Temples – Sun Structures

Sono gli anni in cui vanno di moda le borse di pezza con un vinile attaccato sopra, acquistabili ad un minimo di trenta euro per il centro di Roma; sono gli anni in cui i monolocali si chiamano “loft” e li si tappezza di carta da parato viola o arancione; sono gli anni in cui a Natale se si riceve il maglione della nonna a rombi si è davvero felici. Ah, sono anche gli anni in cui fare rock psichedelico nella scena internazionale  è tornato incredibilmente di moda. Ed è appunto questo: moda.

Le danze iniziano con Shelter Song e ci si immerge immediatamente in atmosfere Beatlesiane, psichedeliche e corredate da canti e cori che ricordano proprio il ben noto quartetto di Liverpool. Il pezzo cerca di trovare con incertezza un po’ di modernità attraverso passaggi particolarmente lunghi di cantato ritmato. Ma il tentativo è troppo timido per essere davvero preso in considerazione.

Stessa analoga sorte per Keep in The Dark che ricorda proprio i migliori momenti più popolari del rock inglese anni sessanta, in particolare nel bel passaggio deciso in cui James Edward Bagshaw dà una bella prova di sé nel verso Dream on and sleep won’t save you from the night / Drink a bottle, rest in wine. Le stesse influenze si ripercorrono in tutto l’album anche se con le dovute eccezioni: The Golden Throne è probabilmente la più moderna e movimentata del disco che vira decisamente al pop e che, proprio per questo, merita un ascolto in più.

Anche Test of Time lascia piacevolmente sorpresi, con falsetti improvvisi e rulli di batteria in controtempo che gli conferiscono una struttura complessa e piacevole. La title-track Sun Structure è particolarmente apprezzabile, in particolar modo per alcuni momenti che accennano ad un prog che sembra strizzare l’occhio ai King Crimson, anche qui però con troppa timidezza.

Il disco dei Temple suona come un disco dei Tame Impala ma senza modernità, come il disco dei Last Shadow Puppets (in particolare in The Golden Throne) ma senza piglio aggressivo, come un disco degli Unknown Mortal Orchestra ma senza le incursioni di chitarra sbavate e meravigliose di Ruban Nielson. Il tutto inquadrato però in una produzione e in un sound coerenti e puliti, senza alcuna imperfezione o imprecisione e con una corposità invidiabile.

L’album rappresenta esattamente tutto quello che dovrebbe incarnare un bel disco: solido, deciso, chiaro negli intenti e con un lavoro in studio assolutamente ineccepibile. Ma l’album dei Temple è anche ciò che un disco non dovrebbe mai essere: un lavoro senza un vero stile personale, un mix misurato e studiato ma per nulla originale, un successo assicurato perché privo di mordente e di coraggio.

Perfetto per fare da sottofondo ad un loft dalle pareti viola o arancioni.

1. Shelter Song
2. Sun Structures
3. The Golden Throne
4. Keep In The Dark
5. Mesmerise
6. Move With The Season
7. Colours To Life
8. A Question Isn’t Answered
9. The Guesser
10. Test Of Time
11. Sand Dance
12. Fragment’s Light

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