20 libri del 2022 che ci porteremo dietro nel 2023

L’anno vecchio è sfumato, e noi ci divertiamo a raccogliere una selezione di libri pubblicati nel 2022 da recuperare nel nuovo anno – con l’augurio che sia un grande anno. Buona lettura.

SELEZIONE DI SARA DEON


Arkadij e Boris Strugackij – Picnic sul ciglio della strada

Marcos y Marcos, traduzione Paolo Nori e Diletta Bacci

Il capolavoro di fantascienza filosofica dei fratelli Strugackij è disponibile per la prima volta nella sua versione integrale, grazie alla cura e traduzione di Paolo Nori e Diletta Bacci. Racconto divenuto popolare anche grazie alla fortuna di “Stalker” di Tarkovskij, liberamente ispirato all’opera, Picnic sul ciglio della strada è un emblematico rappresentante della fantascienza filosofica di epoca sovietica: a partire da una visita aliena, nota come “la Visita”, che ha avuto luogo anni prima in diverse località dal globo, si apprende che tra alieni e umani non vi sia stato nessun tipo di contatto e che, anzi, l’umanità sia stata perlopiù ignorata. L’unica conferma di tale passaggio è rappresentata dalla presenza di alcune Zone, ovvero aree divenute inabitabili e dove la specie aliena avrebbe lasciato indietro diversi manufatti extraterrestri. La presenza della Zona e l’attività illegale degli Stalker, fuorilegge che entrano ed escono dall’area a loro rischio e pericolo alla ricerca di manufatti alieni da rivendere al miglior prezzo, costituisce la premessa essenziale per riflettere sull’antropocentrismo, sul rapporto tra ragione e umano, sullo scontro tra fede e scienza e sui limiti di entrambe nel trovare risposte all’ignoto. Più di tutto, i fratelli Strugackij pongono al centro l’inesauribile desiderio di cambiamento intrinseco nell’essere umano, ma anche la sua tendenza alla rassegnazione e all’aporia, così come il suo timore di diventare in futuro un essere sostituibile e, dunque, ormai superfluo.


Karin Tidbeck – Jagannath

Safarà

 

In Italia, si sa, le raccolte di racconti hanno ben poca fortuna nel mercato editoriale. Per questa ragione, diverse raccolte interessanti passano del tutto in sordina. Con l’augurio che non sia il caso per Jagannath, la scrittrice svedese Karin Tidbeck ritorna in Italia dopo il successo del romanzo Amatka nel 2018 mantenendo le sue atmosfere weird e fantastiche in dodici racconti influenzati dall’opera di Borges, Ursula K. Le Guin e China Miéville. Tra medici che si innamorano di dirigibili e nuove creature che nascono dentro un barattolo di latta, il risultato è un’esplorazione dei rapporti umani – genitoriali, amorosi e di amicizia – e non-umani, ricorrendo anche alla mitologia e al folklore scandinavo, sempre in bilico tra il bizzarro e il surreale e che, in definitiva, non ha bisogno di fornire spiegazioni razionali per convincerci della sua potenza letteraria.

 

 


SELEZIONE DI ALESSIA RAGNO


Carmelo Vetrano – Il censimento dei lampioni

Laurana Editore

 

Carmelo Vetrano, al suo esordio nel romanzo con Il censimento dei lampioni per Laurana Editore, sceglie come protagonista Sebastiano, un pugliese che ritorna nella sua terra, dopo un breve esilio autoimposto a Berlino, per risanare rapporti trascurati. Col padre, uomo problematico e poco comunicativo, percorre le strade di un Salento silenzioso e notturno e analizza le condizioni di ogni singolo lampione sul proprio percorso; per ciascuno compila una scheda che, man mano che il romanzo prende forma, assume sempre più una connotazione letteraria e autobiografica per Sebastiano. La cura della scrittura di Vetrano e il potere metaforico che abita i lampioni, rendono il romanzo malinconico ma con un flebile conforto: lo scorrere del tempo e quell’idea, che custodiamo gelosamente anche senza crederci fino in fondo, che in qualche modo proprio il suo incedere inesorabile guarirà ogni cosa al posto nostro.

