John Grisham: non solo romanzi

Photo by Carol Harrison / CC BY 4.0

Lo scorso Marzo alla Fiera Tempo di Libri di Milano si è svolto un dialogo intervista tra John Grisham e Gianrico Carofiglio. L’evento è stata l’occasione per conoscere più da vicino l’autore statunitense, per scoprire qualche segreto in più della sua arte di scrittura e ovviamente per promuovere la sua ultima fatica: La grande truffa. Un legal thriller, ça va sans dire, che mette in scena le avventure di tre giovani aspiranti avvocati di Washington che dovranno trovare una via d’uscita prima di finire sommersi dai debiti.

 

E questo per parlare di un presente in cui John Grisham è un autore conosciuto in tutto il mondo. Il passato, quello lontano, quando Grisham faceva l’avvocato e scriveva in segreto al mattino prima di recarsi in ufficio con una determinazione che, comunque, non lasciava troppe aspettative sul futuro editoriale della sua prima opera. Una fatica durata tre anni e che in quegli anni ormai lontani – siamo nel 1988 – trovò il suo compimento con le lettere di rifiuto da parte di oltre 50 editori. Ci pensò la Wynwood Press a mettere in stampa la sua prima opera con una tiratura, viene quasi da ridere a pensarci, di ben cinquemila copie.

 

Ma va dato atto a Grisham – e forse è proprio uno dei segreti del vero scrittore – di non essersi perso d’animo. Anzi appena concluso Il momento di uccidere si mise subito al lavoro con una nuova idea. Un giovane avvocato viene assunto come tirocinante da uno studio legale di Memphis. Stipendio ottimo e un sogno che si realizza. Le cose vanno meno bene nel momento in cui il protagonista inizia a scoprire i segreti, ben oltre i limiti della legalità del suo studio. A questo punto dovrà decidere tra il male minore oppure mettere in scena la più grande beffa che si sia mai vista. Vi dice qualcosa? Quel romanzo era Il socio, pubblicato nel 1991 e trasformato in un adattamento cinematografico di successo da Sydney Pollack, con Tom Cruise, Jeanne Tripplehorn e Gene Hackman come attori protagonisti. Dimostrazione tipica di come effettivamente la regola per cui il secondo romanzo è quello che conta è stata ancora una volta confermata.

 

 

E infatti da questo momento in poi la parabola è di quelle ascendenti, un successo dopo l’altro come se John Grisham possedesse il dono, invidiato dai più, di scrivere a ritmo continuo inanellando un bestseller dietro l’altro. E non è che negli anni Novanta gli autori di thriller mancassero, non come oggi certo, ma la competizione era piuttosto agguerrita e John Grisham era in buona compagnia. American Psycho di Breat Ellison è del 1991, Sotto terra di Jeffrey Deaver (quello de Il collezionista di ossa) uscì l’anno successivo e per fare un passo indietro nel tempo Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris era stato pubblicato nel 1988 con la trasposizione cinematografica uscita nel 1991. I thriller, specie i film, piacevano parecchio e questo lo dobbiamo proprio ad autori come John Grisham che seguendo questo filone ha determinato la sua fortuna; un po’ come i cercatori d’oro dell’epoca del Klondike.

E se chiedessimo a uno di quegli esploratori quale sia il segreto di tanta fortuna vi risponderebbero molto probabilmente come ha fatto John Grisham alla domanda rivoltagli da Carofiglio.

Per la sessione settimanale il giullare di corte indossava come sempre il vecchio pigiama un tempo color vinaccia e un paio di pantofole di spugna color lavanda, senza calze. Non era il solo detenuto a svolgere in pigiama le sue occupazioni quotidiane, ma nessun altro aveva il coraggio di infilare pantofole di quella tinta. Si chiamava T. Karl e in passato era stato banchiere a Boston. Pigiama e pantofole sconcertavano assai meno della parrucca. Con la riga al centro, ricadeva in una cascata di boccoli, coprendogli le orecchie e pesandogli sulle spalle. Era grigio chiara, quasi bianca, nello stile di quelle dei magistrati inglesi di secoli addietro. Un amico gliel’aveva trovata in un negozio di costumi teatrali di seconda mano al Village di Manhattan.

