È ora di fare i conti con Manuel Agnelli a X Factor

Forse solo in un racconto perduto di Kafka era descritto l’occhio terrorizzante e sublime di Manuel Agnelli versione giudice. Almeno, è questa la sensazione nel corso dei casting di X Factor 2016, quando il cantante degli Afterhours ci appare per la prima volta dietro il bancone, seduto al fianco di Arisa, Fedez e il fenomeno pop dell’estate, Alvaro Soler. Distaccato, inflessibile, Agnelli è il nuovo garante per la cultura, colmando il vuoto lasciato da Elio ma soprattutto da Marco Castoldi, in arte Morgan, volto storico del programma.

Aspre polemiche precedono l’arrivo di Agnelli nel format creato da Simon Cowell. Non è una novità: si tratta in fondo di accuse analoghe a quelle del 2009, quando gli Afterhours partecipano al Festival di Sanremo con Il paese è reale. In quel momento, la band ha zittito i detrattori presentando un brano che è la fotografia impietosa degli anni più bui della crisi, mentre si fa più profonda la sofferenza sociale e anche la decadenza della cultura. Il 2016 è un anno importante: gli Afterhours cambiano formazione e arrivano direttamente al numero 1 con il loro undicesimo album: Folfiri o Folfox. Non sappiamo se da qualche parte nel mondo, qualcun altro abbia conquistato le classifiche con un disco che porta il nome di due trattamenti chemioterapici. Non contento, Manuel Agnelli sceglie di rilanciare la posta, compromettendosi con quello che in certi ambienti sembra quasi il demonio: X Factor.

Come può la voce degli Afterhours prestarsi a un talent show? Come può accettare un tale compromesso proprio il leader della band che (insieme ai Marlene Kuntz) rappresenta il più longevo esemplare di rock alternativo in Italia? La risposta arriva nelle settimane successive. Quando, puntata dopo puntata, Manuel Agnelli dimostra come si possa dialogare con il grande pubblico senza scendere ai più biechi compromessi.

Al primo live Manuel Agnelli si presenta ancora come il principe delle tenebre, camicia bianco candido e giacca rosso sangue: la sua categoria è quella degli over 25, i suoi cantanti si chiamano Andrea Biagioni, Eva Pevarello e Silva Fortes. Già dalle prime assegnazioni la sua strategia è chiara: scegliere dal panorama indie quei singoli che abbiano un forte appeal, ed un primo accessibile livello di lettura. Arrivano così Damien Rice e The blower’s daughter per Silva Fortes, i Radiohead e Fake Plastic Trees per Biagioni; ma la prima vera sorpresa è la tatuatrice Eva, che interpreta con particolare sensibilità Wise Up di Aimee Mann, brano centrale per la colonna sonora di Magnolia (Paul Thomas Anderson, 2000). Come il film con la pioggia di rane, Eva è un animale insolito e carico di emozioni. Il contrasto tra la sua delicata bellezza e il look da punk-rocker, insieme a una vocalità tanto impeccabile che sembra già un classico, ne fanno subito una grande protagonista di questa edizione.

Intanto, il nostro eroe Manuel comincia a mostrare i primi segni di apertura. In realtà, già dai casting non ha avuto problemi a mostrare qualche lacrima. Al secondo live, ha già abbandonato la rigidità del personaggio, gli obblighi e i confini dell’intellettuale-alternative. Ha scelto la naturalezza e un gioco più sottile, e più difficile: quello di un artista onesto. Ed è così che, incredibilmente, quell’entità astratta che chiamiamo “grande pubblico”, ma anche i fan storici degli Afterhours, hanno scoperto qualcosa in più su Manuel Agnelli, capace di grande lucidità, un’eleganza innata, ma pure di grande ironia. Chi si aspettava gli eccessi di Morgan o l’attenzione di Elio per la tecnica, è rimasto ampiamente deluso. Agnelli infatti parla poco, lo stretto necessario, ma le sue argomentazioni sono chiare, inequivocabili. Non esaspera mai i toni e per questo non sbaglio un colpo, dimostrando che sì, il miracolo è possibile: esiste il modo di contribuire anche alla televisione generalista con contenuti di spessore. Soprattutto, dimostra come sia possibile affermare il proprio dissenso senza gesti sensazionalistici, urla e insulti vari. Il risultato è un esempio mirabile sul piano musicale, dialettico, o più semplicemente umano.

