Ken Loach e il peso della coerenza

Il 23 novembre avrà inizio l’edizione numero 30 del Torino Film Festival, diretto per la quarta volta da Gianni Amelio. Ospiti omaggiati e premiati con il prestigioso Gran Premio Torino saranno i registi Ettore Scola e Ken Loach; anzi no….ci sarà solo il regista italiano. Perché Ken Loach con un comunicato ha fatto sapere che diserterà la rassegna torinese, e rifiuterà il riconoscimento assegnatogli dalla direzione: motivo, la situazione dei lavoratori del Museo del Cinema di Torino. Infatti per i servizi di pulizia e sicurezza del Museo i lavori sono stati affidati ad una cooperativa esterna che grazie a salari decisamente più bassi ai propri lavoratori permette un risparmio notevole; ovviamente tutto ciò comporta tagli del personale oltre a riduzione drastica delle paghe di quei pochi che vengono lasciati al proprio posto di lavoro.

I dipendenti del Museo del Cinema in questi giorni, proprio in vista dell’inizio del Torino Film Festival, hanno chiesto solidarietà a chi nella propria carriera di cineasta ha dimostrato di non essere indifferente alle problematiche sociali; si può dire che Ken Loach sia uno dei pochi registi capaci da trent’anni a questa parte di parlare del mondo dei lavoratori nelle proprie opere con abilità narrativa unita a sguardo realistico e particolarmente dettagliato soprattutto per quanto concerne lo sfruttamento, le lotte e i diritti di ogni singolo lavoratore.  Da Riff Raff a Piovono Pietre, da My Name is Joe a Paul, Mick e gli altri , da Ladybird Ladybird a In Questo Mondo Libero , Ken Loach ha mostrato egregiamente a livello cinematografico e tristemente a livello umano la condizione del lavoro nella società contemporanea; ma c’è un film che il regista britannico ha voluto citare nel comunicato diramato per giustificare il rifiuto a presenziare il Festival di Torino, ed è Bread and Roses, film del 2000 ambientato in Usa che si occupa della precaria situazione lavorativa dei dipendenti di un’impresa di pulizie, per lo più immigrati sudamericani la maggior parte clandestini, che vengono sfruttati per un salario misero sempre sotto minaccia di licenziamento ad ogni rimostranza o richiesta di rispetto dei propri diritti.

Nelle ore successive la presa di posizione di Ken Loach si è letto e sentito più di un commento critico nei suoi riguardi, con parole di sufficienza e condanna verso quello che è stato definito il suo boicottaggio al Torino Film Festival; personalmente di primo impatto mi sono chiesto se, come in altre occasioni, non sarebbe stato più utile un suo intervento sul tema dei lavoratori del Museo del Cinema una volta ricevuto il premio, dal palco del Festival con telecamere e stampa a riprendere le sue parole. Poi leggendo il comunicato scritto di suo pugno e passando in rassegna nella mia memoria di cinefilo la sua filmografia mi sono trovato non solo d’accordo con la sua presa di posizione ma addirittura contento e sollevato dell’esistenza di personaggi di tale coerenza e fermezza nella società contemporanea, in particolare nel mondo dell’arte e dello spettacolo, e in maniera specifica nel Cinema in cui tra autori e attori si è spesso al cospetto di argomenti scomodi e controversi socialmente nei film che girano, ma la maggior parte delle volte l’interesse che dimostrano per tali problematiche muore con il giro promozionale per l’uscita in sala.

Ken Loach ha scritto “Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni”; mi spiace per l’organizzazione del Torino Film Festival, ma ammiro la coerenza di Loach e la sua solidarietà nei confronti di quei lavoratori per cui forse cambierà ben poco, purtroppo, dopo la sua presa di posizione, ma almeno la loro situazione avrà risalto a livello nazionale e internazionale e potranno trovare ulteriore coraggio per proseguire la lotta; e una volta tanto, seppure per un unico individuo, la regola de “lo spettacolo deve continuare sempre e comunque” verrà violata per coerenza.

 Di seguito il comunicato completo di Ken Loach:

 

COMUNICATO STAMPA DI KEN LOACH SUL PREMIO DEL TORINO FILM FESTIVAL

 È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.

I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.

Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile.

A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari.

 In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili.

 Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses». Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni.

Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio.

 Ken Loach

 21 novembre 2012

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