I suoni di Berlino alla Reggia di Venaria | Moderat, Torino

Chissà se Amedeo di Castellamonte, Filippo Juvarra e Benedetto Alfieri, gli architetti a cui fu commissionato tra la metà del Seicento e la metà del Settecento di progettare e realizzare la Reggia di Venaria, avrebbero potuto immaginare che nel Cortile delle Carrozze tante persone si sarebbero radunate per ascoltare un supergruppo tedesco di musica elettronica. La risposta più plausibile è evidentemente no, ma l’impiego che negli ultimi anni si è riuscito a fare degli spazi della residenza sabauda non dispiace soprattutto agli appassionati, ma anche ai curiosi. Quasi impossibile dimenticare, per chi ebbe la fortuna di prenderne parte, l’edizione 2009 del Traffic Festival che trascinò nei giardini un grandissimo pubblico per Nick Cave, St. Vincent e Underworld.

Portare i Moderat in questo luogo pieno di storia è, invece, una delle molteplici scommesse che lo staff del Club to Club ha deciso di affrontare lontano dai riflettori che si accendono come di consuetudine sul festival durante i primi giorni di novembre. I cancelli della reggia vengono spalancati per accogliere Apparat e i Modeselektor che tornano in Italia dopo aver suonato a fine aprile a Milano e a Roma per presentare III, il terzo capitolo che sancisce ancora una volta l’unione di questa fortunata collaborazione.

Il centro della piccola e accogliente Venaria brulica di giovani che divorano cartoni di pizza e che si scambiano bottiglie di vino mentre passeggiano calpestando i sanpietrini della via principale. Non c’è chiasso, ma molta concitazione per il grande appuntamento inaugurale dell’estate torinese. Sebbene i colori del cielo al tramonto siano offuscati da nuvole cariche di pioggia che scorrono minacciose sopra le nostre teste, il pubblico inizia a fare il suo ingresso nella corte, accompagnato dalle fresche note del musicista inglese LONE che ci regala le atmosfere di un aperitivo in riva al mare. Noi il bagnasciuga non ce l’abbiamo, ma al di là dei bagni chimici possiamo sentire lo scroscio d’acqua delle fontane e far finta di essere in spiaggia.

Puntuali come da scaletta, alle 21.40 il trio teutonico sale sul palco accolto da mani alzate e voci squillanti. Le prime note di Ghostmother ci avvolgono come una coperta calda. L’alchimia è perfetta, le luci si attenuano e il pubblico si zittisce. L’incantesimo è, però, interrotto da un boato rovente fatto di urla che trafiggono come schegge ogni punto del corpo: si tratta di A New Error, uno dei brani di successo della formazione che spiazza e accende velocemente gli animi. Gli ascolti in cuffia ci hanno preparato alla contrapposizione tra le melodie di Apparat e i suoni ruvidi e impetuosi dei Modeselektor, ma non allo schermo che avremmo visto dietro le loro spalle.

Durante i live, Sascha Ring, Gernot Bronsert e Sebastian Szarya non possono infatti ormai fare a meno del supporto dei Pfadfinderei, il collettivo di sette visual designer tra i più noti del panorama berlinese e internazionale che li sta accompagnando in ogni tappa del loro tour. In questa cornice l’esperienza audiovisiva è totalizzante e le condizioni climatiche che preannunciano un uragano improvviso probabilmente aiutano a incrementare il pathos sia tra le prime che le ultime file. Pezzi pescati da III come Reminder, Running o Intruder hanno già la capacità attrattiva di un evergreen come Bad Kingdom.

Apparat è sicuro delle proprie doti canore ricordando per qualche frazione di secondo Thom Yorke, mentre i Modeselektor continuano ad alternare sonorità tipiche del dancefloor e della techno a cui ci hanno abituato negli anni, ma anche momenti psichedelici e riflessivi. Lo show dei Moderat ci sorprende perché cerca di accontentare un pubblico di persone con gusti musicali totalmente diversi, anche se avrebbero potuto osare di più, liberando energia e suoni che avremmo voluto ancora sentire. La reggia rimane asciutta, risparmiata dalle intemperie che ogni giorno, puntualmente, si abbattono su Torino a partire dalle ore del crepuscolo. Forse, se avesse piovuto, la schiera oplitica di smartphone alzati durante le due ore di concerto per registrare video e scattare foto sarebbe stata spazzata via.

Fotografie di Matteo Bosonetto

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