Umano è la parola centrale. Arriverà un momento in cui Manuel Agnelli non potrà che esplodere, di fronte al qualunquismo di Arisa. Per lei quest’edizione è un disastro. Al contrario di Manuel, Arisa parla troppo e quasi sempre a sproposito. Fuori luogo e fuori fase, sbaglia critiche e assegnazioni, perfino i ragazzi da portare in gara (imperdonabile scartare Pink Gijibae). Se in passato la sua stranezza era un punto di forza, ora Arisa mostra evidenti segni di disagio. Sceglie di presentarsi come una persona qualunque, che non conosce musica oltre l’orizzonte del mainstream. Punta tutto sui cliché da reality, sulle storie personali dei cantanti. L’unico che riesca a portare avanti è Loomy, ma lo fa a colpi di retorica: la vita che ti prende a schiaffi in faccia, la famiglia che ti da conforto. Sarebbe stato fin troppo facile infierire su Arisa e la pochezza del suo linguaggio. Ed è qui che Manuel Agnelli ci colpisce un’altra volta. Risponde con grazia, eppure colpo su colpo. Demolisce i punti di vista più inconsistenti, ma quando il confronto degenera, sceglie il silenzio. E alla fine lascia correre, mettendo il rispetto per una persona in difficoltà prima del suo personaggio.

In antitesi a quello che definisce pietismo, Agnelli mostra il suo esempio di televisione. Farà solo un accenno al fatto che esistano storie molto più drammatiche di quella del rapper Loomy. Ad esempio, basta una rapida ricerca su Google per scoprire che Eva Pevarello è figlia di giostrai, che ha vissuto i primi anni della sua vita in un Luna Park, ma soprattutto ha passato gli ultimi a combattere con un linfoma. X Factor per lei è il momento della rinascita. Eppure, né Eva né Manuel Agnelli diranno una sola parola su questa storia, per tutto il corso del programma, finale compresa. Quello che si vede chiaramente, invece, è come Agnelli instauri un legame di vero affetto con i suoi cantanti. Per questo, rinuncia anche ad assegnazioni eclatanti, che denotino la sua appartenenza alla migliore scena indie internazionale. E così il musicista di Hai paura del buio?, quello che suona abitualmente con Greg Dulli, che ha fondato il Tora Tora, il primo Festival italiano di musica indipendente, ha anche il coraggio di non ostentare la sua storia musicale, e stabilire una sola priorità: valorizzare i suoi ragazzi.

Non sempre la strategia funziona. La cantante di origine capoverdiana Silva Fortes esce dopo solo 3 live. Ma da quel momento in poi, Agnelli mette ancora più attenzione nelle sue scelte. È grazie a lui che Andrea Biagioni acquista sempre più mordente, superando indenne 6 live show e arrivando a presentare il suo inedito.

Alla fine, vediamo un percorso che non cerca la perfezione e non teme il dubbio.
Inizialmente il nostro eroe è anche un po’ ideologico: troppo duro con il giovane Fem, troppo indulgente con i fricchettonissimi Daiana Lou, che rifiuteranno platealmente il programma e le sue dinamiche, non prima di aver offerto un’ultima (brutta) esibizione.
È raro come Agnelli abbia scelto di aggiustare il tiro e chiedere scusa. Alla fine, quante autorità della musica nostrana rischierebbero tanto?

La vera antitesi di Manuel Agnelli è Fedez, la sua idea di non essere “provincia dell’impero”, riproponendo le sonorità EDM e le atmosfere dei grandi club internazionali. La teoria di Agnelli è diametralmente opposta: reinterpretare la tradizione musicale italiana “nella sua migliore accezione”. Eppure, dimostra una straordinaria onestà intellettuale e riconosce in Rochelle il vero fenomeno di questa edizione, se pure la rapper di Fedez non potrebbe esprimere un’immagine e un sound più lontano dalla storia di Agnelli.

La vittoria non è destinata né a Fedez né ad Agnelli. Vincono invece Alvaro Soler e i suoi Soul System, quelli che certamente hanno rischiato meno, e rappresentano la più sicura scommessa commerciale. Ci consoleremo pensando ai vertici di Lega e destre varire, quando hanno scoperto che le nuove star del Pop italiano sono una band di “niggas”, immigrati di colore dallo spiccato accento padano. Ad Eva Pevarello spetta comunque il terzo posto con il brano Voglio andare fino in fondo, firmato da Giuliano Sangiorgi.

Agli incorruttibili della cultura indipendente, Manuel Agnelli ha risposto con la sua indimenticabile interpretazione della Mona Lisa di Leonardo Da Vinci. Come a dire che X Factor non sarà il male in sé e per sé: dipende piuttosto da cosa si porta dentro questa cornice.
Su questa e altre provocazioni, c’è ancora molto da riflettere.

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