Essere Leif Podhajsky

No. Non si può essere come Leif Podhajsky. Per quanto le cose te le possa spiegare con una semplicità quasi elementare, come lui bisogna necessariamente nascere. Lui, per esempio, dice che un cielo nuvoloso muta improvvisamente in un turbine psichedelico ed è tutta colpa/merito delle forze della natura ciò che poi ne consegue. Sono loro, infatti, a sintonizzarsi con le sue emozioni e diventare così magie grafiche. Tutto qui.

Ma anche un disco può ben fare la differenza in un lavoro: la musica è come un trampolino emozionale che congiunge varie dimensioni spaziali ed emotive che permettono di immergersi nel proprio io, vagando nelle nebulose della mente, e inseguendo la scia policromatica della creatività. Anche per questo la congiunzione con la musica è stata quasi consequenziale per lui: come la musica lo ispira così il suo lavoro la esprime. L’immagine che crea trasmette allo spettatore quello che sta per sentire, e come la musica lo riuscirà a coinvolgere. Da qui l’inizio di collaborazioni di poster e copertine di dischi eterei come quelli per Vines, Likke Li, ma in particolar modo gli indimenticabili lavori per i Tame Impala.

Di origini australiane, Podhajsky nasce come fotografo e Art Director, ma in breve tempo, grazie al suo innato talento e alla sua grande passione per la musica, diventa a tutti gli effetti un artista che ha all’attivo un portfolio carico delle più invidiabili collaborazioni. Attualmente, infatti, crea opere d’arte e di design per una serie di marchi, etichette discografiche e musicisti di tutto il mondo, come ad esempio: Nike, Wired Magazine, Sony Music, Vice, Warner Records, Warp Records, XL, 4AD, Ninja Tune, Modular Records, Foals, Grimes, The Horrors, Bonobo, per citarne solo alcuni.


Cercando di tramutare in parole il lavoro di Podhajsky può essere descritto come una suggestiva forma di astrazione materica derivante dalla natura.

I panorami vengono manipolati ribaltati e specchiati, onde si fondono e increspano fagocitando paesaggi cosmici. Le immagini che si generano non producono però mondi futuristici, ma al contrario proprio perché partano da una genesi legata alla natura ci riconducono a forme familiari che ci appartengono e che quindi riescono a trasmettere un senso di trascendenza e pace.

Podhajsky è tutto questo e molto altro ovviamente: basta un piccolissimo input, una minima idea e la sua mente parte in un viaggio di rimandi che mette in collegamento la miriade di immagini, foto, simmetrie, texture e forme geometriche che nel tempo si sono immagazzinate nella sua mente.

Il suo intento è quello di riuscire a trasmettere tematiche molto più ampie che vanno oltre l’esperienza psichedelica, cercando di toccare l’amore, la paura, la magia, l’importanza della natura per ispirare lo spettatore ad un riallineamento con se stessi e l’ambiente circostante, per poter permettere di ritrovare ciò di cui siamo tutti alla segreta ricerca: la vera felicità.

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