Panda Bear – Panda Bear Meets the Grim Reaper

La mente degli Animal Collective torna dopo una pausa di quattro anni per parlarci del suo incontro col triste mietitore. La morte, e la paura che essa provoca, sono infatti un tema fondamentale dell’ultimo lavoro di Noah Lennox. L’artista, forse anche alla luce della recente paternità e degli anni che passano senza risparmiare neppure il suo volto da eterno ventenne, ha sentito la necessità di porre in musica le nuove ansie e preoccupazioni che lo attanagliano. Ma non abbiate timore, nonostante i temi trattati non ci troviamo di fronte ad un Requiem, lo psych-pop di Lennox è fresco e brillante come sempre. PB Meets the Grim Reaper non sarà forse la sua opera migliore ma è comunque un disco onesto; un’opera che segna una tacca in più nel percorso verso crescita e maturità.

Sequential Circuits col suo incedere solenne ci introduce al disco vero e proprio che inizia con Mr Noah, già uscito come singolo con qualche giorno di anticipo: un brano dalla struttura circolare e dal ritornello ridondante, di quelli che una volta entrati in mente son capaci di restarvi per ore o giorni. Dopo il breve intermezzo space-strumentale di Davy Jones’ Locker si prosegue con Crosswords, pezzo melodicamente esotico e dal gusto più pop rispetto ai precedenti che sfocia in Butcher Baker Candlestick Maker, apice dello psych-pop del disco nonché gemello in crescendo della traccia successiva. Segue infatti l’altro singolo del disco, Boys Latin: senza dubbio quello di cui ci ricorderemo anche tra alcuni anni grazie soprattutto ad un refrain scritto in stato di grazia, ipnotico il giusto ed estremamente catchy. Come to Your Sense ti trascina in un abisso di sonorità metalliche e di incertezza in cui Lennox sembra dar voce alle sue ansie ed ai suoi dubbi (“Are you mad? Yeah, I’m Mad”). Seguono gli arpeggi di Tropic of Cancer, la delicata ballata che l’artista dedica al padre scomparso, un sicuro topos della sua poetica. Il tocco malinconico resta anche nella successiva Lonely Wanderer, che gioca sulle note dell’Arabesque di Debussy aggiungendovi un tocco onirico. Principle Real risulta a conti fatti un brano debole che fatica a decollare e che viene facilmente scalzato dalle imperiose atmosfere anni ’80 di Selfish Gene. Infine, chiudono l’opera le trame irregolari di Acid Wash, per sfumare al meglio le disparate impressioni generate da questo album così eterogeneo.

Riassumendo, è inevitabile notare come in the Grim Reaper si respiri un’aria di continuità col predecessore Tomboy, forse anche grazie alla sapiente mano di Pete Kember, presente nel missaggio di entrambi i dischi. Allo stesso modo (tranne che in alcune tracce) si percepisce un distacco palpabile da quel capolavoro che fu Person Pitch, dimostrazione evidente del fatto che il percorso di crescita dell’artista si sta sviluppando in un senso preciso e con pochi, giusti rimpianti verso le sue esperienze passate. Nel momento in cui scrivo gli Animal Collective hanno annunciato d’essere al lavoro su un nuovo disco e dunque sentiremo parlare difficilmente di un nuovo disco solista di Lennox nel breve periodo. Staremo comunque ad attendere i futuri sviluppi stilistici del panda portoghese godendoci, nel frattempo, i pezzi migliori di questo disco senza dubbio meritevole.

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