La scrittura di Siri Ranva Hjelm Jacobsen tra isole, mari e mito

Le isole più piccole possono nascere in una notte, e sparire in una notte.

Laggiù sotto il mare, tutte le terre emerse s’incontrano.

Ci sono storie che, per ciascun lettore, sono una vera e propria culla. Qualcosa che va oltre l’essere consolatorio e rassicurante solo sulla carta. Lasciarsi trasportare nella storia dalle parole di chi la racconta. Come se si navigasse in mare aperto. Un po’ quello che succede ogni volta che si legge qualcosa di Siri Ranva Hjelm Jacobsen, scrittrice danese di origine faroese pubblicata in Italia da Iperborea nella traduzione di Maria Valeria D’Avino. Il motivo? Difficile rintracciarne solo uno. Forse quello principale è riuscire sempre a far propria una materia narrativa che parte da molto lontano, e riuscirci mirando al cuore, con una semplicità disarmante.

Le radici trepidano e frugano. Portano particelle morte di un’altra terra.

Isola; Siri R. H. Jacobsen

Già in Isola, il suo primo romanzo, tutto parte dall’incontro tra autobiografia e mito, un genere quest’ultimo protagonista della sua narrazione, letteralmente dall’inizio alla fine. Proprio come nel nostos di Ulisse, Siri R. H. Jacobsen torna sull’isola dei suoi abbi e omma (i suoi nonni). Nel romanzo, in punta di piedi tra Storia e ricordi, si apprende che nonna Marita e nonno Fritz avevano lasciano l’isola spinti da motivazioni e forze diverse: l’una parte decisa, con l’idea di non farne ritorno mai più, alla ricerca di una nuova vita e di una altrettanto nuova sé stessa in Danimarca; l’altro non si è mai tolto dalla mente il desiderio di ritornare nel luogo in cui appartiene, per restare. Quell’Itaca mai dimenticata di Fritz, da cui partire e a cui fare ritorno, un giorno si spera non troppo lontano, si può rintracciare in un luogo preciso: la stessa centrale alla cui vista, anni e anni dopo, sua nipote.

Cara sorella,

tra non molto, grandi foreste ricresceranno in noi, fitte e nere di nutrimento. Pensa a questo. Pensa che saremo l’unico suono al mondo.

Lettere tra due mari; Siri R. H. Jacobsen

Lettere tra due mari (titolo originale: Havbrevene) è qualcosa di diverso: un romanzo breve o racconto lungo ispirato e dedicato al mare, sviluppato in forma epistolare e arricchito dalle tavole dell’artista figurativa e illustratrice danese Dorte Naomi. Pensandolo e strutturandolo in questo modo, Siri R. H. Jacobsen fa sì che il suo libro sia un modo nuovo per guardare al mare nella sua interezza, dall’Oceano e molto oltre, fino a diventare una storia d’amore nei confronti del Mediterraneo. Mare che la stessa autrice immagina e ripercorre appunto da lontano, durante un’estate di scrittura aggrappandosi alle notizie delle troppe morti in quelle acque e agli effetti del cambiamento climatico sulla vita di tutti noi.

Le protagoniste di questo scambio sono due: Atlantica, la sorella maggiore, di ben centottanta milioni di anni e Mediterranea, la minore, di solo cinque milioni di anni. Burbera l’una, più vivace l’altra condividono con le altre un piano ben preciso che aspetta solo di essere messo in atto, allo scopo di ritrovare quell’equilibrio millenario che ora sembra perduto.

È proprio Mediterranea a essere maggiormente legata agli abitanti del suo ambiente, che siano flora, fauna oppure esseri umani. Nelle sue lettere alla sorella questo elemento è più che evidente, insieme a una differenza generazionale che diventa spunto di riflessione scambio e discussione tra le due.

Sempre presente anche il mito, qui incarnato da Icaro. Quest’ultimo è una figura amatissima da Mediterranea, che in lui rivede sé stessa e ne è affascinata per il fatto di sentirsi giovane proprio come lui, ma soprattutto per una spinta ad andare sempre oltre, sull’onda della curiosità che è più potente di tutto. Mediterranea e Icaro vogliono vivere nel mondo e respirarlo, cosa che Atlantica non riesce a capire appieno.

Pieter Bruegel il Vecchio, Caduta di Icaro (Musées Royaux Beaux Arts Bruxelles)

Il nuovo lavoro di Siri R. H. Jacobsen contiene boccate di ossigeno e di meraviglia ravvisate nello stile scelto: diretto, colloquiale, ma sempre poetico e immaginifico, eppure sempre radicato alla terra (anzi, al mare), così come nell’apparato iconografico che accompagna questo libriccino originale e che di certo non si dimentica. Oltre alle tavole di Dorte Naomi, infatti, contribuiscono ad arricchire il carteggio veloce ma profondo di Lettere tra due mari dei riferimenti sia letterari, come l’esergo scelto tra i versi di William Carlos Williams (a splash quite unnoticed / this was / Icarus drowning) che artistici, nella presenza della Caduta di Icaro di Pieter Bruegel il Vecchio, sempre ricollegato all’amato mito, come un invito a cavalcare la curiosità, distaccandosi dalle convinzioni della generazione precedenti. Un libro da leggere e da ammirare, per ragionare insieme a Siri R. H. Jacobsen sul nostro passato e futuro, sull’impronta che stiamo lasciando gravemente sul mondo.

 

Le foto di Siri Ranva Hjelm Jacobsen presenti nell’articolo sono di Kajsa Gullberg.
Exit mobile version