Port Ypslon

Improvvisamente quello che volevi può diventare quello che non vuoi. Insegui una certa cosa, e poi quando sei ad un passo dal prendertela, scopri che non ti interessa. E’ la perdita dell’interesse la ragione delle stagioni. Voglio dire, se le stagioni sono così diverse e uguali sempre.

Era l’inverno del XX dc/dk, navigavamo per il mare vicino a Port Ypslon, io, Marianne, Jonathan j, ed Eloise. Navigammo per un paio d’ore verso ovest, su un piccolo gommone scuro, col motore acceso, per vedere lo scoglio di Pikay, che ci era apparso magnifico da lontano, alla lunga distanza, ma che da vicino pareva l’inquietante incubo di un capitano incazzato. Tornammo presto a Port Ypslon per un lunguino allo scoglio, mentre si soffermavo sulle cosce di Eloise, a turno su quelle di Marianne, fischiettando una canzone marinara nel cervello. Marianne disse che era una gran mattinata quella mattinata, e che ci saremmo avviati verso un pomeriggio di auto-distruzione collettiva. J. j annuì. Marianne pensava al suo compagno, partito per l’Est, chissà se avrebbe visto il sole, diceva. ‘’Poche cose ci uniscono ora: il sole o le stelle’’, pensai che tutto questo romanticismo mi faceva venire voglia di ficcarmi due dita in gola e me ne andai al cesso. Non presi a vomitare sul serio, avevo solo voglia di spiare dal finestrino del cesso del locale di Bum Bum qualcosa. Non vidi nulla, solo erbaccia coltivata male. Avevo perduto le speranze di veder risalire un rampicante fin dentro il finestrino. Meditai, mentre scendeva rumorosa una pipì troppo trattenuta, sui ghiacciai nordamericani: dovevo andarci, ben sapendo che non avrei preso il coraggio di partire, pensavo fissamente che fosse il caso di andarci. Tornai di là e dissi: ‘’chi viene quest’inverno con me sui ghiacciai nordamericani?’’, non rispose nessuno. Qualcuno commentò il freddo, come si poteva pensare al freddo mentre c’era quell’afa. Ma a me capita sempre questa disgrazia: pensare ad altro. Se sono da Bum Bum con Eloise e Marianne e J. j, io penso a Blook Molly Heels, e Shabadam, e mi chiedo che fine abbiano fatto, e se passano mai per Port Ypslon. Per quanto mi riguarda potrebbero esser morti di tisi. In quel momento noto che una delle due commensali mi fissa gli occhi, ma non riesco bene a definire il come. Io le guardo il collo, e penso alla possibilità che dei pirati di mare le incidano qualcosa col coltello caldo dentro il sangue. Non so perché mi passino di questi pensieri, forse è perché non capisco se il gesto di fissarmi gli occhi sia un’invasione o una delizia. A un punto passa Mary Jane III, con la sua chioma bionda mi urla che l’estate sta già finendo e ha voglia di migrare al Sud per continuarla. Le dico, vai in Kenya Mary Jane III! Lei mi mostrà il terzo dito e si siede in braccio a J. j, tutta corrotta. Port Ypslon sembra drammaticamente bella in quel momento. Bum Bum ci porta una specie di bevanda digerente col conto, il conto è veramente alto, fatico a ricordare quanti soldi ho in tasca, lancio un’occhiata a Bum Bum, lui mi fissa e va via senza rispondere a niente; intanto Mary Jane III chiede perché diavolo non sia stata invitata a sedersi con noi, io dico che non avevamo nessuna intenzione proprio quella mattina di passare del tempo con una bionda, lei mi butta cinque cents contro un sopracciglio, io urlo ‘’sei matta?!’’, mi alzo e vado a fumare una sigaretta fuori dal locale, mentre un turista croato si affoga con gli spaghetti. Eloise viene a prendermi, ‘’non è il caso di far finta di andarsene per non pagare il conto!’’, io la fisso e rido e aggiungo ‘’quella è una troia!’’, e lei annuisce guardando Mary Jane III che è ancora seduta sulle cosce di J j e fuma il suo tabacco coreano. Poi arriva Marianne, ‘’mi sta sul cazzo Mary Jane III’’, dice. All’improvviso mi rendo conto quanto sia diventato uno sport nazionale odiare M J, e allora mi dispiace, prendo a cuore la cosa, e dico ‘’vabè, torniamo al tavolo a pagare’’. Bum Bum urla che dobbiamo liberare subito il tavolo. Gli mando un vaffanculo dal mio cervello. Vaffanculo anche per la musica che ci stai costringendo a sentire. Marianne pensa di partire per l’Est, ce lo comunica mentre caccia i soldi da una borsetta arancio. Vacci pure, le dico. Improvvisamente mi prende un crampo al braccio che mi arriva persino alla mano sinistra, faccio qualche smorfia, M J si alza dalle cosce di J j, Eloise mi chiede dove andiamo, io dico dove vuoi, Marianne dice di aver perso dei soldi dalla borsetta arancio, J j si allontana con M J, io rido a gran voce, Eloise mi fa un’occhiata complice, la borsetta arancio cade a terra e fa rumore, la prendo prima del turista croato e allora ce ne andiamo alle banchine di Port Ypslon, tutt’e tre. Mi torna in testa per un attimo solo Shabadam, e il ghiacciaio americano. Quanto tempo ho perduto senza metterci un piede in quel ghiacciaio. Ricordo chiaramente che per un anno intero ho progettato questo fottuto viaggio nel Nordamerica, senza neanche un ridicolo perché, ho anche studiato tutte le mappe, le tappe, i giri da fare. Ma poi mi bloccava il sole. Fottutissimo sole. E allora restava un vagheggio, un’ideuzza del cazzo. Come Shabadam che non vedo da otto anni, e chissà se vive ancora. Nel suo villaggio a Nord. Ma poi se organizzassi la mia spedizione in Nordamerica, sul serio, che ne penserei seriamente? Non posso saperlo, da qui a Port Ypslon, ma immagino che ora immaginarlo sia un’ipotesi meravigliosa. Eloise sorride, Marianne vuole andare all’Est. Mi pentirò di andare nei ghiacciai.

Exit mobile version