 


Helen Ellis – Casalinghe americane

La Tartaruga, traduzione di Chiara Spaziani

In “Quello che faccio tutto il giorno”, il primo racconto di Casalinghe americane, la raccolta di Helen Ellis pubblicata in Italia da La Tartaruga, una donna vive la sua vita di plastica con la dignità di chi si sente affondare nell’oblio, ma sa che per mantenere la sua immagine impeccabile deve appigliarsi a qualcosa, qualsiasi cosa, e andare avanti. Fra inquietudini che le rovinano l’umore e riti consolidati della sua quotidianità, si ritrova a commuoversi per i brillantini che custodisce in un cassetto, ma che sul finire del racconto vengono spazzati via dal marito con l’aspirapolvere. Sacro e profano, glitter e aspirapolvere, convivono negli undici racconti tradotti da Chiara Spaziani, che portano in Italia un’autrice e i suoi intenti: raccontare donne care a chi affonda le mani nella letteratura statunitense contemporanea, ma interessanti anche per chi delle scrittrici ha fatto la propria missione di lettura. E come la casalinga dell’ottima copertina dell’edizione italiana, che sciabatta con un asse da stiro e una cuffia da doccia verso le onde dell’oceano, così le casalinghe di Ellis corrono verso il disastro con gli strumenti e le convinzioni sbagliate, ma in fondo a chi importa? Quello che conta è salvare le apparenze.


Lily King, Cinque martedì d’inverno

Fazi, traduzione di Mariagrazia Gini

Lily King è tornata. Il successo, enorme, con Euforia (in Italia pubblicato nel 2014) e l’arrivo in Fazi con “Scrittori e amanti”, l’autrice statunitense si cimenta nella sua prima raccolta di racconti dal titolo Cinque martedì d’inverno pubblicata a ottobre nuovamente da Fazi Editore. Intanto il racconto omonimo, il più delicato, che ha per protagonista un padre libraio e l’evoluzione del suo amore per una figlia perspicace e una collaboratrice dai modi gentili. Ma il tema della genitorialità ritorna con una madre sola in crociera con la figlia in “Mare del Nord”, poi nel viaggio di “Sud”, e, ancora, con un nonno addolorato al capezzale della nipote morente in “In attesa di Charlie”. Ma la genitorialità è anche presenza/assenza nel racconto di apertura, “Creatura”, e in “Visto che sono in Dordogna”. I racconti di King sono distillati di esperienze di vita: crudeli delusioni e un lieto fine sui generis che può sempre apparire, inatteso, dietro l’angolo. Il più bel racconto lo riserva per il finale, “L’uomo alla porta”, con ancora una madre sola a fare i conti non solo con un infante, ma anche con uno strano caso del destino che lei risolve con spietata lucidità e una nuova, incrollabile, fede in sé stessa.

 


SELEZIONE DI FEDERICA GUGLIETTA


Guadalupe Nettel – Il corpo in cui sono nata

La Nuova Frontiera, traduzione di Federica Niola

Guadalupe Nettel è la casa a cui faccio ritorno quando il resto vacilla e, tra le montagne russe di questo duemilaventidue, ritrovare una penna amica è stato più che rassicurante. Il corpo in cui sono nata è stato pubblicato nella sua seconda edizione italiana (nella traduzione sempre a cura di Federica Niola) da La Nuova Frontiera a inizio anno, dopo la precedente uscita Einaudi nel 2014. Finalmente, dopo un lungo periplo, mi ero decisa ad abitare il corpo in cui ero nata, con tutte le sue particolarità. In fin dei conti era l’unica cosa che mi apparteneva e mi vincolava in modo tangibile al mondo, e insieme mi consentiva di distinguermene. Un memoir, come Nettel insegna, il suo primo tradotto in italiano. Dentro nemmeno duecento pagine si ricorrono il Messico, gli anni Settanta e la sua infanzia di bambina nata con un particolare neo bianco (o una voglia, come lo identificavano tutti gli altri) sulla cornea dell’occhio destro. Racconta la sua quotidianità in una famiglia anticonformista, i cui genitori si riconoscevano, come molti altri in una coppia aperta, poi in crisi, e il rapporto coi corpi, col suo corpo, fino al cambio di scenario in Francia. Il corpo è sempre al centro in questa narrazione di Nettel, che fornisce a chi legge un appiglio nella costruzione della propria identità di donna e di scrittrice che lei stessa va costruendo fin da piccola. Una storia perfetta per ritrovarsi nella letteratura, accogliendo (perché no) tutto ciò che non si conosce, anche nel nuovo anno.


