L’impercettibile leggerezza nel non eleggere un governo

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Dopotutto non li abbiamo votati noi o, almeno, con queste intenzioni. Il governo Letta, il grande compromesso storico della mediocrità, i dissidenti del Partito Democratico, l’effetto di una scelta che tiene in conto tutto tranne i cittadini e, poi, il silenzio. Il tutto mentre la Turchia ci dà lezioni di democrazia e indignazione, dappertutto si afferma l’identità di genere e la crisi continua. Ma, l’Italia non è la Turchia, non solo perché all’inaugurazione di un centro commerciale c’è sempre la fila.

Basta poco per rendersi conto del fatto che, da quando siamo andati a votare, nulla è effettivamente cambiato. Si compra di meno e si vota di meno, capitalismo e democrazia che cedono il posto ad una sinistra presenza, una mancanza di risposte in cui, probabilmente, anche le domande scarseggiano. Eppure il Pil è in calo, l’occupazione ai minimi e quello che sembra più semplice appare una montagna insormontabile, ancora schiava di lobby e potenti, in un clima di oscurantismo quasi medioevale. Mentre dal piatto la pasta inizia a scarseggiare e l’unica domanda che ci riesce è «Ma questo governo, cosa sta facendo?». I nostri nonni ci hanno sempre insegnato che è nel silenzio che accadono le cose più spiacevoli ma, ora, il rumore implica cattive notizie e non sapere ci rende quasi meno complici, ma è un complesso di Norimberga.

Imu, Ilva, Copasir, Rai, M5S, Pil. La nostra storia recente passa dalle sigle, eppure le grandi vittorie della giustizia, questa volta sì, sulla condanna dell’Eternit, non fanno più notizia. Nemmeno le ingiustizie, quelle che dovrebbero far davvero scendere in piazza, il caso Cucchi, sconvolgono molto meno delle affermazioni sulla storia della Minetti e Berlusconi. Ma questa non è indignazione, questo è rigetto. L’Italia è diventata una scatola chiusa, lo è sempre stata, di quei complessi alla Schrödinger in cui non sai mai se chi c’è dentro è vivo o è morto e, nel dubbio, lasci perdere.

Si parla di integrazione e delle minacce ad un ministro, di cui il colore della pelle fa discutere più di quello che sta facendo. Si parla di elezioni comunali come vittorie, quanto c’è un tasso altissimo di astensioni. Si parla di riforme della giustizia, della costituzione e quando c’è da tassare quelli che hanno di più si storce ancora il naso. Si parla di giovani che non lavorano, non studiano e restano a casa. Ma dateglielo voi un motivo per uscire di casa e costruirsi una vita. Anche la lotta alla mafia, decantata da qualche intellettuale, dimentica sempre di più alcuni aspetti che prima di combatterla bisogna dare una possibilità di scegliere. Ed è tutto così collegato da sembrare davvero un complotto, quello fatto dalle persone contro se stesse.

 In tutto questo, «Cosa sta facendo il governo» si accompagna, inevitabilmente, a «Cosa sto facendo io?»

Ma anche il sole ci sta abbandonando, in un’estate senza vacanze e senza pantaloni corti, oscuro presagio di un buio che sempre più sta attorniando il nostro paese. Nelle case senza luce elettrica dei cassintegrati, nelle stanze oscure della politica dove si decidono le sue sorti, nelle teste di chi non ha più risposte da darsi. E non è vero che la bellezza ci salverà perché, anche quella, abbiamo smesso di ascoltarla.

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