Kings of Leon – Mechanical Bull

Alzi la mano chi non ha perso la testa per i Kings of Leon dalle prime note di Closer, traccia iniziale di Only by the Night, capolavoro assoluto della formazione del Tennesee, per poi innamorarsene completamente tra Sex on Fire e Use Somebody? Era il 2008 e in Italia sonorità come queste erano una novità anche per le orecchie più fini ed esperte, i tre fratelli Followill insieme al cugino Matthew avevano sempre vissuto in uno di quegli scenari tipici del Sud degli States e dipinti dalla cinematografia: con un padre predicatore della United Pentecostal Church International avevano perlopiù suonato canti religiosi e viaggiato tra la polvere e i contrasti della più grande potenza mondiale.

Il rock’n’roll, quella passione esplosa all’improvviso, i contratti firmati con Sony, RCA, Columbia Records sono la cronostoria di un percorso che ha portato non solo al successo, ma anche ad un improvviso declino dovuto forse proprio a quel boom mediatico che li ha spinti ai vertici delle classifiche mondiali. Il ritorno dei Kings of Leon vuole spazzare via ogni incertezza sul loro futuro: arrivati senza non pochi ostacoli al sesto album, si può parlare sia di un ritorno alle origini sia di un disco maturo, capace di accontentare nuovi e vecchi fan.

Le chitarre tornano ad essere le grandi protagoniste di un lavoro concepito intorno alla voce ruvida e sensuale di Caleb Followill, poeta del southern rock. Tra i tredici brani che vanno a formare Mechanical Bull non esistono pagine bianche, ogni silenzio è riempito da quell’incalzante ritmo blues degli esordi. Da Supersoaker a Rock City si corre lungo la via che porta da Nashville a Memphis, per poi planare al confine tra Arkansas e Mississipi. Si passa dalle raffiche di vento gelide di Don’t Matter alla promessa di fede di Beautiful War che viene perpetuata in Wait For MeMechanical Bull si compone essenzialmente di un forte misticismo legato alla terra e alle tradizioni degli antenati, parte proprio da lì per dare vita ad un quadro vivido fatto di paesaggi e di storie comuni di uomini e donne forti come roccia e che trova il suo apice in Tonight e in Last Mile Home.

Questo invisibile filo conduttore che collega tutte le tracce trova le sue risposte in Family Tree, canzone dal groove intenso, che mescola blues e cori gospel. Sembrerebbe che i KoL siano riusciti finalmente a tirare fuori di nuovo la parte migliore del loro carattere, quello tenace e vivo che li ha fatti arrivare ad essere paragonati a U2 e Pearl Jam, non li ammazza più neanche un tour finito male. Famous Last Words

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