SELEZIONE DI SIMONA CINIGLIO


Viola Di Grado – Fame blu

La Nave di Teseo

“Il corpo è un’eccezione. La materia si aggrega più facilmente in contorsioni vegetali. Il novantanove per cento della materia terrestre è costituito da piante. Materia muta. Solo un intoppo ci rende carne e voce: una contraddizione scomoda in un pianeta di vita immobile. Un’organicità che grida, gioisce, desidera, ha paura di morire.”

Asettica, inumana, impossibile: Shanghai con i suoi grattacieli e il suo lusso artefatto, con la sua scala di grigi e il vetro e il metallo è alterità annichilente, luogo-pensiero perfettamente artificiale, in cui disincarnare il dolore. E mentre i giorni si inseguono come un sogno disarticolato, come frammenti di un lutto impossibile da tenere insieme, può succedere “di innamorarsi per errore, come quando facendo zapping finisci su un canale religioso”. Tra fabbriche abbandonate e mattatoi, sotto i morsi di una sensualità che divora, come una fame, il corpo, e fiacca la volontà, la relazione con Xu assomiglia, per la protagonista di questo romanzo, a un culto ossessivo, un’ascensione, con vette e picchi -non una discesa- nelle ombre, nell’abuso. “Xu è la mia killer a trecento all’ora. È quella che mi mette in pericolo e mi fa dimenticare il sogno banale che accomuna gli umani: stare in pace, in sicurezza, stare in pace e in sicurezza”. Ogni capitolo ha il nome di una parte del corpo, in questo romanzo che stilla sensualità, che riesce ad essere fisicamente disturbante, come un’angoscia, come il profumo, insistente, di certi fiori.


Jennifer Egan – La casa di marzapane

Mondadori, traduzione di Gianni Pannofino

“Per quale ragione tutti dovevano fingere di essere quel che già erano?”

Aspettavo questo romanzo come si aspetta l’uscita delle pizzette all’alba dopo aver fatto serata: con impazienza smodata, scomposta. E con la cieca fiducia dettata dal bisogno. Perché personaggi come Sasha e Drew, Bosco e Dolly Peale – e soprattutto Bennie Salazar: non è un nome irresistibile? – ecco, i personaggi de Il tempo è un bastardo creano dipendenza, e la sola idea di averne nuovamente notizie mi gettava nel deliquio. Oltre i personaggi e alcuni snodi narrativi, ne La casa di marzapane torna la struttura polifonica, l’alternarsi delle voci dei personaggi e di stili differenti è una tecnica che Egan gestisce magistralmente. Ma se Il tempo è un bastardo ricalcava l’idea di concept album, qui siamo alle prese con qualcosa di più simile all’Electronic Dance Music, a portali e mondi che si sovrappongono. Riprenditi l’inconscio è la creazione del “semidio della tecnologia” Bix Bouton, e permette di “esternalizzare” la memoria, rendendo i propri ricordi accessibili e scaricabili dalla rete. Gli esiti controversi di una tecnologia che sorveglia e orienta i desideri, il mondo in cui viviamo, nel quale l’identità è un affare pubblico e condivisibile con migliaia di sconosciuti, tutto questo viene portato da Egan a un punto di rottura, inevitabile: forse i “contatori” (incaricati di tracciare e sfruttare i desideri) e gli “elusori” (che aspirano a un ritorno alla privacy di sentimenti autentici) non sono che una profezia, il mondo che verrà. “Spettacolare” è l’aggettivo più calzante per il capitolo composto di sole email: andrebbe studiato, per chi crede che la scrittura sia un’arte che si può imparare. Io credo che di Jennifer Egan ce ne sia soltanto una, i mondi di cui ci fa dono sono vivi e bellissimi.


