Se la politica parla coi versi di De Andrè

(Il precedente qui)

Storia di un impiegato fu rinnegato da De Andrè proprio perchè la politica lo tirava per i piedi, una volta da una parte una volta dall’altra, eppure come vorrei che non fosse successo perchè è una storia poeticamente meravigliosa quella che si racconta nel disco. Una storia tutta italiana, una storia d’amore men che di politica, anche se la politica la sfiora: un anarchico che si mette a far bombe, e che ha come complice la sua donna. La canzone del maggio, che praticamente apre il disco, è un pezzo di rottura, ferocemente controculturale, che richiama il maggio francese ovviamente, la rivoluzione, il Sessantotto e tutto il resto: però quel verso ”anche se voi vi credete assolti / siete lo stesso coinvolti” non aveva intenzione di finire sulla bocca della politica di mestiere, nè dentro i titoli delle dichiarazioni politiche, perchè è completamente anarchico e a-politico. E comunque non è questa la storia dell’impiegato, che lascia il suo lavoro per fare le bombe con cui contestare il sistema, dai francobolli agli esplosivi il passo è breve. E lei, questa figura enigmatica che compare per tutto il disco lo asccompagna in questa scelta di rottura. Ma lo abbandona sul finale, se ne va mentre lui fa esplodere il Parlamento. Si nasconde, e lo rinnega: lo abbandona al suo destino in pratica. E’ questa la chiave di volta estrema della storia: il tradimento. Veranno a chiederti del nostro amore non è solo una canzone d’amore e di libertà, è la canzone di un grande sofferenza di chi si sente tradito: quasi appendice di Signorina Anarchia Signorina Libertà intrappolata in un tailler grigio fumo. La stessa donna che lo ha aiutato nella contestazione vivente, ora si intrappolare in logiche borghesi, e va al cinema con una gran pietra al collo. La separazione: da un lato la prigione, dall’altro la vita che continua.
Per questa ed altre ragioni, non ha senso quando la politica parla in deandreista: Faber li avrebbe mandati tutti a cagare.

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