Perché ci innamorammo di Halcyon Digest dei Deerhunter

Sono passati 5 anni dall’uscita di Halcyon Digest dei Deerhunter, un disco che ha aperto il decennio e che forse in qualche modo lo ha già segnato con il suo sound. Di nuovi album intanto i Deerhunter ne hanno pubblicati due, Monomania, e il nuovissimo Fading Frontier. Però non possiamo evitare di ascoltare – ancora oggi – un disco (il primo per la 4AD della band) che – ancora oggi – è considerata una delle migliori uscite degli ultimi anni.

Perché ci innamorammo tutti di Halcyon Digest nell’autunno del 2010, fino a trovare meravigliosa quella copertina spaventosa? Era la voce e il genio di Bradford Cox, quel sound che suonava innovativo e svegliava le orecchie, e passava da una parte all’altra come merce di scambio, ”hai sentito questo disco dei Deerhunter?”, con il sacro consiglio di ascoltarlo per intero, una traccia alla volta e senza premere stop. Cox aveva saputo modulare il sentimento di quel tempo, risvegliare dal torpore dall’elettronica la musica contemporanea. Aveva una marcia in più in corpo, e si sentiva sin dalle prime note di Earthquake.

Che i Deerhunter avessero buttato fuori uno dei dischi più belli del decennio non ne eravamo ancora consapevoli, ma continuavamo ad ascoltarlo, e di tanto in tanto ancora ci caschiamo a premere play su un pezzo a caso, disordinato, finché non ti sale fino in gola l’urgenza di metterlo per intero come quando non riuscivi a smettere. Bradford Cox con la sua magrezza e le carezze della sua tristezza ti cullava, e ti invitava a vedere dal vivo che razza di magia potevano cavarne fuori tutti insieme.

Cosa avevano pezzi come Helicopter di così innovativo? Forse fregava quella sofferenza in bianco e nero del video, il lento distruttivo crogiolarsi dal retrogusto tormentato e oppiaceo.

Microcastle / Weird Era Cont. aveva già dettato un’identità al suono dei Deerhunter, ma il delitto si può dire compiuto con Halcyon Digest. E non è solo il personaggio originale di Cox, controverso e queer, a dare una marcia decisa alla band in cerca di consacrazione, ma anche la cura di un suono nettamente influenzato dalle intuizioni del produttore Ben Allen (Animal Collective) e dalle composizioni di Lockett Pundt (che presta la sua voce in Desire Lines e Fountain Stars). In Coronado spunta un inedito sax (qui l’ispirazione è Exile On Main Street dei Rolling Stones), mentre in He Would Have Laughed un semplice arpeggio riesce a colpire alla sterno e mettere ko.

Il gruppo di Atlanta fa la sua definitiva irruzione nel panorama indie (qualunque cosa voglia dire oggi) contemporaneo, il colpo di fulmine per Halcyon Digest era servito sul piatto che fa girare i dischi. E gira ancora.

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