SELEZIONE DI FABIO MASTROSERIO


Mariana Branca – Non nella Enne non nella A ma nella Esse

Wojtek

Romanzo, racconto lunghissimo, Non nella Enne non nella A ma nella Esse, esordio dell’irpina Mariana Branca è – nella sua essenza meno ingombrante – una biografia, reale e immaginaria a un tempo, della formazione artistica e umana di Nicolas Jaar. È, nei fatti, un’opera prima ancora più interessante: una cattedrale elettrica ed elettrificata nella quale convergono, come nello spazio deformato di una fantasia reale o di una realtà immaginata i tratti rimescolati della storia della stessa autrice. Un libro che – attraversato com’è da una sorta di esoterismo scientifico, da una poesia razionale in grado di restituire con il suono, la sintassi, il ritmo il riflesso della musica e delle sensazioni dei protagonisti di questo affascinante, sghembo, frammentato coming of age – ha la capacità di costruirsi come fosse un piccolo club di una periferia lontana, sospeso su quello spazio liminare che separa la musica dalla notte, il talento di un producer dalla suggestione unica e personale che quelle note e quel ritmo hanno prodotto nel tuo mondo solitario di ascoltatore. Nel suo essere un oggetto contemporaneamente familiare e spigoloso, Non nella Enne non nella A ma nella Esse offre nella varietà dei registri usati tutta una serie di possibili sponde. Testimonianza della nascita di una voce autentica e deragliante capace di narrare un on the road emotivo, sentimentale ed elettronico seminando indizi, nascondendo ordigni e confondendo, mescolando i percorsi di iniziazione, di crescita, di vita di ogni possibile vita.


Fernanda Trías – Melma Rosa

Sur, traduzione di Massimiliano Bonatto

Romanzo della scrittrice uruguayana Fernanda Trías che narra di una città portuale – Montevideo – investita all’improvviso da un vento rosso pestilenziale con la spiaggia ricoperta da pesci morti e il mare attaccato da alghe mefitiche, Melma Rosa va ben oltre il destino letterario di una distopia che si è avverata. La pestilenza che aggredisce la città è la cornice di una storia intensa e intima, declinata attraverso la protagonista – e voce narrante: una donna, ancora giovane che si aggira, superstite, nelle strade della città. Mentre tutto intorno a lei cambia e si fa ogni istante più pericoloso, la protagonista vive all’interno di una sospensione temporale che diventa lo specchio riflesso dell’orrore dell’isolamento pandemico. Un romanzo sulle relazioni umane – in particolare su quelle nello spazio domestico – sul crescere, sul significato più profondo di diventare adulti, sul recupero della memoria come sola strada possibile per riconoscersi, sulla comprensione dei legami, dell’amore e dei suoi fallimenti come unica opportunità di dare senso al dolore che sorprende per la maturità dell’analisi psicologica, per la capacità di costruire una struttura narrativa complessa partendo da una sola voce, ancora di più per la scrittura che è tanto visionaria quanto precisa, luminosa e potente.


Valerio Mattioli – Exmachina. Storia musicale della nostra estinzione 1992 – ∞

Minimum Fax

Con Exmachina, Valerio Mattioli, romano, classe 1978, racconta la storia dell’IDM l’Intelligence Dance Music con un saggio incardinato su una sorta di santissima trinità – Aphex Twin, Autechre, Boards of Canada che di quel movimento rappresentarono gli elementi di spicco. Dire saggio è fuorviante, ancora di più lo è parlare di un saggio sull’IDM; e questo perché Mattioli non si limita al tratteggio di un’epoca e della sua colonna sonora, ma prova – riuscendoci oltre ogni aspettativa – a disegnare un percorso che non è mai solo strettamente culturale ma che vuole essere la lettura in filigrana di una profonda mutazione sociale innanzitutto, che coinvolse la vita del singolo, il tessuto urbano, la politica, l’intrattenimento e, certamente, quella musica specifica – scelta tra le molte altre che pure segnarono un’epoca ma che, ci convince Mattioli, fu la sola capace di assumere su di sé i tratti peculiari di un tempo sospeso tra l’attesa di un cambiamento perennemente annunciato e una secca perpetua che spingeva a guardare con occhio nostalgico al passato. Un viaggio affascinante che dalla musica arriva a toccare la cybercultura, la Macchina Speculatrix, comunicazioni non verbali, sessualità meccanica, il cinema body horror di David Cronenberg e Julia Ducournau fino a risalire alla civiltà delle macchine teorizzata da Filippo Tommaso Marinetti.


