Requiem for Arrigoni

La vita di un idealista è strana e violenta, perchè si sveglia ogni mattina e va a dormire ogni notte coi propri sogni, e poi tenta di comunicarli, e allora scrive, parla, descrive, e viaggia. Perchè il viaggiatore è quello che si apre le porte a una nuova percezione delle cose. Per esempio.

Si dice che Vittorio Arrigoni sia stato ammazzato da un gruppo di salafiti, e che ne sappiamo noi di chi sono questi salafiti se non leggendo qualche riga di infotainment sui dizionari specializzati in rete. Si dice, i salafiti sono i gruppi estremisti islamici, i conservatori, quelli della sharia tanto per intenderci, quelli che l’Islam lo vogliono duro e puro. Ma siamo seduti da questo lato del mondo, e non possiamo conoscere il signor salafita, non possiamo sapere se è stato lui, a che scopo, e che razza di piano avesse in testa – se è un movimento più grande che si approfitta del libertarismo arabo, e si spande contemporaneamente dall’Egitto alla striscia di Gaza. L’intellettuale occidentale è giudizioso, imbandisce il banchetto del mondo e lo guarda da lontano, mentre Arrigoni si trovava quotidianemente a vivere dentro il banchetto furente.

A Gaza succedono cose che noi umani distratti dall’i-Phone e dall’ultimo live neanche immaginiamo. Avevamo un osservatore privilegiato laggiù, e l’abbiamo perso per una guerra fratricida che canta inascoltata, Oh my darling peace, where art thou? Da questa parte del mondo ci siamo divisi in due squadre, i filoisraeliani e i filopalestinesi, perdendo di vista l’uomo, il nocciolo duro della questione. Se riuscissimo a capire che è morto un uomo prima ancora che un italiano, che la morte di qualsiasi uomo in quelle terre violente è morte e assenza di un pezzo di umanità, è dolore e piaga, forse non staremmo a perdere il nostro tempo anche in guerre intellettuali inutili. Vittorio ci ha invitato al viaggio e alla ricerca di verità. Let’s do it!

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