L’importanza di chiamarsi Chinaski

Abbiamo chiesto a due profili Instagram come mai abbiano scelto di inserire come proprio nome quello di Chinaski.

Henry Chinaski è l’alter ego di Charles Bukowski, una delle entità più grosse che abbiamo mai avuto tra i piedi. Compare nei suoi romanzi, nei suoi racconti e nelle sue poesie. E sì, è uno dei più grandi misantropi che la letteratura sia mai stata in grado di produrre. Per questo, quando Bukowski girava per i suoi reading, veniva puntualmente preso di mira da una ridondante schiera di femministe che difendevano il loro essere donna davanti ad un uomo che non nutriva nessun tipo di rispetto nei loro confronti. Un modo tutto errato di valutare, a mio avviso, il lavoro di uno degli scrittori più folli degli Stati Uniti. Non sarebbe mia intenzione alzare qui inavvertitamente un muro in sua difesa, però vorrei comunque comprendere cosa porta una persona a scegliere come nickname per il proprio profilo Instagram quello di Chinaski.

Il primo profilo lo incontrai qualche anno fa. Aveva commentato una foto di una persona che seguivo da parecchio. Attirò la mia intenzione perché in quel periodo nutrivo una sorta di amore smodato verso tutti quei commenti finti intellettuali, quelli che sotto sotto non vedono l’ora di ricevere in direct una foto delle tette o della fica. Ad essere sincero diceva cose molto stupide. Parlava di mare, dell’infinito e del tempo racchiuso in quello stesso infinito. Non ricordo se era una esternazione scaturita in seguito al rigonfiamento lampante della sua vena poetica, però era evidente come il sole che stava scivolando nello stato più patetico di tutti gli approcci che siano mai avvenuti online. Alla persona dall’altra parte della staccionata non è rimasto altro da fare che rispondere con una emoji sorridente. Probabilmente l’avrà fatto per quella sottile sensazione di pietà che si prova in casi del genere.

«Chinaski era un mangiafiche, sapeva il fatto suo» disse ad un certo punto della nostra chiacchierata. Chiunque al mio posto avrebbe capito che dall’altro lato c’era un tipo di uomo ben preciso

Per scrivere questo pezzo sono entrato in contatto con lui qualche mese fa. Il suo è un profilo privato, per questo ho dovuto inviargli una richiesta. Dopo una veloce quanto superflua osservazione, ho notato che aveva caricato nella sua gallery un sacco di immagini che non erano le sue. Ragazze in posa per le campagne pubblicitarie dell’intimo più famoso, meme di buongiorno con tanto di classiche provocazioni scontate e piedi infilati in orrende scarpe col tacco 15, 20 e 30 – sparo numeri a cavolo, non ne capisco nulla di tacchi. Sotto ad ognuno di queste foto non poteva mancare il commento ammiccante. Insomma, il paradiso dei doppi sensi era servito su un piatto d’argento. A questo punto era più che evidente il motivo della sua scelta. Chiamarsi Chinaski in questa situazione era diventato ormai un mistero abbastanza svelato.

Dopo aver stretto amicizia, passarono pochi giorni prima che mi facessi avanti. A dire il vero ero tentato dall’abbandonare tutto questo stupido interesse nei confronti di quello che si stava per rivelare una cosa terribile, ma poi mi sono detto che ormai l’avevo tra i seguiti, che non ci perdevo nulla nell’essere bloccato da un profilo del genere. Così un giorno gli ho scritto in direct, chiedendogli per l’appunto – dopo un lungo giro di scusami-se-ti-contatto-non-è-mia-intezione-prenderti-in-giro – perché avesse scelto quel nome. Mi ha risposto dopo due ore, e con fare molto rilassato, mi ha detto che la mia curiosità era più che giustificata. Praticamente, stando a quello che mi scriveva, mi aveva scambiato per un neofita del mondo BDSM, e che per questo motivo ero alla ricerca di un master che potesse indirizzarmi sulla retta via. Messo subito in chiaro le cose come stavano, mi ha risposto che stava scherzando, che aveva capito che ero solo un ragazzo curioso di interpretare i suoi lavori. A quel punto ho deciso di fare il finto tonto e di rimanere sul vago. Ma a quali lavori si riferiva se tutto il suo profilo sapeva spudoratamente di copia e incolla? Mah! Poi finalmente si decise a parlarmi della scelta del nome. «Chinaski era un mangiafiche, sapeva il fatto suo» disse ad un certo punto della nostra chiacchierata. Chiunque al mio posto avrebbe capito che dall’altro lato c’era un tipo di uomo ben preciso, ma ormai ero nel pieno della sua legittima confessione, non potevo perdermi questa dannata esclusiva. Non potevo lasciarmi scappare tutte le altre perle di saggezza che aveva in serbo per me.

