Of Monsters and Men @ Sexto ‘nplugged – Piazza Castello, Sesto al Reghena

Lo so, Vodafone li ha rovinati. Senza lo spot mandato in loop in questi mesi gli Of Monsters and Men sarebbero solo un simpatico gruppetto islandese, nato per ricordarci che a Reykjavik non tutti hanno l’ambizione di copiare i Sigur Rós e buttarsi dalla finestra.

Arrivo a Sesto al Reghena con il legittimo timore di infilarmi in un’offerta di telefonia mobile, zanzare incluse nei 2 GB di internet gratis. Sexto ‘nplugged, un festival che, insieme alla Sagra della Trota, rappresenta il fiore all’occhiello del piccolo comune in provincia di Pordenone, mostra i muscoli  già all’ingresso.

File di lampadine ornano la Piazza del Castello, mentre il campanile domina il palco. E lo staff tenta in ogni modo a farti capire che dovrai stare seduto. Ce la mettono tutta per costringere il pubblico ad utilizzare delle scomode seggiole rosse. Ci riusciranno. Fino a un certo punto.

Apre il concerto una simpatica, gradevole e davvero troppo lunga esibizione di The Sleeping Tree. L’artista pordenonese regge bene la scena e solo dopo un paio di pezzi si spera che chiuda in fretta.

Dopo un’abbondante spruzzata d’Autan nel backstage, entrano loro, gli Of Monsters and Man. Le  piccole luci accese sul palco che accompagnano, insieme a un sottofondo da lirica su 45 giri, l’ingresso del gruppo ci ricordano che i cinque islandesi sono pur sempre i vicini di casa di Jónsi.

Dirty Paws anticipa quella che sarà la serata: pezzi molto energici e qualche inciampo sulle fasi più lente. Gli OMAM ci mettono meno di due minuti ad accendere il pubblico, complice la nuova consapevolezza tra gli spettatori di quanto Nanna, la cantante che in video sembra la sorella ritardata di Bjork, sia decisamente figa.

Si prosegue con From Finner e fa capolino un altro leitmotiv del concerto: la batteria di Arnar Rósenkranz scorrazza potente tra i pezzi, rendendo tutto molto spassoso. Slow and Steady è croce e delizia non solo della serata, ma anche degli stessi OMAM. Il gruppo è perfettamente rodato e suona al meglio, ma molti brani sono davvero troppo simili tra loro.

Six Weeks Your Bones scivolano bene. Kristján Páll, il bassista, ha una presenza scenica meno sbracata rispetto a quella Rósenkranz, ma più importante. La band qui si riconosce nel prodotto che vende: un genere di musica di semplice ascolto e impestato da cori ridondanti, ma assolutamente piacevole. Gli arrangiamenti sono ricchi e la dimensione nordica sopravvive, al netto dei deliri psicotici di tanti gruppi scandinavi, nei suoi elementi più intriganti e avvicinabili.

Love, love, love è la parte debole del concerto. Sui pezzi lenti l’affiatamento del gruppo si perde. Inoltre Rósenkranz ha la malsana idea di uscire dal proprio angolo della vergogna e mostrarsi a figura intera per suonare la fisarmonica (tutti bravi polistrumentisti gli OMAM). Basterebbero i suoi pantaloni a garantirgli un TSO.

Il punto più alto della serata si raggiunge immediatamente dopo. King and Lionheart è una chicca per coesione dell’esecuzione e divertimento generato sopra e sotto il palco. La sensazione – positiva – è che anche la band si stia godendo il concerto e con Beneath My Bed Lakehouse gli argini si rompono e, anche su invito di Nanna, il pubblico è finalmente libero di alzarsi in piedi. Ringrazia con un urlo la quarantenne sull’orlo di una precoce menopausa che accanto a me si dimena come quella volta a Lignano nell’85 per il Festivalbar. E poi arriva l’attimo tanto temuto.

Ho sperato fino all’ultimo di non incontrare quel momento lì. Ci ho creduto veramente negli OMAM refrattari al refrain. Ho pregato affinché un repertorio di meno di due ore potesse prescindere dal Grande Successo Mondiale. Be’, mi ero sbagliato. La promozione Vodafone irrompe sul palco. Little Talks è servita.

Durante il bis trova posto Yellow Light, l’unico pezzo degli Of Monsters and Men a richiedere una capacità di ascolto superiore a quella dello spettatore medio dello Zecchino d’Oro. La climax finale, enorme e caotica ancor più che su disco, fa intravvedere profondità ad ora inesplorate, ma che promettono bene.

In ogni caso sono passato a Tim.

Immagini tratte da: http://www.turismofvg.it/.

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