L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera

Ognuno di noi ha un autore nel cuore che si porta dentro sin dalla prima giovinezza, tra loro per me c’è lo scrittore ceco Milan Kundera: una volta iniziato a leggerlo (grazie a una copia de Lo Scherzo), è stato difficile smettere. L’adolescenza porta con sé la meraviglia e il furore della scoperta, Kundera assecondava bene questa ricerca. Per giovanissimi lettori i suoi romanzi sono perfetti, tanto più lo è L’insostenibile leggerezza dell’essere, il libro che ha finito per farlo conoscere al grande pubblico, scritto e pubblicato nei primi anni Ottanta. Come grato discepolo dello scrittore austriaco Hermann Broch, Kundera ama cospargere il romanzo di riflessioni – dalla filosofia alla storia, anche se poi l’oggetto di tutta la sua narrativa è l’uomo.

Ne L’insostenibile si alternano digressioni sull’eterno ritorno nietzschiano alle tempeste dell’amore, un salto tra i quattro personaggi cardine del romanzo che in fondo finiscono per rappresentare l’umanità e tutti i suoi tentativi d’essere e ripetersi. La domanda su cui Kundera si interrogherà – e finirà per far interrogare anche noi per tutte le pagine – è: esistono leggerezza e pesantezza?, possono affondare nella carne fino a diventare delle qualità umane? A questo proposito Italo Calvino, un altro indagatore delle “ragioni della leggerezza”, evidenziò con entusiasmo come il romanzo di Kundera dimostri che “nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile”. Persino l’idea dell’eterno ritorno – con il suo continuo incedere – rivela il suo peso. Ma allora che dire della leggerezza?

Kundera ci porta a scavare nell’attrazione e nel suo gioco. Nel romanzo ci sono due coppie polari, ma siamo lontani da quello scambio chimico che Goethe evocò ne Le affinità elettive, si tratta piuttosto di infinite triangolazioni e combinazioni: ogni personaggio rappresenta un modello che ha i suoi epigoni. Tomáš, Tereza, Sabina e Franz, sono i quattro cardini di questo gioco. Tomáš è il medico di Praga, libertino e leggero, che scorazza tra donne e letti (tra cui quello di Sabina), finché non incontra Tereza, e qui sente agitarsi il grido dell’Es muss sein (deve essere), la fatalità della resa. Tereza rappresenta il contraltare di Tomáš, e di fatto si impone con la sua inevitabilità e “pesantezza” nel suo letto, nella sua casa, nella sua vita.

Il film tratto dal romanzo di Kundera

 

Tereza lascia il piccolo centro dove lavorava come barista e – letteralmente – travolge la vita del dottore, bussando alla sua porta a Praga nel cuore della notte. Tomáš si arrende al fato, al destino, all’idea dell’amore, e alla compassione. E così seguiremo anche le appassionanti digressioni di Kundera sulla compassione:

“Non c’è nulla di più pesante della compassione. Nemmeno il nostro proprio dolore è così pesante come un dolore che si prova con un altro, verso un altro, al posto di un altro, moltiplicato dall’immaginazione, prolungato in centinaia di echi”

È nel momento in cui Tomáš si arrende a provare compassione per Tereza che sceglierà di cedere all’amore e alla sua irrimediabile pesantezza. “L’amore non si manifesta col desiderio di fare l’amore (desiderio che si applica a una quantità infinità di donne) ma col desiderio di dormire insieme (desiderio che si applica a un’unica donna)”. Dall’altro lato, se Tereza aveva seguito un’intuizione e se ne era lasciata possedere scappando per arrivare a Praga, ora si ritroverà infestata di fantasmi, che sono i corpi delle altre donne, possibili amanti di Tomáš. Come incubi affolleranno la mente e i sogni di Tereza.

Juliette Binoche nel film tratto dal romanzo

 

Sullo sfondo la Primavera di Praga. Dolce, violenta, sognatrice, spazzata via dall’arrivo dei carri armati militari russi. Tereza si lascia possedere da questo furore primaverile pure lei, e diventa una delle fotografe che raccolgono testimonianze di quella stagione. In quella lunga primavera a Praga, dove tutto è sogno e protesta, scende in piazza insieme al popolo, raccogliendo immagini da rivendere ai giornali. Quella stagione rivoluzionaria per la Repubblica Ceca – che da ceco Kundera racconta magistralmente – diventerà metafora nella parole di Tomáš, che evoca la storia di Edipo: è sempre preferibile sapere piuttosto che ignorare, la verità è necessaria per quanto i tempi possano esser dolorosi. Nella storia di Edipo si legge l’auto-infliggersi di una punizione, l’aver fatto sesso con la madre e ucciso il padre – persino se inconsapevolmente – sono macchie profonde dentro la coscienza, incancellabili. È la metafora della connivenza quella che evoca il dottor Tomáš, la connivenza con il potere, l’arte dello stare in silenzio e accettare tutto. Bisognerebbe avere il coraggio di essere Edipo, punirsi quando necessario.

Kundera ha l’occasione per ripercorrere una frattura indelebile nella storia della Repubblica Ceca (ai tempi Cecoslovacchia), quei sogni di indipendenza e speranza della gioventù ceca che furono spazzati via dalla dittatura sovietica e messi a tacere. Lo scrittore stesso si schierò a favore della Primavera di Praga all’epoca, fu per questo punito, costretto a lasciare la scuola dove insegnava. Finì per fuggire a Parigi, dove trovò una nuova patria ideale, portando sempre con sé quella doppia cittadinanza che riuscì nell’intento di offrire uno sguardo più universale alla storia. Del resto molti romanzi di Kundera saranno scritti in francese, proprio mentre in terra natia veniva censurato (L’insostenibile è stato tradotto in ceco solo qualche anno fa). Per questa e altre ragioni, potremmo collocare L’insostenibile leggerezza dell’essere come un romanzo europeo o trans-nazionale.

