La vegetariana di Han Kang e l’illusione di controllare il corso della vita

Quando Han Kang, scrittrice coreana, classe 1970, si mette a scrivere La vegetariana ha in mente la suggestione di un precedente racconto: una donna che trasformatasi in pianta, viene curata dal marito, seguendo il ciclo delle stagioni. La potenza di questa trasfigurazione, il senso di liberazione e di annullamento le lasciano la voglia di cimentarsi con una storia ancora più implicante, capace di magnetizzare il lettore.

La vegetariana – pubblicato in Italia da Adelphi, traduzione di Milena Zemira Ciccimarra- è uno dei primi lavori della Kang ad essere tradotto in inglese e le fa aggiudicare il Man Booker International Prize. Yeong-hye, la protagonista, una donna esile, quasi diafana e silenziosa, fa un sogno e smette di colpo di mangiare carne. Si chiude in un mutismo impenetrabile, smaniosa di ripulire il frigorifero da alimenti di origine animale.

La conosciamo attraverso gli occhi di tre narratori: il marito, il cognato e la sorella. Tramite le loro tre voci, una per ogni parte del romanzo, apprendiamo della tendenza di Yeong-hye a nascondersi, della sua solitudine nonostante il matrimonio, delle incomprensioni con la famiglia, del misto di desiderio e indulgenza che ispira in chi la conosce. La sua decisione di non toccare più carne è dovuta ad un sogno tormentoso. Alleggerirsi, perdere consistenza fino a risultare irriconoscibile sono le tappe di un processo di purificazione e di evoluzione da un sé precedente.

Il primo ad assistervi è il marito, insoddisfatto, impietrito davanti alla deriva emotiva della moglie. Di Yeong-hye proverà a prendersi cura il cognato, un video maker in rotta con la famiglia e abbagliato dalle frenesie della donna che per rivendicare la sua determinazione a non mangiare carne, si taglia le vene, una sera, in un ristorante, famiglia al completo. L’ultimo sguardo sull’universo compromesso di Yeong-hye è quello della sorella che, tradita nell’orgoglio e negli affetti, considera la donna folle e irrecuperabile.

Tutti i personaggi provano a sfiorarsi senza riuscirci sul serio. La vegetariana è la storia di un dolore ancestrale, sopito, che riaffiora con potenza nella notte, in una visione onirica. Avere controllo sul cibo fa illudere di averne sullo scorrere della vita. Yeong-hye commette il madornale errore di regolare la sfera emotiva con l’appetito e la relazione con gli alimenti. Nel sogno che la cambia di colpo si materializzano l’ansia, la morte, il sangue, immagini che la allontanano da lei stessa. Se Yeong-hye potesse scegliere, muterebbe in aria. Sparirebbe. A noi resta qualche domanda sospesa, segno che le storie pregevoli ed urgenti esistono e ci coinvolgono. Da leggere.

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