Mac DeMarco – Salad Days

La chitarra di Mac DeMarco ha qualcosa di magico, ti porta verso qualche mondo nascosto, scava dentro un percorso immaginario che ha dello psichedelico (non useremo la parola retrò a sproposito, perché di retrò oggi si muore). Al terzo album in solo il musicista canadese inizia a diventare una conferma, dopo il progetto Makeout Videotape col batterista Alex Calder (quasi tutto in self-released e homemade), Mac DeMarco è ormai lanciatissimo con la Captured Tracks, tanto da diventare uno dei padrini dell’etichetta di Brooklyn. Cos’è il jizz jazz che Mac ci tiene tanto a dire di suonare? Lui lo definisce così: una parola divertente che ha iniziato a pensare quando ha lavorato a Rock and Roll Nightclub (il primo album in studio) con quegli strani effetti della chitarra, che poi hanno rimarcato il suono di DeMarco per tutti e tre i dischi (forse riuscirete a sentire questo sound anche più forte nel secondo lavoro, 2). Ha il suono del formaggio, dice lui – e ci fidiamo di uno schizoide come Mac quando dice certe cose. Ci sono echi di Ariel Pink dentro? Forse. Di certo c’è che ci sono effetti weirdo dentro i pezzi di Mac fin dall’esordio con la Captured Tracks. Di certo è un tipo autoironico, come dimostrano certi video poco virali. Potete comunque ascoltare tutto il disincanto amaro del jizz jazz in un pezzo simbolico dello stile Mac DeMarco, o quello di cui lui parla, My Kind of Woman. E poi passare all’altro lato del jizz jazz di Mac, che a inizio 2014 ha dedicato una canzone anche alla fica, A Little Bit of Pussy.

Salad Days inizia con la titletrack jizz jazz Salad Days, che si accompagna in sali-scendi vocali e tentativi di coretti sparsi (ormai ci abbiamo preso così gusto col genere che lo nominiamo senza sapere cosa sia di preciso, anche se esiste addirittura un urban dictionary in rete per i più dubbiosi). L’abum appare in realtà un lungo continuum di 2, Blue Boys avrebbe potuto trovarsi anche nel secondo lavoro senza fare una grinza all’ascolto, Brother (che inizia con uno shit!) pure. Aleggia comunque tutta la scanzonatezza cazzona di un Devendra Banhart dal sound meno folk negli intramezzi del disco, come in Let Her Go (che riprende poi il passo poco dopo con un Let my Baby Stay). L’addio al weekend di Goodbye Weekend è quasi surf.

Resta comunque viva tutta l’attitudine slack rocker che lo ha contraddistinto sin dagli inizi, come quando ti prende la voglia cieca di cercare un pacchetto di sigarette Viceroy dopo aver sentito Ode To Viceroy dal secondo album, Cause oh, honey I’ll smoke you till I’m dying. Vi ricordate del meraviglioso album di Kurt Vile, Smoke Ring For My Halo? Forse dentro questo Salad Days a tratti potete sentirlo rivivere, anche se in maniera meno prorompente e assassina di come riusciva a fare Vile: provare Treat Her Better per credere. Per poi lasciarsi trasportare da Chambers of Reflection dentro un’atmosfera completamente diversa. Controverso e schizoide, Mac ci guida in un viaggio dentro se stesso: forse quello che bisogna mettere in calce è quanto sia tutta una questione di personalità. Mac DeMarco ce l’ha sicuramente. E anche tutte le carte in regola per esplodere, se vogliamo farlo esplodere.

TRACKLIST

1. Salad Days
2. Blue Boy
3. Brother
4. Let Her Go
5. Goodbye Weekend
6. Let My Baby Stay
7. Passing Out Pieces
8. Treat Her Better
9. Chamber of Reflection
10. Go Easy
11. Jonny’s Odyssey

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