(J. Grisham, I confratelli, Mondadori, 2001)

Ricette facili non esistono. Neppure segreti da rivelare che se poi davvero ci fossero non so quanto sarebbero disposti a condividerli con il pubblico, per non parlare di altri scrittori. Ma come ha rivelato Grisham durante l’intervista non è che lui faccia chissà cosa, “semplicemente” – il virgolettato in questo caso è obbligatorio – mette in scena un conflitto con un eroe e un antieroe con cui fare i conti. Semplice no? Ma di fatto è proprio questo il cuore di ogni storia e il valore del narratore di razza sta nella sua capacità di coinvolgerci a tal punto nelle avventure di questo eroe che dopo la prima pagina siamo già belli che presi dalla storia senza possibilità di uscirne se non dopo averla terminata. Situazione tipica del lettore che dopo le prime dieci pagine passa le successive ore insonni pur di terminare il libro.

 

E questa ricetta vale sia per i romanzi che per i racconti brevi in cui Grisham si è cimentato, ahimè,  solo una volta ma con la stessa abilità di immedesimare il lettore nelle avventure dei protagonisti. Ecco allora che Ritorno a Ford County (la sua antologia di racconti) è una perla di rara bellezza, di umorismo tagliente, di cinismo eroico e vendette così ben congegnate da diventare meccanismi perfetti. Troviamo le avventure di Sidney Lewis che alle prese con una situazione familiare disastrosa, relazioni sentimentali allo sbando si ritrova per caso in un casinò. E qui al tavolo del blackjack o meglio dell’Atlantic City blackjack che poi è una delle varianti più popolari in Nord America, succede l’impossibile. Sidney vince e questa vittoria darà l’avvio a tutta una serie di eventi capaci di sconvolgere un’intera cittadina e la vita di tutti i suoi protagonisti.

 

In un altro racconto (Tranquillità) gli ultimi giorni di vita di un uomo diventano un momento di riflessione struggente e poetico sul senso della nostra esistenza, che per quanto piccola e insignificante è racchiusa tutta nelle relazioni che riusciamo a instaurare con gli altri esseri umani. Nel racconto che dà avvio all’antologia (Fratelli di sangue) tre ragazzi si trovano alle prese con una missione di salvataggio che li porterà dalla campagna, la Ford County che dà il titolo alla raccolta e dove Grisham ha ambientato più di un romanzo, fino alla seducente e maliziosa Atlantic City, una sorta di Las Vegas della east coast americana. Qui i ragazzi dimenticheranno la loro missione per vivere avventure che avevano sempre e solo sognato.

 

Questi racconti ci danno uno spaccato inedito della capacità dello scrittore statunitense di generare storie brevi con la stessa abilità con cui ha costruito i suoi romanzi più celebri. E badate che non è cosa da poco visto che un romanzo è una maratona, mentre il racconto si corre sui cento, duecento, massimo mille metri. Essere uno sprinter è parecchio diverso dal correre il fondo, cambia la respirazione e l’allenamento. Provate voi a far correre una maratona a Usain Bolt.

 

Lo stesso vale in ambito letterario dove i maratoneti che si sono cimentati sui cento metri si contano sulle punte delle dita. Quelli che hanno successo intendo. È il caso ad esempio di Stephen King con la sua raccolta più celebre (non di genere horror) Stagioni Diverse, di cui tre racconti su quattro sono diventati film di successo. Non è così scontato che un romanziere riesca nella breve distanza a trasmettere quel coinvolgimento emotivo nei lettori che sta alla base di ogni buona storia.

 

John Grisham in Ritorno a Ford County ci è riuscito alla grande e vale la pena recuperare dai cataloghi delle librerie questa antologia di racconti per immergerci nel profondo sud degli Stati Uniti dove nuovi personaggi con tutta la loro carica di umanità sono pronti a raccontarci le loro storie. Basta lasciarsi guidare dalla voce di Grisham per scoprire una mappa inedita del suo territorio narrativo.

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