Si è fatto di uno scrittore – e di un personaggio letterario – il manifesto di una concezione tutta sbagliata di quello che c’è realmente tra le pagine di Bukowski stesso

Mi disse che grazie al suo modo di usare Instagram era arrivato ad uscire con più donne di quanto fosse riuscito con un sito per incontri, che aveva avuto delle storie nonostante fosse un uomo sposato con figli, che tutto questo lo prendeva e lo catapultava in un mondo che non ti aspetteresti mai di incontrare. Insomma, era un uomo che sapeva come far impazzire una donna. Conosceva ogni trucco, niente era affidato al caso. A quel punto, stufo di subire il suo momento auto celebrativo, gli ho chiesto di Factotum. «Non so di cosa si tratta. È un locale per scambisti?»

Se il primo profilo era piuttosto sicuro di sé e delle sue capacità di predatore d’altri tempi, il secondo invece si è rivelato un tipo abbastanza insicuro. Aveva – ed ha tuttora – il profilo pubblico, circostanza che mi ha concesso di osservare con più libertà le sue mosse, dai caricamenti ai commenti. Lo conobbi sempre per vie traverse, sempre attraverso un commento lasciato sotto ad una foto del primo Chinaski. I due si scrivevano montagne di complimenti, cuoricini e frasi sdolcinate che sfociavano in quella cosa schifosa – purtroppo ancora diffusa – che è il cameratismo. Giusto per citare qualche esempio, quella chiamata in causa era una fotografia che ritraeva una donna in perizoma appoggiata sul fianco di un camino acceso. Poteva essere il salotto di una casa in montagna. Una baita, forse. Evidentemente era uno di quei meme che girano nei gruppi WhatsApp dei quarantenni che scrivono buongiornissimo sotto alla foto del primo giorno in spiaggia della collega.

Il secondo Chinaski, come dicevo, era un tipo insicuro e debole – sopratutto debole. Mi disse fin da subito che nei rapporti con le ragazze, sin da ragazzino, era sempre stato un perdente. Uno di quegli uomini che passano la vita in uno di quei paesini di provincia abitati da cinquecento anime, dove trascorrere un pomeriggio al centro commerciale vuol dire trasgredire oltre ogni previsione. «Se sono riuscito a scambiare due chiacchiere in chat è già tanto» mi ha detto dopo avergli fatto la classica domanda che forse già si aspettava. Anche lui, tra le sue foto caricate, aveva un sacco di ragazze che sembravano figure renderizzate al massimo delle capacità della scheda video per via dell’elevata perfezione nelle forme. Anche lui usava la strategia del commento acchiappa like, optando qualche volta per l’inserimento di una poesia di Alda Merini. Gli chiesi se aveva mai sentito parlare di Factotum – gli faccio la stessa domanda del primo giusto per essere corretto – e con mio sommo stupore mi rispose che si trattava di un film. Non arrivammo allo scrittore, ma era già qualcosa. Disse che quel film l’aveva visto anni prima e che gli aveva fatto schifo. Però era particolarmente preso dal modo in cui il protagonista faceva sesso per tutta la durata del film.

