L’Ucraina protesta, divisa tra Europa e Russia

Foto di Roman Pilipey @demotix/corbis

Il 24 Novembre scorso migliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Kiev, capitale dell’Ucraina, per muovere una protesta che in così larga scala non si vedeva dal 2004, ai tempi di quella che fu definita la rivoluzione arancione. A quell’epoca tutto partì dalle contestazioni in seguito alle elezioni nazionali: lo sconfitto Juščenko denunciò apertamente brogli nelle votazioni e chiamò in piazza i sostenitori per animare una grande protesta, simbolicamente dipinta di arancione. A vincere in quell’occasione fu Janukovyč, il candidato dell’autorità, aiutato dalla propaganda russa e dal supporto di Vladimir Putin. C’è una sottile linea, dunque, che lega la protesta del 2004 a quella del 2013: ovvero il grande conflitto interiore ucraino tra l’anima russa tradizionale, e quella europea. Il motivo della neonata battaglia di protesta è infatti quello del mancato accordo di governo sul libero scambio con l’Europa. C’è chi parla delle manifestazioni ucraine come di un conflitto tra interessi diversi di chi sarebbe danneggiato e chi favorito da eventuali accordi economici col resto d’Europa. Altri descrivono semplicemente una battaglia identitaria. Gli scontri e le occupazioni dal 24 Novembre scorso sono diventate all’ordine del giorno dell’inverno ucraino.

Il municipio di Kiev occupato dai manifestanti. Vasily Fedosenko @reuters/contrasto

Intanto in segno di solidarietà con le proteste la leader dell’opposizione (ed ex primo ministro) Julija Tymošenko ha iniziato uno sciopero della fame in carcere, e continua a rivolgere appelli al governo. Anche lei fu alla testa di quella rivoluzione arancione che portò all’annullamento delle elezioni del 2004: Viktor Juščenko riuscì così a vincere, e la Tymošenko divenne una figura centrale di quel governo. Questi due personaggi rappresentano quell’anima filo-europea che in un certo senso sta cavalcando l’onda della protesta. Tuttavia nel 2011 la Tymošenko viene arrestata con l’accusa di abuso di potere, e da allora resta in carcere (nonostante le pressioni dell’Ue per il suo rilascio).

Una delle richieste dei manifestanti è quella delle dimissioni del presidente Viktor Janukovyč, con la revisione degli accordi con l’Unione Europea.

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