Sfogo tra Wallace, McCain e le Elezioni Italiote

Soundtrack: Ry Cooder – Mutt Romney Blues [Here]


Sembra che i nostri marcescenti impulsi connettivi bloccati alla generazione pre-adolescenzialista alla John Huges (massimo rispetto) non riescano in alcun modo a notare la mancanza di maturità della recente campagna elettorale. Siamo immersi in un crogiolo di informazioni sbagliate nelle quali stiamo riuscendo a fondere l’idea di magistratura con il comunismo, stiamo confondendo l’idea di progressismo con il conservatorismo, non si capisce come mai all’improvviso il Vaticano sia filo-europeista e cosa c’entri un comico genovese con i network, l’elettorato 2.0 e il fascismo.

La verità è che tutta questa confusione è un teatrino per non svelare i limiti della totale mancanza di spessore dei nostri italioti candidati, perché oggi si è fatto del personalismo il vero motore di propaganda sul modello americano. Già di per se è triste fondare un modello politico, che una volta poteva vantare come tendenza fondamentale quello “euro-socialista”, con il leaderismo alla Berlusconi – nomi sul partito, sorrisi, lifting, visi giganti che coprono palazzi grazie a satinati cartelloni pubblicitari – figuriamoci il dover anche guardare i simpatici simboli che potremmo ritrovare sulla scheda elettorale [una galleria è qui e fa ridere eh].

Recentemente mi è capitato di rileggere un libro di David Foster Wallace, “Considera l’aragosta”, nel quale il nostro eroe avantpop – tra le altre miracolose avventure introspettive e non – ha analizzato una parte della campagna elettorale del Repubblicano McCain. In particolare il Wallace ci descrive con viva partecipazione l’episodio – martirio rende meglio – della prigionia di McCain in Vietnam durante la guerra: cinque anni di atroci sofferenze che non posso riassumere io qui derubricando Wallace in due righe, ma quello che posso affermare è che nonostante McCain fosse quanto più distante possibile da me, almeno era uno con un certo trascorso serio, per non dire tragico, che lasciava ben presagire.

Riporto solo poche righe del fu DFW sull’argomento:

“Qualcosa in lui [McCain, ndr] ha fatto pensare a molti che quel signore da noi voleva qualcosa di diverso, e non solo dollari o voti, qualcosa di antico e forse scontato, ma dotato di un suo strano, dolente richiamo, come un odore che si ricorda dall’infanzia, o un nome sulla punta della lingua, qualcosa che è in grado di farci percepire i cliché non come i semplici cliché , ma che ci spinge a riflettere su ciò che termini come “devozione” e “sacrificio” e “onore” possano significare davvero, quasi che le parole possano realmente rappresentare qualcosa”.[1]

Ora facciamo un lavoro di onestà intellettuale e proviamo per un secondo a pensare: quale nome in Italia può essere sostituito a quel “lui” descritto da Wallace con tanto ardore e passione? Fermo restando che se fossi in USA non voterei mai Repubblicano (che vorrebbe avere una controparte in Italia con quell’hipster [2] di Oscar Giannino che fondò ai tempi il PRI – Partito Repubblicano Italiano), quale personalità può incarnare oggi tanta dignità? Non ho trovato nessuno degno di tanta poesia e che meriti un trasporto simile, ma se voi lo avete scovato nei meandri di questa sciatteria pre-elettorale sono felice. Vuol dire che c’è ancora speranza.

P.S.: Se proprio bisogna importarlo questo modello americano, almeno lo si importi bene.

P.P.S.: Immagine di Mario Esposito

 


[1] David Foster Wallace, Considera l’aragosta, Einaudi, 2005, pag. 182

[2] Si scherza, sapevatelo

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