Lire 26.900 – Frédéric Beigbeder

C’è una malattia, tipica dei nostri tempi, devastante, che lascia intatto il corpo corrodendo con la massima ferocia la mente degli individui. Questa malattia si chiama “Consumismo”.

Lo sa bene Octave Parango, pubblicitario francese dipendente di una multinazionale della comunicazione, che su quel diffusissimo morbo ha costruito le sue fortune professionali. Sa bene cos’è che fa muovere il denaro e l’economia, e cioè il desiderio di possedere questo o quel prodotto, di mangiare questo o quello snack, di acquistare qualsiasi cosa che la pubblicità riesca a far percepire al consumatore come desiderabile.

Octave (alter ego dell’autore, il quale ha lavorato realmente per un’agenzia pubblicitaria: la Young & Rubican) è parte di questo meccanismo, uno degli ingranaggi principali: è lui, con la sua professione, a creare sogni e finti bisogni e a spingere milioni di persone belanti a fare di tutto per saziare la propria fame di Possesso: protagonista, eppure contemporaneamente antagonista di quello stesso mondo, fatto di arroganza, saccenza, avidità, dal quale ha ormai deciso di uscire in maniera plateale.

Octave lavora per la Rosserys & Witchcraft ed è quello che si definisce un “creativo”, con la sua abilità di utilizzare le parole, giocandoci e adattandole a ogni necessità, per creare slogan (anzi no, i veri creativi dicono “claim“!) che si incollino alla mente delle persone per anni, mutando i loro comportamenti d’acquisto.

Osserva, provoca, sputa idee di ogni tipo, il “creativo” Octave e, per il suo contributo alla causa delle più grandi aziende mondiali, guadagna cifre che i comuni mortali non vedranno in un’intera vita lavorativa.

Eppure, il romanzo di Beigbeder parte dall’assunzione di consapevolezza dello stesso Octave, del marcio che circonda la propria professione. Il protagonista osserva, vivendolo dall’interno e partecipandovi attivamente, lo squallido tentativo di manipolazione che sta dietro alla promozione di ogni prodotto lanciato sul mercato e, in parallelo, si ritrova ad affrontare il crollo del proprio stato mentale in una vita precipitata nel baratro dell’incapacità di coltivare sentimenti, schiava della droga, del sesso facile e del denaro, che tutto può e, in fin dei conti, nulla offre realmente.

Octave ormai odia la sua vita e vuole farsi licenziare (ed è ciò che Beigbeder otterrà realmente nel momento in cui il suo libro verrà pubblicato), così, mentre raccoglie appunti per il suo scomodo romanzo, assume comportamenti sempre più irriverenti e sarcasticamente polemici con superiori e clienti; si mette in mostra con le sue “stranezze”; cerca di farsi spingere fuori dal “gioco”, ma senza riuscirci, se non dopo una serie di intrecci inaspettati che portano a conclusioni estreme per più di un personaggio del libro.

Tra piogge di slogan (claim, si dice claim!), che ormai scandiscono le nostre vite più dei nomi dei nostri parenti più prossimi, parallelismi tra il mondo della pubblicità moderna e la propaganda nazista, nonché tra multinazionali e gerarchie militari; tra le verità sputate in faccia al lettore con il più spietato cinismo e una narrazione talvolta portata all’estremo, Frédéric Beigbeder si “limita” a raccontare una realtà dei giorni nostri, che quotidianamente tocchiamo con mano senza accorgercene, provando forse, pur senza intenti didascalici, anche ad aprirci gli occhi, in una fase storica in cui siamo riusciti ad incatenarci e schiavizzarci da soli, semplicemente cedendo alle lusinghe di quella società capitalista che continuiamo a criticare e, al tempo stesso, ad alimentare giorno per giorno.

“Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Cielo sempre blu, ragazze sempre belle, una felicità perfetta, ritoccata in Photoshop. Immagini leccate, musiche nel vento. Quando, a forza di risparmi, voi riuscirete a pagarvi l’auto dei vostri sogni, quella che ho lanciato nella mia ultima campagna, io l’avrò già fatta passare di moda. Sarò già tre tendenze più avanti, riuscendo così a farvi sentire sempre insoddisfatti. Il Glamour è il paese dove non si arriva mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma. La vostra sofferenza dopa il commercio“

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