ManzOni – Cucina povera

Certe cose, quelle importanti, vantano pochi luoghi nei quali poter essere sussurrate: nelle camere da letto, negli anfratti delle case che proteggono le nostre solitudini, dentro le cucine pregne del profumo del cibo in una giornata invernale. Quando la semplicità di un gusto ti riempie il palato di sapori che pensavi dimenticati e non puoi non compiacerti di averli riscoperti, perchè lo scorrere del tempo, le esperienze vissute, gli sguardi incrociati, gli insignificanti dettagli del quotidiano a volte sembrano così lontani, finchè qualcosa non li risveglia e li fa apparire nitidi e perfetti.

Cucina Povera” dei ManzOni è un’opera che si nutre di quei dettagli dimenticati che stanno in sordina e che ogni tanto vengono fuori, è un’opera che profuma di ricordi e nostalgie, di istantanee tanto semplici, quanto difficili da raccontare. Appare in totale controtendenza con la musica che gira nel nostro paese: contiene nove tracce in bilico tra letteratura e musica, tra poesia e psichedelia, nove canzoni tutt’altro che semplici, che vantano un bouquet di suoni che va dal noise, al post-rock, dai muri di feedback al calore delle chitarre acustiche. Tappeti sonori ben tessuti, su cui si adagia il recitare sussurrato di un ispiratissimo Luigi Tenca. È un disco profondo e complesso ma che, se ascoltato con lo spirito giusto e la dovuta attenzione, può conquistare già al primo ascolto.

Il pasto frugale inizia con la TV accesa in sottofondo che passa immagini di repertorio, con i TG che parlano della crisi e snocciolano le preoccupazioni di chi ha lavorato per una vita intera e si preoccupa per il futuro dei suoi figli. Mario in diretta Tv è solo la prima istantanea: la storia di una bestemmia, che i bip della censura non fanno in tempo a coprire. Il boato del mondo che invade le nostre intimità, che fa da sfondo ai pensieri nascosti nei diari pieni di polvere, quelli che sono così nostri, che si fa fatica a coprirli con la voce. Un post-rock da soundtrack autunnale, con l’incedere marziale di una batteria, accompagna la dedica a una madre, struggente come solo i sentimenti veri sanno essere, un po’ come l’amore raccontato in Scusami che farebbe impallidire chiunque, con la sua carica emotiva e il suo trasporto.

I testi di questo disco sono universali, appartengono a tutti; commuovono perché ti scavano dentro, un po’ come guardarsi allo specchio e rivedere sogni e delusioni, dubbi e certezze. Sono racconti fatti di parole centellinate, ben scelte, nessuna superflua. Ogni cosa è al suo posto. E quello è l’unico posto in cui, mentre ascolti vorresti essere. C’è il ricordo di un padre, vissuto in un’epoca che sembra ormai lontana, ma che continua ad avere punti in comune con il presente in A mio padre, c’è il viaggio breve fatto di gioie semplici e piccole imperfezioni non calcolate raccontato nella meravigliosa In Toscana, e poi La Strada, quella strada che in dieci lunghi minuti trasforma il teatro canzone in un pezzo noise incredibile, uno di quelli da pelle d’oca continua.”Cucina povera” è una cartolina ingiallita dal tempo, una di quelle nascoste in un cassetto qualunque, che un giorno per qualche strana ragione ti trovi ad aprire, così ti scopri a riguardarla quella cartolina, a rigirarla tra le dita segnate dal tempo, a ubriacarti di nostalgia, pensando che dopo tutto, vale la pena di essere ancora vivi. Chapeau.

Garrincha Dischi, 2012

Tracklist:

  1. Mario in diretta TV
  2. Dal diario, a mia madre
  3. Scusami
  4. Ed ecco l’alba
  5. Una garzantina
  6. A mio padre
  7. Dimmi se è vero
  8. In Toscana
  9. La strada
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