Simone Sauza – Tutto era cenere. Sull’uccidere seriale

Nottetempo

Tutto era cenere. Sull’uccidere seriale – prova ad affrontare la figura del serial killer come possibile porta d’accesso a quei meccanismi che ci riguardano tutti da vicino. Esperienza che può farsi cartina di tornasole, dunque, possibile elemento paradigmatico da osservare e provare a conoscere non per misurare – in maniera assolutoria – la distanza che intercorre tra noi e loro, ma per stimare, invece, la vicinanza a dinamiche e “motivazioni” dalle quali nessuno di noi può dirsi precluso. A compiere questo affascinante percorso è Simone Sauza, romano, classe 1989, una formazione da filosofo, qui capace di realizzare più che un saggio un testo spurio che certamente fa propria la digressione saggistica, ma nel contempo filtra molte delle sue pagine con l’autofiction e che attraverso il ricorso a un pantheon personale di studiosi, filosofi, pensatori, registi – in cui mescola Cristina Campo con gli Swans, David Foster Wallace con Michael Haneke e Lars von Trier – prova a tracciare in maniera sistemica una parabola compresa tra le due catabasi che aprono e chiudono il libro. Sauza si pone domande senza forzare le risposte, conscio che il suo è un tentativo di battere una strada, non di rispondere in maniera definitiva a delle ragioni che appaiono, infine, ontologicamente inconoscibili, per arrivare a mostrare come il serial killer sia in realtà vicinissimo all’esperienza dell’uomo comune.


SELEZIONE DI VALERIA GARGIULLO


Nadia Terranova – Trema la notte

Einaudi

 

Trema la notte è uno dei romanzi più belli usciti quest’anno, per me. La narrazione si biforca nelle voci dei due protagonisti, Barbara e Nicola, sopravvissuti al terremoto che colpì veramente lo Stretto di Messina nel dicembre del 1908. L’accuratezza storica, l’intensità delle immagini, la forza degli odori – il putrido delle fogne saltate, la polvere delle macerie –, rievocano sensazioni contrastanti: c’è la voglia di ricominciare, ma un’intensa paura di progredire, spogliarsi del proprio passato, comprendere cosa fare con questa cosa enorme che è la vita dopo la catastrofe. Nadia Terranova con la sua scrittura brillante e raffinata ci consegna una testimonianza preziosa di quel tempo, e lo fa ricordandoci di quanto straordinaria sia l’umanità nei suoi chiaroscuri, in grado di rialzarsi e ricostruire nonostante l’apocalisse.

 

 


Sonia Aggio – Magnificat

Fazi Editore

 

Nel 1951 due cugine, Norma e Nilde, vivono in una casa nelle campagne del Polesine. Orfane entrambe dei genitori per un bombardamento durante la Seconda guerra mondiale, imparano a sopravvivere al dopoguerra, a diventare donne da subito. A raccontarci la storia è Nilde, la cugina timida e riservata, preoccupata per Norma che inizia a comportarsi in modo anomalo e a sparire per ore dopo esser caduta dalla bicicletta. Norma è iraconda, violenta, sembrerebbe soffrire di nevrosi e invece Sonia Aggio scava nell’animo umano, delinea il confine tra quello che potrebbe essere e ciò che sicuramente non è, servendosi dei dettagli e dei dialoghi che saranno utili a ricostruire la vicenda dal punto di vista di Norma in un secondo momento. Ma il vero protagonista rimane il fiume Po, che con le sue acque burrascose e irriverenti minaccia di straripare e inondare i campi, donando al romanzo quel tocco di esoterismo di cui Edgar Allan Poe ne sarebbe stato fiero.