Factotum

Inutile negarlo: in entrambi i Chinaski c’è un forte ed esclusivo richiamo al sesso. Al contrario di quello che Bukowski riuscì a comunicare attraverso le sue imprecazioni, le sue risse e le sue scommesse alle corse dei cavalli, quello che emerge da questa mia serie di domande sottoposte a due perfetti sconosciuti, è che si è fatto di uno scrittore – e di un personaggio letterario – il manifesto di una concezione tutta sbagliata di quello che c’è realmente tra le pagine di Bukowski stesso. Nel primo caso, per quanto sia vero, Chinaski era un modo affascinante per far colpo sulle ragazze per poi trascorrerci la notte – ho i miei dubbi, ma diamo per buono quello che mi ha detto quell’uomo. Nel secondo invece, la volontà di riuscire a far colpo sulle donne resta tale, non si concretizza e persiste nella sfera delle intenzioni personali.

Quando citiamo Bukowski/Chinaski in una discussione non dobbiamo passare per forza per degli esseri viscidi che farebbero di tutto per portarsi a letto le ragazze. E poi, diamine, Hank non era solo questo!

Di app come Tinder e Grindr ne abbiamo parlato in tutte le salse ormai, e quello che ne è venuto fuori nella maggior parte dei casi è stata l’insidiosa capacità di far conciliare reale e virtuale in un unico spazio. Il sexting passa in secondo piano perché, come abbiamo visto nel primo Chinaski, resta una modalità che non appaga. Si desidera il contatto finale dei corpi, al contrario della perfetta quanto sopravvalutata conclusione di uno scambio di messaggi in direct. Nel secondo Chinaski rimane tutto a dir poco invariato. Nel suo caso il direct è il fine ultimo della scelta intrapresa, per la gioia del suo vivere nella noia di una provincia italiana come tante. Uno le incontra, l’altro le ascolta. Eppure, in entrambi i casi, non c’è davvero nulla di Charles Bukowski. Le sue poesie, i suoi racconti e i suoi romanzi restano confinati oltre una parete che non smette di gettare ombra su quello che sono realmente. In questo caso sarebbe pienamente giustificata la reazione di quell’ala del femminismo che prese di mira lo scrittore durante i suoi reading.

Prima di iniziare questo innocuo giro di domande a questi due profili Instagram, credevo che il vecchio sporcaccione fosse uno degli scrittori più pop che avessimo in circolazione. Credevo che i suoi libri riempissero li stessi scaffali delle librerie dove trovano alloggio scrittori come Paulo Coelho e Concita De Gregorio. Credevo che le sue citazioni fossero sulla lingua di tutti e che la trasformazione forzata – e allo stesso tempo ben riuscita – in aforismi fosse una conseguenza di questa diffusione spropositata delle sue opere. Eppure mi sbagliavo di grosso, convinto che Bukowski fosse uno di quegli scrittori tosti alla portata di tutti, uno di quelli che mantiene stabile il mercato editoriale del nostro paese grazie alla sua fama. La stessa, quest’ultima, che gli è valsa la banalissima interpretazione di privilegiato ubriacone, premiato puttaniere e grande misantropo. Nelle gallery dei due Chinaski c’è il più grande sfregio realizzato in onore del nostro adorato vecchio bastardo. Un’etica che non ha nulla a che vedere con quella che abbiamo continuamente preferito, al contrario di quanto dimostrato sopra.

Alla fine ho detto ad entrambi che avevano leggermente frainteso quel personaggio. Magari sarò pure passato per una sorta di grammarnazi dei protagonisti letterari, ma l’ho fatto per il bene di uno degli scrittori che più amo in assoluto. E poi l’ho fatto sopratutto per il nostro bene, dato che quando citiamo Bukowski/Chinaski in una discussione non dobbiamo passare per forza per degli esseri viscidi che farebbero di tutto per portarsi a letto le ragazze. E poi, diamine, Hank non era solo questo!

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