Precarietà e salute mentale: La lavoratrice di Elvira Navarro

Da quando ero una lavoratrice freelance e il mio animo naufragava, questa cosa che prima mi feriva appena, sta diventando un motivo cruciale del mio turbamento.

Se c’è una cosa che, nel mare magnum dell’editoria, riescono a fare molto bene le realtà indipendenti, è permettere ai lettori di scoprire voci sempre nuove e, con queste, sorprendenti modi di raccontare la realtà. È il caso della spagnola Elvira Navarro, che ha presentato al Salone Internazionale del Libro 2019 il suo romanzo La lavoratrice, arrivato da poco in libreria per la pugliese LiberAria nella collana Phileas Fogg, tutta dedicata alla narrativa straniera, e nella traduzione di Sara Papini.

Il talento di Elvira Navarro è già noto in Spagna, tanto che nel 2010 è stata inserita dalla rivista Granta tra i ventidue migliori scrittori in lingua spagnola del mondo sotto i 35 anni. Nel 2014 la rivista El Cultural ha inserito proprio La lavoratrice tra i dieci migliori romanzi di quell’anno.

All’epoca non avevo nulla da fare. Dico nulla e intendo dire NULLA, aprendo la bocca così [Susana aprì la bocca e ci infilò il pugno intero], e non sai fino a che punto deprime che la realtà, o la tua testa, sia un pezzo di vetro rotto, opaco, abbandonato sul ciglio di un marciapiede.

La trabajadora è Elisa, vive a Madrid e lavora per un grande gruppo editoriale. Prima come dipendente, poi come collaboratrice esterna. Non c’è da stupirsi: l’editoria è in crisi e i tagli al personale sono all’ordine del giorno. Meglio tenersi il lavoro da freelance. Con questo cambiamento in peggio della propria condizione economica (i pagamenti rallentati, nessuna garanzia rappresentata da un contratto, il passaggio alla vita da partita iva e i ritmi serratissimi con cui deve fare i conti), Elisa è spinta a trasferirsi in un quartiere periferico della città e a dover cercare una coinquilina con cui dividere l’affitto. Qui entra in gioco Susana, una donna giunonica, dall’accento straniero e di cui Elisa sa poco e niente. Arriva Susana e con lei una serie di stranezze o presunte tali che Elisa si sforzerà di raccogliere in un racconto che apre la prima parte nel romanzo La lavoratrice.

Particolare copertina

Tutto quello che ti sto raccontando accadde quando non esistevano i cellulari e le telefonate potevano essere registrate da quelle segreterie telefoniche con cassette. Adoravo il bip, la mia voce registrata che cercavo di rendere come quelle dei film, roca e sensuale, cosa che risultò inutile. Conosci bene la mia voce: sembra che mi stia pulendo le corde vocali con un fazzoletto.

Ripensando agli sforzi psicofisici di Elisa per tenersi a galla in una situazione lavorativa estenuante e che la sta del tutto annullando, il titolo in lingua originale di questo romanzo, dalla parola trabajo, evoca proprio il concetto di sfinimento, di lavoro più fisico che mentale. Ci sta, perché più avanti Elisa comincia a stare male psicologicamente e arriva ad unire le sue ansie e le sue ossessioni con i racconti di deliranti di Susana, quella stessa ragazza che, sempre a Madrid incontrava uomini di tutte le età in un bar avanzando una proposta tanto precisa quanto assurda.

Una storia in tre parti, quella di Elisa La lavoratrice, che Elvira Navarro inizia con un racconto nel racconto, poi procede a parlarci della precarietà della sua protagonista per chiudere, infine, con una Madrid sempre presente che fa sì da sfondo, ma anche da unica e sola certezza possibile.

Quando Susana arrivò all’appartamento erano alcuni mesi che non vedevo un soldo. Avevo tentato invano di cercare un impiego in altre case editrici. Col suo lavoro da centralinista, la mia inquilina riceveva puntualmente lo stipendio, e a partire dalle cinque del pomeriggio non doveva più occuparsi di nulla, mentre io combattevo con le bozze dei libri fino alle otto, e vivevo nell’attesa che mi pagassero.

La lavoratrice è un romanzo coinvolgente, racconta dei problemi economici e dei disagi psichici collegati di moltissimi giovani, eppure lo fa senza consolare nessuno. Elvira Navarro non ci dice mai che troveremo una soluzione, che tutto andrà per il verso giusto, che presto riusciremo a fare il lavoro dei sogni. Al contrario La lavoratrice, con quel suo stile duro e spietato, non ci culla e non ci giustifica, come se volesse dare uno scossone a chiunque viva una situazione del genere e, a fine lettura, ci riesce decisamente bene.

Exit mobile version