 


SELEZIONE DI GIO TAVERNI


Mircea Cărtărescu – Melanconia

La Nave di Teseo, traduzione di Bruno Mazzoni

 

Mircea Cărtărescu è uno dei grandi scrittori che cambiano lo sguardo. Dopo aver letto Cărtărescu la realtà si dilata, si scompone e ricompone di continuo e non è più la stessa cosa di prima. Certe parole sono un Aleph capace di aprire universi sterminati e fantastici mondi impregnati di surrealtà. L’esperienza di lettura è totale: l’occhio si apre e vede visioni dentro il più banale dettaglio di realtà, come nel taglio netto del cane andaluso. Anche quando Cărtărescu seziona, c’è sempre un’idea di armonia di fondo; come già successo per Solenoide, e le opere precedenti dello scrittore rumeno, succede pure con i racconti che compongono Melanconia, e succederà ancora, perché ci sono scrittori che già stanno scrivendo i poemi di domani.

 

 


Mohamed Mbougar Sarr – La più recondita memoria degli uomini

E/O Edizioni, traduzione di Alberto Bracci Testasecca

 

Il romanzo con cui Mohamed Mbougar Sarr ha vinto il premio Goncourt, è a tratti contagiato da una forma di possessione di certe atmosfere dei Detective Selvaggi; ma messe da parte le affascinanti reminiscenze della gioventù poetica raccontata da Roberto Bolaño, La più recondita memoria degli uomini non è solo il frutto di un’ossessione letteraria: c’è dentro tutto il senso di inadeguatezza di un giovane scrittore africano a vivere in Europa, e attraverso la misteriosa figura di Elimane, il lettore resta sempre in contatto con il continente africano. Lingue come il francese, con tutta la loro predatoria violenza coloniale che le ha esportate lontano, hanno guadagnato nel tempo voci e intestini diversi per la narrativa; e lo sguardo in lingua francese di Mohamed Mbougar Sarr è una di queste voci di frontiera che arricchiscono la letteratura francofona di nuova linfa, visioni e terre lontane.

 


Michel Houellebecq – Annientare

La Nave di Teseo, traduzione di Milena Zemira Ciccimarra

Qualche settimana fa Michel Houellebecq e Michel Onfray si sono prodigati in un lungo dialogo sul nostro tempo e la fine dell’Occidente al cui confronto Annientare è birra fresca. Se Annientare è un grande romanzo nichilista che seziona la crisi dell’Occidente con pennellate di fantapolitica, l’inedito finale romantico, vagamente speranzoso nella vita oltre la morte, ha fatto parlare di Annientare come del romanzo più mite di Houellebecq. Ma a ben leggere c’è una forte pulsione nichilista che domina il testo e il sottotesto: è come se Houellebecq dicesse, arrenditi, annientare l’annientamento è un ossimoro impossibile; come se suggerisse che non possiamo resistere all’ossessione tutta umana dell’annientamento. E allora non stupisce ritrovare Houllebecq a deragliare verso bassi istinti umani in compagnia di Onfray. Romanzi come Annientare sono una bellissima sfida: la letteratura è tutta una grande sfida: Annientare si consuma in poche ore e lascia domande irrisolte sul nostro tempo: come possiamo resistere all’ossessione dell’annientamento, là dove arrendersi al fato vuol dire avviarsi verso il cammino che porta uomini e donne ad annientarsi, in un estremo big bang che affossa l’anima. La grande letteratura chiama domande, ma il lettore può sempre rispondere: è vero, il nostro tempo pone immense sfide, ma non siamo ancora arrivati al punto di arrenderci, al punto da annientarci, sebbene sia vero che il futuro è una cosa sempre più ibrida che rasenta la fantascienza, sebbene sia vero che dopo l’annientamento della realtà e del suo senso, c’è solo l’abisso profondo e demente. Tuttavia la scelta per non annientarsi è sempre aperta, e l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq è un pugno in faccia al lettore da affrontare a viso aperto.


