Joseph Kosuth: l’arte concettuale e la riflessione sul presente

Fino all’8 Febbraio la mostra Existential Time alla Galleria Lia Rumma di Milano ci propone un immersione nel lavoro dell’artista Joseph Kosuth. Siamo andati a fare un giro alla mostra, e qui sotto raccontiamo perché vale la pena visitarla. In foto alcuni dei lavori più famosi dell’artista statunitense.

Joseph Kosuth ha scritto un nuovo capitolo della sua ricerca sul tempo. Avanguardista dell’arte concettuale e amante della filosofia, Kosuth ha da sempre indagato la dinamica dello scorrere degli attimi propria dell’esistenza umana, così come il significato personale che essa assume per ciascuno di noi. Un’indagine che continua a essere ispirata dal pensiero del rivoluzionario drammaturgo Samuel Beckett, sia nell’interrogarsi sul senso di ciò che stiamo vivendo, sia nel riconoscere che il tempo non è determinabile universalmente. Riserva infatti ad ogni individuo il diritto di godere della libertà di esperienza senza una verità oggettiva, nella vita di tutti i giorni come all’interno della mostra.

Così entriamo in una stanza di frasi al neon e orologi a parete tutta da interpretare. Frasi potenti ed enigmatiche, che vogliono dire tutto e niente, citazioni geniali di autori altrettanto geniali. E orologi che ne sono la rappresentazione fisica e concreta: tempo figurato e tempo letterale.

“Noi ci conosciamo. Questo è il presente. Non c’è passato, non c’è futuro. Qui mi sto lavando le mani, e lo specchio rotto mi mostra me stessa, sospesa nell’attimo; questa sono io, questo momento non passerà” (Daphne du Maurier)

“Ogni momento è il paradosso di ora o mai più” (Simon Van Booy)

 

Existential Tima alla Galleria Lia Rumma

Il presente è al centro, l’attimo che stiamo vivendo è ciò che conta, il resto è relativo. Relativo alla Kosuth, relativo alla Beckett, ma anche relativo alla Bergson, che parlava di durata invece che di tempo. Perché a fine Ottocento già aveva distinto la rigidità scientifica dalla realtà, riconoscendo che la vita vera non è affatto misurabile quantitativamente, ma è un susseguirsi di elementi tenuti insieme dalla memoria e filtrati dalle emozioni del singolo. Qualità, non quantità. Libertà individuale, non leggi assolute. Ma soprattutto oggi, non domani o ieri.

Questo presente infinito, da esplorare fino in fondo, non è quindi concepito come un percorso lineare di momenti, ma come un cerchio dove ognuno di essi è da vivere come se fosse eterno. Nietzsche l’ha chiamato Eterno Ritorno, una concezione della vita senza inizi e senza fini, dove svanisce la teoria limitata dei nuovi attimi che distruggono quelli appena vissuti. Tutto ritornerà ad ora. E non a caso, al primo piano, troviamo l’immagine di un serpente che si morde la coda e un  terrazzo riempito di frasi di Nietzsche, volutamente visibile solo attraverso un’apertura sulla vetrata.

Joseph Kosuth, One and Three Chairs

Le citazioni non finiscono, e salendo di un altro piano si traducono in oggetti invece che in parole. L’installazione Quoted Use ricrea un salotto fatto di elementi idealmente appartenuti a personaggi della storia, proprio per citarli attraverso componenti concrete della loro quotidianità. La poltrona di Virginia Woolf, la scrivania di Kierkegaard. Ritorna qui l’indagine di Kosuth sul rapporto tra il linguaggio e l’arte, e tra il linguaggio e il mondo intero. L’accento è da lui posto proprio sul rapporto, sulla relazione, che non si limita a connettere due elementi distinti, come un oggetto e la sua definizione, ma che li unisce per creare un nuovo livello di senso. Si tratta di un’interpretazione espressa dall’artista già negli anni ’60 con una delle sue opere più emblematiche, One and Three Chairs: una sedia, la fotografia di una sedia e la definizione di sedia secondo il dizionario. Un oggetto rappresentato in tre maniere diverse anche se intimamente connesse, che grazie alla produzione artistica assume un nuovo significato. Allo stesso modo il salotto della mostra invita a non fermarsi sui singoli oggetti, sull’arte figurativa, ma ad accogliere il nuovo senso che si viene a creare tramite la loro rappresentazione di oggetti posseduti da qualcuno.

E se non fermarsi in superficie è sempre la scelta migliore da fare, accogliamo l’invito. Il mondo puramente figurativo è uguale per tutti, appiattito in un unico significato, ma l’arma di cui disponiamo è la libertà di andare oltre e di dare vita a un’esperienza soggettiva, per abitare il tempo attivamente e non passivamente. Ma soprattutto la libertà di avere consapevolezza, oggi più che mai, del presente. Forse il momento che stiamo vivendo è realmente importante, in mezzo agli automatismi, alle distrazioni, alla pigrizia e al disinteresse. Forse anche se qui e ora non sembra succedere niente di che, possiamo riconoscere di essere liberamente noi, qui e ora.

a cura di Martina Bonetti

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