 

Ma Kundera non è certo il narratore rivoluzionario del dissenso. Semmai ci ricorda come la storia possa infuriare sulla vita e l’uomo: i protagonisti del romanzo continuano ad animare i propri sentimenti a discapito di tutto quel che accade, e nonostante. L’eterno ritorno del sangue, della lotta, della rivoluzione, si agita sullo sfondo come una condanna per l’essere umano, che costringe a mutare storie, direzioni, con il suo carico di esili e censure. La libertà e la sua ricerca sono il centro pulsante della narrazione.

Allo stesso modo L’insostenibile si scolla decisamente dalla mania riduzionista della mercificazione dell’oggetto di moda in epoca post-modernista. Gli oggetti sono oggetti in quanto tali, su cui non agisce la forza motrice dell’etichetta. Così il cappello di Sabina, più che evocare la bombetta di Chaplin, è solo un’estensione del personaggio di Sabina, finisce per vestire lei e solo il suo corpo, diventare parte di un’immaginario erotico e metafisico. Il cappello di Sabina, è un cappello punto. Abbiamo la meravigliosa libertà di immaginare quel cappello come un cappello, giocare con quel cappello, fare l’amore pure noi indossando quel cappello. Se Sabina vivesse a Praga oggi, è probabile che comprerebbe un cappello da H&M in Piazza Venceslao. Ma quella del romanzo è una Praga in cui si respira ancora la cortina di ferro della guerra fredda. Nella Praga sessantottina non c’è traccia del marchingegno grigio del brand capitalista.

Piuttosto ci si perde volentieri tra gli anfratti delle riflessioni di Kundera, dalla musica classica al Kitsch (anche qui omaggiando Broch):

La prima rivolta interiore di Sabina contro il comunismo non aveva un carattere etico ma estetico. Ciò che la disgustava era però molto meno la bruttezza del mondo comunista (i castelli distrutti trasformati in stalle) che non la maschera di bellezza che esso portava; in altri termini: il Kitsch comunista. Il modello di questo Kitsch è la cerimonia detta del primo maggio.

Milan Kundera sa giocare con le nostre ossessioni erotiche, e lo fa con estrema classe. Attraverso il personaggio di Sabina scopriamo la passione libertina al femminile, l’altro polo di attrazione della leggerezza del romanzo. Finirà anche lei per cedere all’amore, attratta dal suo opposto Franz. Ma – prima – avrà il tempo per intrattenerci in giochi davanti allo specchio con Tomáš, sesso occasionale, e persino in una parantesi saffica con Teresa. Quel che è chiaro in questa analisi kunderiana è che leggeri e pesanti si attraggono vicendevolmente, poiché è solo là dove esista una fatalità della pesantezza che ci si piega all’amore. Gli incontri tra Tomáš e Sabina si fondano su un’amicizia erotica che non riuscirà e vorrà mai concretizzarsi in altro.

L’attrazione – nel suo essere misteriosa – è uno dei temi ricorrenti nei romanzi di Kundera. A un primo impatto Tereza viene attratta da Tomáš perché lui è seduto al bar a leggere un libro, e in questa immagine trova una “fratellanza segreta”, una fratellanza che si animerà di simboli, come quando decideranno di prendere un cane e chiamarlo Karenin in onore a uno dei romanzi preferiti di Tereza. Nell’attrazione di Tereza per Tomáš c’è allora qualcosa in più che è illogico, la segreta offerta a se stessa di una speranza verso la confraternita intellettuale di Tomas a cui ha sempre aspirato. Kundera ci sussurra che l’attrazione non è una regola, ma si fonda sulle sue proprie casualità. Sabina lascia una Praga infranta nei suoi sogni per stabilirsi a Zurigo, dove conosce Franz. L’uomo è preda del caos, ma nel caos cerca un’illogica stasi.

Sono tutti condannati all’esilio, perché liberi. E nell’agitazione di questa fuga c’è insieme nostalgia e curiosità. Tomáš e Sabina sono i poli magnetici di questa condizione spirituale e irrequieta che contiene insieme un dissenso e un’animata curiosità della natura umana: è per questo che cercano la libertà nell’eterna ripetizione del cambiamento di compagni di letto, spinti da una pulsione più forte. La loro leggerezza si scontra però con le regole del buon senso sociale, ancor peggio in tempo di dittatura. Sono dunque quasi costretti alla fuga.

Tuttavia Tomáš si rende conto dell’inevitabilità di Teresa proprio quando prova a starne lontano – e sperimenta la gelosia. La felicità arriva soltanto alla fine, come una dolce fuga dal mondo, dalle tentazioni, dagli altri, dalla politica. Al riparo da tutto, Tomáš si scopre capace di essere felice. L’irrequietezza è vinta, in qualche modo e per poco.

Ma per ogni felicità possibile non c’è davanti che l’ipotesi della tragedia. Se Tomáš e Tereza sono riusciti a inventare un modo per difendersi dalla storia, sarà difficile difendersi dalla vita in sé e dal suo assurdo.

Per Milan Kundera il romanzo non indaga la realtà, ma l’esistenza. L’insostenibile leggerezza dell’essere è un’indagine di gran classe, che ci riporta diritti a noi, agli altri, alla vita violenta, al suo dramma di sottili speranze.

Tutte le immagini sono tratte dal film omonimo di Philip Kaufman del 1988

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