Nicolas Jaar – Sirens

Ci sono dischi che solo ad averne in mano la custodia ancora sigillata, hai la sensazione di stringere il possibile disco dell’anno. Il nuovo Sirens di Nicolas Jaar è un lavoro molto atteso, sia in quanto secondo vero e proprio LP dell’artista e produttore cileno-newyorkese dal fortunato esordio del 2011, Space Is Only Noise, sia a seguito dell’uscita della notevole serie di singoli Nymphs, distribuiti lungo tutto il 2015, che l’hanno anticipato.

Sirens in qualche modo continua la serie precedente attraverso il richiamo alle mitiche figure acquatiche, distaccandosi anni luce dal primo lavoro: in modo simile ai brani più recenti ma al contempo diverso, come sono diverse nella natura le creature a cui si riferisce, è un disco anomalo, disorganico, visionario. Alle atmosfere evocate dalle ninfe, in questo caso Jaar sostituisce nuovi suoni ovattati e liquidi, nuovi fruscii e brusii in sottofondo, ma non abbassa il livello di ricercatezza della composizione. La struttura pure è difficile da ricondurre al classico full-lenght: una tracklist molto ridotta, composta da 6 brani di minutaggio compreso tra i tre minuti e mezzo dei più compatti Leaves e History Lesson e gli 11 minuti abbondanti del brano introduttivo Killing time, una soave melodia che parte lentissima e che uccide dolcemente, che suona come quella che ha ammaliato la ciurma di Ulisse durante l’epico viaggio verso casa.

Omologia e differenza sono dunque le chiavi per decifrare e descrivere un lavoro che sfonda anche i limiti dietro cui la sperimentazione precedente pareva fermarsi, soprattutto quelli relativi a cosa aspettarsi da un disco che ambisce a riscrivere l’elettronica dance. Se per esempio, nei suoi 13 minuti di estensione, Swim, il brano più lungo di Nymphs III, aveva conservato l’andamento di una lunga mesmerica marcia ballabile, qui gli unici tra i brani a esibire qualcosa di associabile ad un ritmo sono No e Three Sides of Nazareth. Insomma, tanti giri di parole per evitare di utilizzare una parola che in contesti musicali si usa con grande risparmio: decostruzione.

Il viaggio di questo giovane cosmonauta della dancefloor – all’esordio di Space Is Only Noise, in cui ha mescolato dance e psichedelia con drum-beat in controtempo, Jaar aveva solo 21 anni – a ogni nuova uscita aggiunge un passo ulteriore verso la totale decostruzione dell’elettronica, alla ricerca di nuove modalità di riempire il silenzio senza mortificarne la discrezione. Conferma le aspettative, dunque, questo nuovo lavoro di Jaar, e ha tutte le qualità per entrare nelle top 10 di questo 2016. Tuttavia, all’esaurirsi dell’ultima nota di History Lesson, a me viene voglia di riascoltare tutti e quattro i Nymphs, forse meno ambiziosi, o forse, più semplicemente, assorbire Sirens richiede tempi più lunghi, e una più ponderata assimilazione di tutti i passaggi precedenti, disseminati lungo la via.

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