Punk: Chaos to Couture in mostra a New York

punk2Negli anni Ottanta nessuno avrebbe mai oltrepassato la soglia dell’impossibile immaginando che un giorno il marcio, il disgustoso, lo sporco punk sarebbe entrato nel museo per essere celebrato dai sacerdoti dell’estetica pulita. “Roba di poco valore”, dicevano a proposito di quel movimento alimentato dallo stile furibondo delle bande giovanili che, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, imperversò per tutta l’Inghilterra. Strizzati masochisticamente in pelle nera ornata da chilometriche catene e trafitta da tonnellate di borchie e spille, i punk, dalle pettinature tenute su con quintalate di lacca e vaselina, seminarono il terrore facendo storcere il naso ai puristi dell’estetica. Estremo, provocatorio, scostumato, trasandato, stracciato, il punk, la subcultura giovanile più espressiva del Novecento, supportato da tonalità acute e suoni distorti, incitava alla violazione di tutti i codici comportamentali borghesi. Il movimento dall’ambiente inglese si diffuse ben presto in tutta Europa, e il suo mood trasgressivo e provocatorio, accantonando la logica rivoluzionaria e i contenuti di denuncia sociale, divenne un autentico fenomeno di moda grazie soprattutto all’operazione commerciale/pubblicitaria messa in atto da due personaggi cari all’iconografia punk, Malcolm McLaren e Vivienne Westwood, che commercializzarono abiti & accessori, e produssero i dischi dei gruppi rock punk emergenti. La rabbiosa anarchia del movimento, nel corso degli anni, ha fortemente influenzato le diverse identità della musica, delle arti visive, della letteratura, del costume.

Al punk e alle sue diramazioni a tinte forti e dissonanti, è stata dedicata l’annuale retrospettiva-evento del Metropolitan Museum di New York. “Punk: Chaos to Couture” – organizzata da Anna Wintour, direttore di Vogue America, curata da Andrew Bolton del Costume Institute, in collaborazione con lo stilista italiano Riccardo Tisci – indaga su tutte le contaminazioni stilistiche con cui l’estetica punk ha dato una frastornante scossa alla moda, anche a quella più alta. A testimoniare l’efficace e prolifico rapporto tra l’estetica della corrente e la moda, sette saloni affollati fra gli altri dalle creazioni borchiate della stilista inglese Zandra Rhodes, dall’abito celeberrimo di Versace con le spille da balia indossato da Liz Hurley, dal vestito Moschino realizzato con i sacchi della spazzatura, dalla t-shirt “Anarchy in the UK”, dai pezzi di McLaren & Westwood, e dai pezzi della cultura del “Do it yourself” esposti per ricordare che “per fare tendenza basta uno strappo casuale e poco strategico”. La mostra – aperta al pubblico fino al 14 agosto – si apre con una ricostruzione del famigerato bagno del CBGB: il locale punk di New York in cui esordirono Patti Smith, Blondie e i Ramones. La controcultura punk, nata come idea rivoluzionaria, si fece estetica e infine moda con lo strano destino, però, di non passare mai di moda.

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