Jack White – Lazaretto

Si può ancora dire che un disco è “bello” senza scadere nel banale? Forse l’ultimo di Jack White, secondo lavoro da solista dopo Blunderbuss, è uno dei pochi per cui si può fare un’eccezione. Qualche dato: “Lazaretto” è uscito il 10 giugno per la casa discografica Thrid Man Records, il piccolo angolo di paradiso musicale di Nashville fondato da White nel 2001 e in cui Neil Yong ha scelto di incidere il suo ultimo lavoro “A Letter Home”. L’idea dell’album nasce dalla collaborazione con XL Recordings e la Columbia Records e prende vita durante il tour di “Blunderbluss”. La realizzazione ha richiesto la presenza in studio di altre due band, le Peacocks e i Buzzards, e ben diciotto mesi di lavoro, un tempo lunghissimo per uno che è riuscito ad entrare nel Guinnes World Record per aver inciso un 45 giri in meno di quattro ore.

Superati gli aspetti puramente tecnici, posso già dire che un disco così non si sentiva da un pezzo e che c’è dentro tanto dell’autore quanto dei tempi incerti e nostalgici che viviamo. A parte una cover, tutti i testi dell’album sono stati in parte ispirati da storie, poesie e canzoni scritte da White e lasciate in pasto alla polvere nel suo attico per quasi vent’anni. Dopo averle ritrovate e averne riso un po’, confessa a Rolling Stone di aver inizialmente pensato di buttarle. Per fortuna non l’ha fatto. Il confuso insieme di generi e l’accostamento di strumenti lontani tra loro non crea smarrimento, come invece si potrebbe pensare, ma anzi armonizza insieme i cambiamenti di ritmo e di registro, trasformando l’ascolto di ogni brano in un viaggio attraverso le inquietudini e la storia di White.

La title track del disco si è rivelata la testimonianza più diretta e fedele della crescita dell’ex White Stripes come artista. Il canto veloce, ritmato e martellante, i numerosi riff di chitarra e basso, potenti e adrenalinici, che ricordano i Beasty Boys e gli anni ‘70, sono il risultato delle ispirazioni musicali di tutta una vita e che hanno formato Jack White fin dagli inizi. Il testo è criptico e sferzante come il video, girato interamente in bianco e nero da Jonas & Francois e incentrato tutto sul cantante, attorno al quale si sviluppa con forza un immaginario enigmatico ed energico, fatto di serpenti, vetri immaginari che vanno in frantumi e spettacolari esplosioni. “High Ball Stepper” è uno di quei particolari old school che annoverano Lazaretto tra i dischi insolitamente affascinanti, considerati i tempi: uno strumentale di quasi quattro minuti i cui urli iniziali mi hanno ricordato Sympathy For The Devil degli Stones, e in cui la Gretsch di White diventa un motivo ricorrente che rompe gli schemi, interrotto soltanto da alcuni visionari intermezzi di piano. Ugualmente aggressiva “That Black Bat Licorice”, in cui ritroviamo l’immancabile elemento hip hop, oppure le sentimentali “I Think I Found The Culprit” e la stupenda “Would you fight for my love?”, tagliente sfogo contro un amore concluso che esplode rabbiosamente in una sola domanda retorica.  Più riflessive e dolci “Alone in my Home” e “Want and Able”, che ricordano nostalgicamente gli amori passati e il tempo trascorso. “Entitlement” è una ballata per chi si sente diverso, un invito a non nascondere la fantasia, ad oltrepassare la linea della normalità imposta. Infine White omaggia i Velvet Underground nell’honky tonk “Just One Drink”, mentre In “Temporary Ground” la chitarra steel si fonde col suono del violino di Lillie Mae Rische, e le due voci duettano in perfetto stile folk country. L’unica cover del disco è “Three Women”, remake di un vecchio classico americano del 1928 del cantante e chitarrista blues Blind Willie McTell, che White ha stravolto in chiave funk-soul modificando il testo in relazione all’epoca e personalizzandolo fino a renderlo irriconoscibile.

Tutti gli 11 brani del disco spaziano tra una varietà di generi diversi e intense sensazioni: dalle sonorità del passato all’hip hop, dal country, al funk, al suono sporco del blues, fino alla classicità dei violini e al romanticismo delle chitarre acustiche. Le aspettative per questo album, dopo il successo del predecessore, erano incredibilmente alte e Jack White le ha superate alla grande. La cura per i dettagli e l’amore per la musica “alla vecchia maniera” restano il suo marchio di fabbrica. I collezionisti faranno meglio a non farsi scappare “Lazaretto Ultra LP Edition”, vinile in edizione speciale completo di bonus track nascoste, due introduzioni –acustica e elettrica- per “Just One Drink”, un design spettacolare e innovativo e la possibilità di ascoltarlo addirittura al contrario, realizzando così una delle leggendarie fantasie della musica rock. Diavolerie a parte, Lazaretto è un disco da non perdere, un capolavoro che va molto oltre gli ultimi successi e le hit da stadio che lo hanno reso famoso al fianco di Meg. Cos’altro dire? Ascoltatelo subito! O, come scrive la Third Man Records sul sito ufficiale, “that’s it. Don’t sleep. Get in now or regret it later”.

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