Mogwai – Rave Tapes

Il post-rock è di Glasgow.

Nonostante gli Slint. Nonostante i Tortoise. E dio santo, l’avrete pur capito che i Sigur Ros sono un’altra cosa.

Non può che essere così se ancora nel 2014, dopo 7 album in studio e 2 colonne sonore (che per un gruppo del genere dovrebbero essere considerati dei veri e propri album), i Mogwai, riescono ad aggiungere un ulteriore tassello al disciplinare di un genere che oramai si può dire sia definito dalle stesse pubblicazioni degli scozzesi.

Con buona pace delle definizioni precostituite.

Rave Tapes, ottavo disco in studio, si apre con un synth molto initimista che per i primi 5 minuti buoni scandisce, al ritmo del delay molto lungo dal quale è processato, una linea distesa di chitarra e batteria a disegnare l’atmosfera onirica di Heard about you last night.

Nelle successive Simon Ferocius e Remurdered, il primo singolo estratto dal disco, si inizia a sentire in maniera più decisa la novità di questo album, la presenza cioè di suoni elettronici non più subalterni agli strumenti analogici, ma oramai veri e propri comprimari. Nella prima, un paio di tastierine e la batteria fanno tutto il lavoro di sottofondo, concedendo libertà d’espressione alla chitarra che passa dall’arpeggio con tremolo e delay, al feedback spinto; la seconda, invece, è caratterizzata da quel cambio di passo tipico del genere, tra l’atmosfera tesissima degli inizi, suonata da chitarra e tastiera con la batteria che detta sapientemente i tempi, e la deflagrazione cui si assiste a metà brano quando cioè il basso diventa distorto ed i polsi del batterista si fanno progressivamente più rigidi e pesanti, il tutto portato avanti, novità non da poco, da un inesorabile arpeggio di tastiera 8-bit.

L’elettronica fa la voce grossa anche nella seconda parte del disco: Deesh, Blues Hour, tra i momenti più intensi dell’intero disco, e No medicine for regret sono tutti e tre brani in cui il synth costituisce una parte parecchio importante, arricchendo senza mai snaturare il suono tipicamente Mogwai.

Episodio peculiare del disco sicuramente è Repelish. Nel brano in questione la band gioca con il recitato, elemento imprescindibile per molte altre band post-rock; in un’atmosfera confezionata ad hoc in cui si respira un’inquietudine che corre appena sotto il pelo dell’acqua, Stuart Braithwaite, con studiata irrequietezza, argomenta un discorso riguardo ai messaggi satanici veicolati in Stairway to Heaven (chi si ricorda Mogwai fear Satan?).

Non manca poi uno sguardo al passato con le più convenzionali Hexon Bogon e Master Card che, ciascuna per il suo verso, richiamano i lavori precedenti, senza però rappresentare uno stacco con il resto del disco, anzi probabilmente contribuiscono ad amalgamare meglio il vecchio ed il nuovo.

Alla voce di Braithwaite pesantemente effettata, è affidato il brano di chiusura, Lord is out of control, secondo singolo di Rave Tapes; il vocoder trasforma la voce nel principale strumento che ha il compito di disegnare la calma quasi religiosa con cui i Mogwai hanno deciso di chiudere questo lavoro, che fa il paio con quella ora intimista, ora orchestrale (sembra una contraddizione, ma ascoltare per credere) della già citata Blues Hour.

Rave Tapes , complice la produzione di Paul Savage, già presente nel precedente Hardcore will never die, but you will, ma anche in Happy songs for happy people e Rock Action, rappresenta per il gruppo di Glasgow un’ulteriore conferma, vista l’incredibile coerenza con la produzione precedente (parrebbe che il gruppo si sia messo a lavorare su questo disco il giorno dopo aver terminato i lavori per la colonna sonora di Les Reveneants, tanto se ne avverte l’influenza), ma allo stesso tempo anche una significativa variazione sul tema. Variazione da intendersi non come rottura con il passato appunto, ma come il frutto dello stratificarsi armonioso di ulteriori elementi di novità su di un modo consolidato di fare musica. Il suono pur non subendo stravolgimenti, ne esce ancora una volta maturato, ma mai scontato, nè tantomeno stucchevole.

Questo da una band con diciott’anni di onorata (ed ininterrotta) carriera.

Capito perché il post-rock è di Glasgow?

Rock Action/Sub Pop, 2014

Tracklist:

  1. I heard about you last night
  2. Simon Ferocious
  3. Remurdered
  4. Hexon Bogon
  5. Repelish
  6. Master Card
  7. Deesh
  8. Blues Hour
  9. Medicine for regrets
  10. The Lord is out of control
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