – durante l’ansia da intrattenimento su twitter – dubito che sappiate davvero come sventare attentati, stringere accordi commerciali e schierare la formazione della nazionale giusta in campo contemporaneamente). La tentazione di cedere alla rabbia potrebbe esser forte, ma prendiamoci un momento per essere profondamente tristi e cantare Leonard Cohen. Prendiamoci un momento per essere confusi, strozzare ogni forma di rabbia interiore ed evitare di cedere a reazioni estremiste. È una delle poche cose sensate che possiamo fare per il momento. Parafrasando Cohen: il mondo è impazzito, but we have the music.

Exit mobile version