Il ritorno del Paisley Underground | Intervista a Steve Wynn

Quando parliamo dei Dream Syndicate ci viene in mente la California, il Paisley Underground, lo storico leader Steve Wynn, un disco come The Days of Wine and Roses, e poi lo scioglimento della band sul finire degli anni Ottanta, fino alla recente reunion. Lo scorso Settembre i Dream Syndicate sono tornati in studio e hanno tirato fuori un disco forte, sincero e che fa esplodere le chitarre. Parliamo di How Did I Find Myself Here?
Mentre li attendiamo in Italia per le tre tappe del loro tour (allo Spazio 211 di Torino il 25 Ottobre, al Circolo Magnolia di Milano il 26 Ottobre, e al Locomotiv Club di Bologna il 27 Ottobre), abbiamo fatto una chiacchierata con Steve Wynn per sapere cosa ci aspetta dal vivo. E pare ne vedremo delle belle.
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I Dream Syndicate evocano immediatamente un’associazione con il Paisley Underground sound, una combinazione di rock, psych-rock e punk, Neil Young che incontra i Velvet Underground. Come siete arrivati a questa direzione del suono?

Eravamo tutti appassionati di musica, e non ascoltavamo soltanto la musica della scena locale o americana. Così lo abbiamo fatto ed è stato semplice. Il nostro suono – e i suoni che amiamo – sono costruiti intorno al rumore e alla ripetizione, al punk rock e al garage rock, a come tenere tutto insieme. Non era stato fatto – e sapevamo che potevamo farlo uscire fuori bene.

The Days of Wine and Roses è ancora oggi un manifesto della scena Paisley Underground. Ti ricordi qualche aneddoto riguardo quel periodo?

Era davvero una scena autentica e divertente. Ci piaceva la musica l’uno dell’altro, e ci piacevamo anche a un livello personale. Per circa un anno o due abbiamo passato un sacco di tempo insieme. Ricordo le domeniche quando andavamo ai barbecue in casa dei Green On Red a Hollywood. Gli hot dog grigliati e la birra e il whiskey che scorrevano fino alle 4 del mattino ogni volta. Per me è questa la vera essenza di quel periodo e di quella scena.

Oggi viviamo immersi in un’era retromane: le persone tornano a comprare vinili, le band fanno reunion, escono fuori ristampe di dischi storici. Ti sembra che ci sia un’attenzione particolare nei confronti di album come The Days of Wine and Roses?

Beh, ho sentito che c’è stata una forte attenzione verso quel disco sin da quando è uscito. È sempre stato un album con cui le persone sentivano una connessione, e questo non è mai davvero cambiato nel tempo. Ma penso che il nuovo album sia quello che ha ricevuto le migliori risposte, e forse è semplicemente il miglior album che abbiamo registrato dall’epoca del primo. È bello vedere quanta gente ami i nuovi pezzi durante i live. È una gran bella sensazione.

Come sono state le reazioni intorno al vostro ritorno in studio con un nuovo album?

Abbiamo registrato questo disco mentre nessuno ci teneva davvero d’occhio. Siamo semplicemente andati in studio per vedere se poteva venir fuori un buon album, non avevamo un vero e proprio piano in mente. Però, dopo un paio di giorni, sapevamo che era venuto fuori qualcosa di speciale. E il pubblico ama davvero questo disco e le nuove canzoni stanno andando oltre – direi anche meglio – rispetto a quelle vecchie durante gli show del nostro tour.

How Did I Find Myself Here? è semplicemente un grandioso ritorno. Il sound è autentico e immediato, c’è tutta la genuinità dei Dream Syndicate. Come avete preservato il vostro stile e il vostro suono in tutti questi anni?

Abbiamo solo suonato la musica che amiamo, la musica che vorremmo sentire. Proprio come la prima volta. È una formula davvero semplice. Fai la musica che ti piace senza nessun compromesso, e probabilmente ci sarà qualcuno che sarà sulla tua stessa onda. Abbiamo cercato di restare fedeli a quello che eravamo, ma senza restarne imprigionati. Così il disco sembra davvero un album dei Dream Syndicate anche se è non niente di simile a quello che abbiamo fatto prima.

Parliamo di quella title-track di 11 minuti di jam session dove le chitarre conquistano letteralmente la scena. Non sembra vero – come ha detto Eric Clapton – che il guitar rock è in agonia, ad ascoltare questo disco.

Oh – è uno dei pezzi migliori che io abbia mai registrato. Non ho neanche la più pallida idea di come abbiamo fatto. A volte suoni qualcosa in studio o sul palco e pensi “come diavolo è successo? Come sono riuscito a suonare musica come questa!”. È una sensazione divertente e per questo pezzo l’abbiamo avuta di sicuro. Aspetta a sentirlo dal vivo!

In Kendra’s Dream c’è la voce di Kendra Smith, membro originale come bassista della band. Hai definito il pezzo una “perfect coda to the record”. Che intendi?

Avevamo questa canzone per il nuovo album a cui stavamo lavorando e suonava fantastica, ma non ero molto contento di come veniva fuori il testo o la voce. E avevo quest’idea di cosa avrebbe potuto tirare fuori Kendra da un pezzo così. Non pensavo neanche che avrebbe voluto cantare o scrivere il testo – era stata fuori dal giro musicale per un po’ di tempo. E invece lo ha fatto ed è stato fantastico. Lei significa davvero tanto per la nostra storia, e mi fa piacere che sia parte di questo nuovo album.

Questo disco è solo un antipasto per nuova musica e album dei Dream Syndicate in futuro?

Oh, yes! Faremo un nuovo album l’anno prossimo.

Presto sarete in Italia per suonare questo disco. Allora cosa ci dobbiamo aspettare dal live? (scommettiamo sarà intenso)

Suoniamo canzoni di tutti i nostri diversi periodi dal vivo. Oh, e c’è il nostro vecchio amico e co-produttore Chris Cacavas alle tastiere, il che significa che il nuovo album verrà fuori molto bene, e scaveremo anche tra alcune chicche dentro il disco. Sarà davvero intenso! – Ci vediamo presto.

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