Il dibattito sulla pubblicità sessista e i puritani che non amano le mutande

Ultimamente solo per caso mi imbatto nei peggiori dibattiti italiani, della serie quello sulla pubblicità sessista, che mi è arrivato sott’occhio per un articolo random di DoppioZero. E si sa che oggi tutto il mondo intellettuale ruota attorno a dichiarazioni di Laura Boldrini, perciò la citiamo per capire di cosa stiamo parlando: ”serve porre dei limiti all’uso del corpo della donna nella comunicazione. È inaccettabile che in questo paese ogni prodotto, dallo yogurt al dentifricio, sia veicolato attraverso il corpo della donna. In Italia le multinazionali fanno pubblicità usando il corpo delle donne mentre in Europa le stesse pubblicità sono diverse.”

Partiamo dal presupposto semplice che io ho sempre sostenuto le battaglie di libertà islamiche per l’emancipazione dal burqa, ovvero: chi non lo vuole indossare deve assolutamente avere la libertà di non portarlo, e via tutte le diatribe sulle tradizioni morali da tenere strette al seno, e il relativismo culturale che finisce per giustificare qualsiasi cosa (l’infibulazione? ma è l’espressione di una cultura). Premesso questo, trovo che stiamo tornando reazionari e bacchettoni come prima della svolta dei Sessanta/Settanta. E comunque rasentiamo l’ipocrisia culturale a volte, se ci aspettiamo che immagini come quelle di una Birkin con le gambe scoperte debbano andare ri-modificate e ri-modellate secondo il buon gusto della società (auspicata dalla Boldrini).

Non oso immaginare di svegliarmi in un mondo peggiore di quello che copre le donne nei manifesti e pubblicità (e poi anche in società) perché crede nell’esistenza di una correlazione col femminicidio, gli stupri, e via dicendo. Non oso immaginare un mondo peggiore di quello che censura la libertà di Kate Moss di stare comodamente in mutande durante uno scatto fotografico.

Pensare che Kate Moss stia gridando ”stuprami!” è da figli dell’Ottocento (a.c.). E penso che l’errore di fondo sia il solito: non capire la bellezza della diversità umana, il semplice fatto che esistano delle differenze individuali che vanno al di là della dinamica ottusa uomo/donna. Nessuno vieterà mai alla Boldrini di indossare quello che desidera, nessuno deve vietare a Kate Moss di accettare scatti in mutande. Nessuno vieterà alla Barilla di fare le pubblicità che desidera, nessuno deve vietare a un produttore di yogurt di fare le sue di pubblicità (non credo che questo porterà all’aumento di stupri nel mondo, anche perché è raro incrociare Kate Moss nuda al supermercato).

Non riesco a capacitarmi, a volte, di come la storia del mondo sia legata anche a quella del disagio per il corpo: negli ultimi mesi due articoli (di Francesco Pattacini, e Davide Nigro) hanno cercato di indagare e approfondire proprio questo aspetto, il corpo e le sue recite. Io credo che il corpo debba restare libero da ogni genere di tentativo di imbrigiarlo, e che dovremmo essere al punto in cui il nudo non è scandaloso. Tornare indietro attraverso leggi e idee antiquate è come tentare di ridare forza a religioni che si spengono lentamente.

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