Storia di una guerra civile: “Le sette lune di Maali Almeida”, Shehan Kanunatilaka

Il 23 luglio del 1983, le Tigri Tamil, dette anche LTTE (Liberation Tigers of Tamil Eelam), un’organizzazione paramilitare terroristica nel nord dello Sri Lanka, compiono l’ennesimo attentato verso le forze del governo centrale, uccidendo in un’imboscata trenta soldati. È considerato questo l’inizio della guerra civile nell’isola che portò alla morte di decine di migliaia di Tamil, il gruppo etnico nativo del nord dello Sri Lanka e nel sudest dell’India, già protagonista di una lunga storia di oppressione da parte del governo centrale. La guerra civile è durata, ufficialmente, fino al 2001 con la firma di un primo trattato di pace, per poi protrarsi fino al 2009 con la dichiarazione ufficiale di vittoria del governo srilankese. In quasi 26 anni di conflitto si stima che siano morte all’incirca 100.000 persone, tra cingalesi e Tamil. Un massacro.

In questo preciso contesto storico, si sviluppa la vicenda personale di Malinda Albert Kabalana, detto Maali Almeida, un fotografo di guerra che in un giorno del 1990 si sveglia, confuso, in un ambiente che non riconosce, con quelli che crede essere postumi di una sbornia violenta. Ciò che scopre, nel giro di poche frasi, è che in realtà è morto e si trova in coda allo sportello informazioni dell’aldilà. Il suo scopo è quello di investigare e risalire ai colpevoli del suo omicidio e per farlo ha sette lune a partire dalla sua morte; solo così potrà unirsi alla Luce e dimenticare ciò che è stato. “Le sette lune di Maali Almeida” è il secondo romanzo dello scrittore Shehan Karunatilaka, nonché libro vincitore del Booker Prize 2022, ora edito anche in Italia con Fazi Editore nella traduzione di Silvia Castoldi. Un’opera “multipotenziale”, il punto d’incontro tra romanzo di genere (giallo e fantastico), romanzo storico e satira politica, che si incarica di rendere note vicende storiche pressoché ignorate dalla letteratura occidentale e da chi legge, mettendo insieme un ritratto feroce della guerra civile. Karunatilaka narra la storia con la sua penna pop e un protagonista problematico, un uomo che nella vita ha fatto scelte discutibili, ma che nella morte ripara e raggiunge finalmente uno scopo. Il percorso, però, verso una riappacificazione con le proprie scelte e scopi è tremendamente accidentato e truce, nonché legato al lavoro di fotografo di Maali. Esiste una scatola di foto e negativi sotto il suo letto a cui sono tutti interessati: politici, membri rilevanti del governo, poliziotti corrotti, sedicenti attivisti di misteriose organizzazioni governative estere e le due persone più vicine al protagonista, DD, l’uomo che ha amato, e Jaki, cugina di DD, fidanzata di copertura e altro amore di Maali, anche se solo platonico.

Il romanzo, pubblicato in una prima stesura nel subcontinente indiano con Penguin India, è stato rilavorato dall’autore stesso per proporlo al pubblico occidentale, notoriamente distratto e completamente a digiuno della storia srilankese. Il risultato è stato la pubblicazione con Sort of Book, editore britannico, e, a sorpresa, il Booker Prize, il premio più prestigioso della letteratura britannica contemporanea. Ma le motivazioni per la vittoria sono state chiare, anzi chiarissime: «the ambition of its scope, and the hilarious audacity of its narrative techniques» si legge nel comunicato ufficiale, l’ambizione del suo scopo e la comica audacia delle sue tecniche narrative. A questo proposito, infatti, c’è da dire che l’intero sviluppo del romanzo è seguito in seconda persona, scelta poco comune nella narrativa contemporanea, ma assolutamente efficace e vincente in questo caso. Solo il “tu” che Karunatilaka sceglie per parlare del suo Maali poteva rendere le sfumature di analisi introspettiva, flashback e racconto del contesto storico in cui il protagonista si muove.

