Ridicolizzare il Lavoro

Ridicolizzare.
Fare del lavoro uno scherzo.
Facebook è stato letteralmente invaso da sfottò di tutti i tipi sulla dichiarazione della Fornero di ieri. Se vi siete collegati ad internet o ai social network per la prima volta nella vostra vita, allora non sapete di cosa sto parlando. Riporto la dichiarazione che ha “scatenato il panico” – tanto per usare l’espressione infelice che viene stuprata ogni giorno in ambito giornalistico – in rete: “[i giovani] non devono essere troppo choosy (in inglese: esigenti, difficili, ndr) nella scelta del posto di lavoro. Lo dico sempre ai miei studenti: è meglio prendere la prima offerta di lavoro che capita e poi, da dentro, guardarsi intorno, non si può più aspettare il posto di lavoro ideale, bisogna mettersi in gioco”.

Questa sembra una frase che la Fornero ha pronunciato per poter convincere qualcosa o qualcuno; sembra una di quelle espressioni che si lanciano nell’oceano mediale per cercare una fetta di popolazione che annuisce, sussurrando “ha ragione, è proprio così!”. È andata male a quanto pare. La cosa davvero grave è che, al di là della gogna mediatica a cui la lacrimante ministro è stata sottoposta, nessuno si è interrogato sul significato reale di una simile affermazione da parte di un Ministro del Lavoro (!).

Il processo di “ridicolizzazione” da parte dei media si è visto bene durante lo spumeggiante “Ventennio Berlusconi”. L’espresso – seguito a ruota da tutti gli altri quotidiani e riviste di aria radicale e progressista – contribuì a creare un personaggio “macchietta” (l’immagine a lato dovrebbe chiarire), uno simpatico che un po’ rubava, forse, ma comunque simpatico. Tutti si adoperarono a voler guardare la verdura tra i denti e non tutto il resto. Nessuno si interessava veramente della questione Silvio, finché l’astro nascente Marco Travaglio non piombò da Luttazzi a pubblicizzare il suo libro (in realtà la cosa continua anche adesso ma va a finire che divento troppo polemico).

Cosa c’entra questo con la Fornero? Cosa importa se guardavamo la verdura tra i denti di Berlusconi e ora guardiamo quanto guadagna la figlia di questa Ministro del Lavoro – campionessa di uscite infelici in stile libero – che dice “Choosy”? Signori miei c’entra tutto. Siamo di nuovo qui a ridere mentre la nuova riforma del lavoro distrugge qualunque sogno di stabilità: il lavoro flessibile, precario, sommerso e sottopagato è lì che ci guarda con la sua aria cinica. Siamo la “generazione mille euro” e stiamo là a dire “choosy choosy” e a intonare il Pulcino Pio.

Dobbiamo ringraziare i media che stanno lì a ricalcare cavolate come questa invece di informarci sulle reali conseguenze dell’austerity, sul lavoro, sulla crisi economica e su come la stiamo (?) risolvendo. Sembra che il fatto che lo spread sia ritornato a quota trecento sia la conseguenza delle buone politiche di Monti e non dei sacrifici lavorativi che – con le nuove leggi – abbiamo promesso all’UE. La nostra ignavia in quanto “giovani” è sconcertante.

In merito alle parole pronunciate dalla Ministro ho il dovere di sottolineare due cose. La prima è che non importa il lavoro che troviamo (mi inserisco nella categoria dato che chi scrive lo sta facendo da missionario e ha 25 anni), l’importante è che diventiamo “merce” nel mercato del lavoro il prima possibile. Il neoliberismo non ha vinto, di più. La seconda è che ignoriamo anni e anni di Sociologia del Lavoro (si con le lettere grandi), di analisi e studi su cosa sia il Lavoro, su come si può migliorare e sull’effetto che ha sulle persone incastonate nella società. Giusto per fare gli estremisti – perché un po’ ci piace – pubblichiamo una citazione di Marx che ci pare appropriata: “Il lavoro estraniato sconvolge la situazione in ciò: che l’Uomo, precisamente in quanto è un ente consapevole, fa della sua attività vitale, della sua essenza, solo un mezzo per la sua esistenza” (Marx, Manoscritti economico-filosofici pp. 194-7).

Quello che qui Marx vuole denunciare con il termine “lavoro estraniato” (alienato) è proprio il fatto che il lavoro (dal punto di vista del capitale) non debba essere una estensione-identità di ogni singolo individuo nella sua personalizzazione – e che sfugge alla alienazione – bensì semplicemente un mezzo per poter mettere un piatto di pasta a tavola. Cosa che a quanto pare invece alla Fornero piace, perché dobbiamo “accettare la prima cosa che capita” e non essere selettivi, non trovare qualcosa che si confà a noi esseri unici, ma ingioiare la “prima cosa” (scusate la ridondanza ma questa espressione mi ha fatto proprio uscire fuori dai gangheri) che troviamo.

P.S.: Cara Fornero, prima di parlare si ricordi che lei è un ministro del lavoro.

P.P.S.:  “Fa’ lavorare il tuo servo, e potrai trovare riposo, lasciagli libere le mani e cercherà la libertà. Giogo e redini piegano il collo; per lo schiavo cattivo torture e castighi. Fallo lavorare perché non stia in ozio, poiché l’ozio insegna molte cattiverie. Obbligalo al lavoro come gli conviene, e se non obbedisce, stringi i suoi ceppi.” (Siracide, 33, 26)

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