L’intraducibile

Se esiste un limite all’universalità della parola scritta è la lingua. Possiamo emozionarci ascoltando una canzone dei Sigur Rós cantata in islandese, godere di una tela di Mark Rothko in astrattese, ma quanti possono penetrare il ritmo autentico delle parole di Paul Celan? Se a noi anime latine è ancora dato il privilegio di acchiappare la musica che ritma nelle poesie di García Lorca, per chi vive e parla idiomi lontani quella musica resterà oscura – e che gran peccato. C’è come una nebbia ignota che se ne sta al fondo delle lingue, che viene alla mente con forza leggendo qui e là del grande intraducibile della letteratura norvegese, Thure Erik Lund, insieme alla domanda: ci stiamo perdendo qualcosa? Karl Ove Knausgaard ne parla come del “più grande scrittore di prosa della mia generazione”, per qualcuno è il David Foster Wallace misto a Dostoevskij di Norvegia – più o meno chiunque ne sappia qualcosa è d’accordo nel definirlo come un grande mistero scandinavo non traducibile. Lund è intraducibile, taglia corto Knausgaard. Dobbiamo arrenderci a restare esclusi per sempre dalla lingua intraducibile di Thure Erik Lund? e di che genere di torsioni linguistiche è capace Lund per restare un enigma irrisolto.

Forse Thure è solo una chimera, un sogno distante che batte per bocca di quei titoli incomprensibili – MyrbråtenfortellingeneGrøftetildragelsesmysteriet – evocatori occulti di mondi inaccessibili. Possiamo già arrenderci al fatto che non lo leggeremo mai almeno finché qualcuno non lo tradurrà, e sarà difficile tradurre l’intraducibile – anche se in tedesco qualcuno ci è riuscito, e forse è da qui che partiranno le traduzioni future come se il tedesco fosse solo una lingua di mediazione, il primo azzardo. Sappiamo pure che abbiamo ancora una possibilità per leggere Lund, imparare il norvegese alla perfezione – quindi siamo spacciati, ci sono lingue che resteranno inaccessibili per sempre, e forse proprio il mistero le renderà più libere. L’intraducibilità di Thure Erik Lund ha qualcosa che somiglia alla storia dei sogni impossibili che si trascina dietro l’essere umano, guardare il pianeta terra dalla luna (– qualcuno ha avuto il privilegio dell’impossibile, qualcuno ci è riuscito); è una storia di curiose utopie, di vie d’accesso ai misteri della lingua, di torri di babele, vangeli e ricette arabe, di viaggi verso le Indie che portano alle Americhe; è la leggenda del canto strozzato dell’uomo sulla terra – di quello che possiamo o non potremo fare, dell’animale umano che parla per comunicare, scrive per tradursi.

Ma in fondo la curiosità se ne va in cerca dell’impossibile, e forse un giorno un traduttore farà il passo azzardato, e ci renderà indietro la bellezza della lingua oscura di Thure Erik Lund – e chissà se scopriremo che potevamo anche fare a meno dei suoi libri in italiano, che potevamo accontentarci di guardare parole misteriose come Grøftetildragelsesmysteriet, sospenderci dentro qualunque-fosse-il-significato che si nascondeva dietro le lettere, o se invece ci innamoreremo – esterefatti e incendiati – della penna del “miglior scrittore di prosa” di Norvegia. In un mondo in cui è possibile ordinare qualsiasi libro nel giro di un paio di giorni, la scoperta di libri inaccessibili come frammenti spezzati di cuneiforme ha qualcosa di paradossale. Quello che ancora resta di intraducibile al mondo è come una forza selvaggia e magica, al pari di quelle particelle connesse per entanglement, ci restituisce l’immagine di quei primi uomini carichi di meraviglia davanti alle cose, lo sforzo di tirare fuori suoni diversi dalla bocca finché questi non si trasformano in parole e le parole diventano lingue. Il grande intraducibile di Norvegia ci lascia immaginare lingue ignote, lingue che non possediamo, lingue la cui unica via d’accesso è l’intuito, lingue che non impareremo. Forse non leggeremo mai Thure Erik Lund e resterà solo un grande mistero scandinavo, una magia di suoni ignoti come l’islandese che cantano i Sigur Rós. O forse non è davvero così intraducibile Lund, dopotutto è divertente che il grande intradotto sia stato tradotto.

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