“Summer of Soul” è una celebrazione della cultura Black

“Come puoi essere un artista e non parlare di ciò che accade?” chiede Nina Simone sul finire di Summer of Soul (or…, When the Revolution Could Not Be Televised), documentario diretto da Ahmir Khalib Thompson, in arte Questlove, DJ e batterista dei The Roots. Il film, che racconta un evento fino ad ora semisconosciuto nella storia della cultura Black, sottolinea ancora una volta il ruolo fondamentale che la musica ricoprì negli anni Sessanta. Nel corso del mese di agosto 1969, sul palco dell’Harlem Cultural Festival apparvero musicisti come Stevie Wonder, Sly & The Family Stone, The 5th Dimension, B.B. King, Hugh Masekela e Nina Simone. Le esibizioni furono filmate dal regista Hal Tulchin che, sulla scia del successo di Woodstock, tentò di vendere il materiale come una versione Black del festival; nessuno si dimostrò interessato. Nonostante la qualità, il girato rimase inutilizzato fino al 2017, quando due produttori contattarono Questlove per realizzare un progetto estratto dalle 40 ore di riprese.

Se docufilm come Woodstock e Monterey Pop catturano l’atmosfera dei concerti limitandosi però ad un’esperienza strettamente musicale, in Summer of Soul alle performance degli artisti è affiancato un profondo discorso sociopolitico. Le immagini di repertorio degli omicidi di JFK, Malcolm X, Martin Luther King e Robert Kennedy contrapposte alla musica dei Chambers Brothers in apertura al film, sono decisive nell’introdurre il clima di tensione che avvolgeva quegli anni. Quello utilizzato da Questlove è un approccio visto di recente anche nella serie 1971: The Year That Music Changed Everything, dove il racconto sonoro è giustapposto ad importanti fatti di cronaca come l’incarcerazione di Angela Davis, le proteste contra la guerra in Vietnam e la rivolta nella prigione di Attica.

La scelta formale applicata da Thompson si rivela particolarmente efficace quando una delle date del festival va a coincidere con l’arrivo dell’uomo sulla luna. Mentre il 20 agosto 1969 gli occhi del mondo erano puntati verso il cielo, l’evento registrò per lo più indifferenza nella comunità di Harlem. Questlove sottolinea questa opposizione mostrando le immagini dell’Apollo 11 seguite dalla performance degli Staples Singers con It’s Been A Change, alternata ai commenti indignati degli spettatori che vedono nella missione spaziale uno spreco di denaro.

Se il 1969 aveva segnato un’importante conquista, per la comunità Black questa non era certo rappresentata dall’allunaggio, ma da una più definita presa di coscienza: “Il 1969 è stato un anno fondamentale” spiega una delle spettatrici del concerto “perché è nata la parola Black”. “There’s a world waiting for you, yours is the quest that’s just begun” intona Nina Simone in To Be Young, Gifted and Black.

Questa nuova consapevolezza riguardava da vicino anche alcuni dei musicisti che presero parte al festival: nel 1969 Stevie Wonder era già un artista di successo con un repertorio che comprendeva i brani For Once in My Life, Uptight e I Was Made to Love Her. Wonder aspirava però a far sentire la sua voce anche livello sociale, ma c’era chi non condivideva questa scelta: “Mi dicevano di non commentare certe cose, che avrei compromesso le vendite dei miei dischi, e io pensavo, non me ne frega niente. Non volevo che la paura anestetizzasse i miei sogni” spiega oggi il musicista. Wonder diverrà politicamente impegnato, sostenendo la sensibilizzazione al voto e promuovendo una campagna per rendere il compleanno di Martin Luther King festa nazionale.

Anche per i 5th Dimension la partecipazione all’Harlem Cultural Festival rappresentò un momento fondamentale nella loro carriera. La band, che si presentava con un sound dalle influenze jazz, R&B e pop, era spesso criticata perché giudicata troppo simile ai gruppi bianchi; “ma come si può colorare un suono?” chiede la cantante Marilyn McCoo. Con la performance di Aquarius/Let the Sunshine In – che fu il più grande successo del 1969 – i 5th Dimension conquistarono il pubblico di Harlem.

Oltre a proporre un’osservazione dettagliata della comunità Black, Summer of Soul è anche un entusiasmante viaggio attraverso le varie incarnazioni della sua musica; dal gospel di Edwin Hawkins Singers con Oh Happy Day, alle hit Motown di David Ruffin e Gladys Knight & the Pips, passando per la Freedom Music di Max Roach e Abbey Lincoln, fino al contagioso funk di Sly & the Family Stone. “Eravamo dei ragazzi da giacca e cravatta” racconta uno spettatore “poi arrivò Sly e non lo fummo più”.

“Il potere della musica” sottolinea nel film Lin-Manuel Miranda “sta nel raccontare le nostre storie”; ed è proprio questa la caratteristica di Summer of Love, dove una canzone riesce a far rivivere l’immagine di Martin Luther King, ucciso a Memphis nell’aprile del 1968. In un momento che è euforico e toccante in eguale misura, Mahalia Jackson e Mavis Staples duettano nel brano preferito del Reverendo King Take My Hand, Precious Lord, davanti ad un pubblico visibilmente commosso.

Guardando le immagini assemblate da Thompson, risulta difficile credere che fino ad oggi non ci sia stato interesse verso questo materiale: “Voglio fare in modo che la storia Black non venga più cancellata” ha dichiarato a questo proposito il musicista. E a giudicare dall’attenzione ricevuta da Summer of Soul, già definito da molti come il miglior film dell’anno, il suo auspicio sembra finalmente destinato a tramutarsi in realtà.

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