SELEZIONE DI ILARIA DEL BOCA


Lidia Yuknavitch – La cronologia dell’acqua

Nottetempo, traduzione di Alessandra Castellazzi

“A volte penso di essere sempre stata una nuotatrice. Ogni mio ricordo si increspa come acqua attorno agli avvenimenti della mia vita.”

La cronologia dell’acqua di Lidia Yuknavitch è un memoir decisamente crudo, ma è in assoluto uno dei libri più interessanti usciti quest’anno in Italia. Attraverso la metafora dell’acqua l’autrice ripercorre la propria storia senza seguire un ordine preciso, lasciando semplicemente che i ricordi scorrano come farebbe qualsiasi tipo di fluido. Yuknavitch proviene da una famiglia difficile, ha un padre violento, una madre depressa che più volte ha tentato il suicidio e un’unica ancora, la sorella maggiore che appena può scappa da quell’incubo chiamato casa per andare in un’università lontana. Droga, alcool, abusi e lutti la accompagnano, fino quasi all’annientamento. Il nuoto prima e la scrittura poi rappresentano una valvola di sfogo, una boa a cui aggrapparsi nei giorni di tempesta. Non è un romanzo facile da leggere, ci vuole coraggio per addentrarsi in questa storia di sopravvivenza e di rinascita. Eppure, una volta superato lo scoglio iniziale, si arriva a scoprire una vita profonda raccontata attraverso un linguaggio liquido. La cronologia dell’acqua è un turbinio di pagine che difficilmente si dimentica.


Vincenzo Latronico – Le perfezioni

Bompiani

 

Anna e Tom sono una giovane coppia italiana di freelance emigrata a Berlino alla ricerca di una nuova dimensione in cui vivere. Hanno una bella casa, un buon lavoro e molto tempo libero da dedicare ai propri interessi. All’apparenza non c’è nulla che li potrebbe far vacillare, ma lentamente il loro equilibrio si altera, incrinando il rapporto tra i due. Le perfezioni di Vincenzo Latronico non è solo la storia di Anna e Tom, ma di un’intera generazione, quella dei millennials “spatriati” di Mario Desiati, che per avere maggiori opportunità in ambito professionale lasciano famiglia e amici per una realtà capace di farli sentire più adulti e indipendenti rispetto ad altri paesi dell’Europa del sud. Non sempre, però, le cose vanno come dovrebbero andare e con il tempo tutti i nodi vengono al pettine. È impossibile scrollarsi di dosso la sensazione che la voce narrante non stia parlando proprio a noi lettrici e lettori, quasi volesse metterci in guardia dai rischi di una società che ci vuole performanti in ogni occasione rendendoci più soli e vuoti. 


Claire Keegan – Piccole cose da nulla

Einaudi, traduzione di Monica Pareschi

 

Onnipresente sugli scaffali delle librerie, Piccole cose da nulla di Claire Keegan è stato probabilmente uno dei libri più venduti in Italia durante il mese di dicembre. “Leggetelo con il cuore. Questo splendido racconto di Natale si prenderà cura di voi”, recita la fascetta. Con questa premessa sembra davvero il libro ideale da regalare anche a quelle persone di cui non si conoscono troppo bene i gusti letterari. In parte è così, ma il breve romanzo ha diversi piani di comprensione. Ambientato in Irlanda negli anni ‘80 del secolo scorso, Piccole cose da nulla narra la vicenda di Bill Furlong, un uomo venuto dal niente o “meno di niente avrebbe detto qualcuno”, figlio di una ragazza madre rimasta incinta quando prestava servizio come cameriera alle dipendenze della signora Wilson, marito di Eileen e padre di cinque figlie. Si è fatto da solo, non ha mai saputo chi fosse suo padre e ha perso la madre in giovane età. In un periodo storico in cui tante persone sono state licenziate Furlong mantiene sé stesso e la sua famiglia vendendo legna e carbone. Consapevole della sua fortuna, non smette mai di interrogarsi e cerca di aiutare chi non ha gli strumenti per risollevarsi, sono piccole cose da nulla ma non esistono tante persone al mondo in grado di stare accanto al prossimo senza volere nulla in cambio. Con questo libricino che sa di storia di altri tempi alla Charles Dickens, Claire Keegan è candidata al Booker Prize.

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