Sprained Cookies – Drifted on an oaken mirror

L’ambiente dello psychedelic, del new wave o, in generale, quel gran mondo post grunge ha sempre avuto la pecca di nascondersi nelle sue stanze. In Italia ancora di più. A volte c’è da chiedersi se sia ancora vivo perché non sai dove trovarlo e se, effettivamente, ci sia qualcosa di nuovo o se sia stato definitivamente sepolto dalle correnti. È come un’onda di uno tsunami, che aspetta di ritirarsi per poi abbattersi su ciò che lo circonda e dargli quella patina buia. È il caso degli Sprained Cookies, che riempiono tutto ciò che toccano di un grigiore accogliente e decaduto. Drifted on an oaken mirror è un album complesso, meno immediato di molti altri, favola decadente di ciò che viviamo.

Questo primo album, che segue un percorso di formazione partito nel 2009 preceduto dall’Ep Deliverin’ The Sacred Feathered One, si muove fra sonorità oscure e quasi romanzesche, cercando una sua autonomia in tutte le correnti da cui discende. Affonda le radici in una cultura sotterranea, che sembra unire in sé Joy Division e Pj Harvey, ma anche Bauhaus e Sonic Youth, riuscito grazie a un songwriting raffinato e dalla voce femminile di Cecilia Frusciante che riesce a trasformare le atmosfere buie in corali quasi materne. Grazie a uno stile eclettico e personale si viene trascinati nelle scie elettroniche di Mental room, brano di apertura, seguendo una via in calando di movimenti rapidi e sempre più interiorizzanti che ti porta alla stemperante The best weapon, leggera ma tuttavia complessa, favola modernista, trascinante e sicura delle sue potenzialità.

Tutto il disco dimostra una accuratezza nei suoni e nella scelta di parole che, consci delle proprie potenzialità, sanno indagare fino in fondo. Il debito ad atmosfere più volontariamente cupe non devono ingannare l’ascoltatore. È un disco stranamente illuminato, ed è in questo aspetto più che in altri che si risolve, scontando le influenze e trovando la sua dimensione. Orchids pire ne è l’esempio, di una derivazione folk che, dopotutto, non ti aspetteresti. Ciò non significa stracciare il carattere dominante della storia, ma introdurre una voce in più che, come quella di David Bowie in Chasm, reinterpreta il paesaggio. Lisergic, undicesimo brano, avrebbe potuto concludere questa esperienza di andata e ritorno metropolitana, come canzone da titoli di coda di un film che abbiamo seguito, proseguito, invece, da altri quattro bani, compresi i bonus track.

Drifted on an oaken mirror, stupisce, abbatte e lascia alcune domande in sospeso. Ma, forse, solo l’ascoltatore potrà rispondersi. Il dubbio riguarda il cosa sentiremo dopo, se avremo ancora voglia di ascoltare altro o se sia già abbastanza. Ipnotico e decadente, non sai se questo specchio effettivamente rifletta la tua immagine o quella di un altro e, questo aspetto, lo rende in parte incompleto.

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