Maria Antonietta @ Lanificio 25

Foto: Claudia Ascione

Che voce particolare ha Letizia Cesarini! Se ne era accorta già Ilaria Del Boca quando recensì su queste pagine virtuali il disco d’esordio di Maria Antonietta, che diventò presto un mantra per il cantautorato femminile. Di donne rigorosamente punk in Italia ne abbiamo poche, del resto basti sfogliare qualche intervista alla nostra per intenderci, le ispiratrici sono straniere: Pj Harvey, Courtney Love, e via dicendo. Al grido di “non sono una signora” che inaugurò la tradizione delle donne di contestazione della musica italiana, Maria Antonietta riprende un vecchio riff che riporta nella chiusa del live a cappella, nessuno ha capito niente di me neanche questa volta / ma non importa / buffo come a 23 anni non so ancora come ci si comporta. Maria Antonietta ha iniziato a suonare da sola dal vivo, e torna in versione chitarra e voce sui palchi per rinfrescare la memoria sul disco che l’ha consacrata nell’ambiente indiochic. Il gruppo che fine ha fatto?per ora non si sa, tornerà sicuramente sul palco accompagnata dopo le nuove registrazioni. “Sto lavorando al nuovo disco in casa” dice. Il pubblico di Napoli la accoglie come se l’aspettasse da tempo.

Ad essere sinceri bisogna dire che in solitaria Maria Antonietta non ci guadagna: l’anima punk si disperde nei suoni troppo alti della chitarra acustica, e la voce ne viene forse fuori un po’ offuscata. Dietro di lei, sul palco del Lanificio 25, una scenografia che ne mette in luce tutte le contraddizioni: un lungo velo che ci fa subire il fascino dell’altra parte della cantante autrice, quella delle madonne italiane, più folk, diciamo che ha più il gusto di un caffè napoletano e di un giro tra i vichi che quello della cresta anti-thatcheriana (ed è bello che convivano due anime così diverse in una sola persona). Il sapore delle pillole (refrain) è un eterno ritorno nei testi della nostra, e così ci rifacciamo la bocca di medicine dispensate dal palco (ma siamo pur sempre a Napoli, e quindi facciamo corna). E’ la prima volta che Maria Antonietta tocca Napoli, e arriva probabilmente stanca (del resto per una che ha scritto canzoni come Stanca non è che sia una novità). Personalmente non l’ho mai amata, ma la voce e il talento ci sono. All’inizio qualcosa non va nel verso giusto, è ovvio che lo scheletro acustico di pezzi come Questa è la mia festa oppure Con gli occhiali da sole siano totalmente diversi senza accompagnamento. Ahssì, melodicamente si potrebbe dire che siamo quasi nella stessa direzione, però si sente uno stridio in più, e per una che già stride di suo è difficile farci l’orecchio. Ma questo è un passo, non una consacrazione.

Stanno tutti aspettando al varco la pesarese rossa per il disco prossimo: conferma o sòla profonda? C’è a chi importa assai, a chi frega niente in fondo. Tutto il resto è occhiali da sole a dicembre. Il pubblico la canta però, conosce già i testi a memoria, e questa è una soddisfazione per lei in un’epoca di dimenticanza. Resta il fatto che ci presenta un nuovo brano, dedicato a uno dei suoi interessi principali, il diavolo – dice proprio così la rossa. E questo modo di provocare di pubblico, con la faccia semi-seria e un po’ sfacciata, è quasi una boccata d’aria fresca. Il punk mica è una cosa che s’impara, è un moto che ti risale da dentro, e devi sputarlo fuori con quella faccia un po’ così. Da Maria Antonietta (a ognuno la sua interpretazione).

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