Foto di Alessia Ragno

Siamo nel pieno della guerra civile in Sri Lanka, si diceva, in un momento in cui non sono nemmeno così chiare le fazioni in lotta. Ci sono le Tigri Tamil contro il governo ufficiale a maggioranza cingalese, ma infiltrati in questa battaglia ci sono militari indiani, i governi canadese e norvegese, partiti marxisti, l’Onu e, incredibilmente, anche forze sovrannaturali, tra demoni, ghoul, fantasmi e altre strane creature, agitate per lo più da vittime politiche che vogliono vendicarsi delle malefatte subite. Questo perché l’aldilà immaginato da Karunatilaka ha sì un luogo fisico, organizzato come un ufficio governativo con diversi livelli e una Luce finale a cui ambire, ma che si riversa anche nella realtà dello Sri Lanka del 1990. Ogni essere umano, infatti, ha intorno a sé entità che suggeriscono pensieri, proteggono oppure provano a interferire con il corso degli eventi. Nel romanzo parlano tra di loro fantasmi di morti suicidi, vittime della guerra, demoni feroci, strani medium poco affidabili, persino gli animali, e tutti, in questo disorganizzato consesso di stranezze, provano a suggerire ai vivi cosa fare. Maali, soprattutto, si intestardirà nel guidare le indagini sul suo conto e consegnare agli amati DD e Jaki i negativi delle foto da lui scattate nel 1983, prove del coinvolgimento di importanti nomi del governo nei massacri Tamil.

L’ispirazione letteraria di Karunatilaka è chiara e si chiama Kurt Vonnegut, uno dei pochi che ha saputo narrare il mostruoso della guerra ricorrendo al fantastico, all’assurdo e all’umorismo, ma l’autore ha dichiarato amore anche per la prosa di Salman Rushdie, per la struttura letteraria dei gialli di Agatha Christie, la maestra del genere, Stephen King e Neil Gaiman. E queste influenze si intuiscono senza che diventino uno scimmiottare dello stile altrui, complice anche la peculiarità dell’ambientazione: non sono così tanti i romanzi in lingua inglese ambientati in Sri Lanka. Lo stile si mantiene regolare nella sua efficacia: tante descrizioni, ancora più dialoghi e quasi assenti i particolari guizzi poetici a cui siano abituati e che sembrano necessari per legittimare la narrativa. Non questo caso non c’è bisogno di metafore altisonanti o parole oscure, è più urgente raccontare un pezzo di storia dello Sri Lanka e introdurre un mondo di anime e demoni.

Maali Almeida non è il tipico eroe, il suo carattere letterario sta nella perdizione, l’assenza, solo apparente, di regole morali, il sesso occasionale, gli uomini che lo toccano e che da lui si fanno toccare, la condizione granitica che a qualcosa il suo lavoro da fotografo servirà, consapevolezza a cui arriva dopo la morte. È nel Maali già morto, infatti, che emergono le crisi esistenziali sulla dicotomia di bene e male e la totale disproporzione verso quest’ultimo che c’è nella sua terra natia, martoriata dagli eccidi, dalla corruzione della classe politica e dalla totale assenza di giustizia. È a Maali che Karunatilaka attribuisce il senso di giustizia più sorprendente, non tanto perché tardivo, quanto perché sovrannaturale; questo protagonista dissoluto in vita si trasforma in detective dell’occulto, prova con tutte le sue forze a comunicare coi vivi e fare in modo che le sue foto parlino per lui contro il governo. Nei dialoghi tra Maali e i suoi interlocutori non manca mai la critica la politica, l’irrisione dei potenti, il dettaglio della morte violenta che gli spetta perché chi legge deve sapere che razza di mondo viviamo. È nei flashback di Maali e nei suoi dialoghi che la storia si dipana violenta e indisturbata.

A chi dai la colpa per questo disastro? Sono stati i colonizzatori che ci hanno fottuto per secoli? O le superpotenze che ci stanno fottendo adesso?

dice un fantasma a Maali, e ancora:

La storia è fatta di gente con le navi e le armi che spazza via quelli che si sono dimenticati di inventarle. Ogni civiltà inizia con un genocidio. È la regola dell’universo. La legge immutabile della giungla: anche di questa, fatta di cemento. Lo si legge nel movimento delle stelle e nella danza di ogni atomo. Il ricco schiavizzerà il povero. Il forte schiaccerà il debole.

Infine:

Pensi ai laghi morti traboccanti di cadaveri, alle stazioni di polizia dove i ricchi rinchiudono i poveri, ai palazzi dove chi esegue gli ordini di tortura chi si rifiuta di farlo. Pensi agli amanti disperati, agli amici abbandonati e ai genitori assenti. Ai trattati decaduti, alle foto viste e poi dimenticate, nonostante le pareti a cui sono appese. Pensi al mondo che andrà avanti senza di te e dimenticherà perfino la tua esistenza. […] Pensi alle cause malvagie e a quelle degne. Pensi che le probabilità di porre fine alla violenza con la violenza sono niente, nada, nix.

La guerra è un male esteso nel nostro mondo e in quello di Maali, ma per fortuna nell’universo narrativo creato da Karunatilaka c’è un aldilà al riparo dai politici corrotti, militari e colonizzatori violenti, perché nemmeno i demoni peggiori sono così malvagi come l’uomo.

 

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