“The Fall of America” di Allen Ginsberg diventa un album

Nel 1965 Allen Ginsberg acquistò un Volkswagen Van e, anticipando una tendenza che avrebbe caratterizzato la generazione del flower power, partì per una serie di viaggi attraverso l’America in cerca di quella purezza già inseguita da Kerouac nelle peregrinazioni narrate in On the Road.

Il primo di questi viaggi, Ginsberg lo fece in compagnia di Gary Snyder, il poeta Zen con cui, nel 1955, aveva condiviso la scena al celebre reading della Six Gallery. I due attraversarono il nord-ovest degli Stati Uniti passando per l’Oregon e raggiungendo San Francisco come ultima meta. L’esperienza è evocata nella poesia in apertura a The Fall of America, raccolta contenente una serie di componimenti scritti tra il 1965 e il 1971, pubblicata da City Lights Books nel 1973. Come suggerisce il titolo, in The Fall of America, Ginsberg riflette sulla decadenza morale degli Stati Uniti negli anni chiave del conflitto in Vietnam. È uno dei suoi progetti più ambiziosi, in cui le poesie appaiono legate da un tema comune: nei versi incontriamo la disumanità, la violenza e la distruzione della guerra in opposizione al paesaggio rurale ed incontaminato di cui Ginsberg è spettatore.

The Fall of America è anche il titolo dell’album tributo uscito in questi giorni, dove musicisti come Lee Ranaldo e Thurston Moore, Devendra Banhart, Yo La Tengo, e lo storico collaboratore musicale di Ginsberg, Steven Taylor, reinterpretano alcune poesie della raccolta.

Non è la prima volta che i versi di Ginsberg incontrano la musica. Fin dalla sua nascita la Beat Generation stabilì un deciso legame con il jazz; quelle di Kerouac, Ginsberg e Gregory Corso, erano poesie che vivevano della stessa dinamicità di cui era infuso il Bebop che ebbe origine negli anni ‘40. Catturati dal sassofono di Charlie Parker e dal piano discordante di Thelonious Monk, i Beat cercarono di replicarne la forza espressiva, e soprattutto, la spontaneità nei loro romanzi e poesie. Fu Kerouac a coniare il termine prosodia bop, un tipo di prosa ispirata dalla scrittura surrealista, dagli insegmamenti buddhisti e dalla musica jazz. Questo metodo innovativo – definito da Truman Capote “un battere a macchina più che scrivere” – sarà adottato anche da Ginsberg in Howl e nelle poesie successive.

Se negli anni ’60 Kerouac prese le distanze dalla realtà underground ritirandosi ad una vita per lo più solitaria, Ginsberg divenne assoluto protagonista della controcultura. Con l’avvento del rock & roll, di cui seppe cogliere il potere comunicativo, il poeta entrò in contatto con alcuni esponenti della scena musicale. È celebre soprattutto il legame di stima che legò Ginsberg a Bob Dylan; “I saw the best minds of my generation destroyed by madness, non molti poeti sono riusciti a scrivere una cosa del genere” commenta Dylan nel documentario Rolling Thunder Revue diretto da Martin Scorsese.


Nel 1971, Dylan e Ginsberg registrarono due brani, Vomit Express e Goin’ to San Diego, che fanno parte di First Blues, l’album con cui il poeta tentò di aprirsi una strada nel rock. Il disco, a causa della censura, uscì soltanto nel 1983. A questo proposito, il produttore John Hammond dichiarò: “Ho registrato con Allen nel 1976, ma la Columbia non ha voluto distribuire il risultato perché giudicato osceno e irrispettoso. Sono felice di potervi finalmente presentare il lavoro di Allen. Proporrò musica irrispettosa come questa, il più spesso possibile”. Tra i musicisti che collaborarono con Ginsberg in First Blues c’erano anche Arthur Russell e Don Cherry. Ginsberg lavorò spesso anche con Philip Glass realizzando, tra gli altri, l’opera Hydrogen Jukebox e il brano I’m An Old Man Now che compare nell’album in cui è messo in musica il poema Wichita Vortex Sutra.

Ciò che colpisce maggiormente ascoltando le versioni musicali dei versi di Ginsberg, è la loro flessibilità nell’adattarsi a qualsiasi genere. Ed è questa qualità a caratterizzare il disco tributo a The Fall of America: dall’interpretazione country folk di Easter Sunday proposta da Andrew Bird, all’electro pop con cui Disco Pusher accompagna i versi di A Prophecy, fino all’indie rock dei Social Animals in Falling Asleep in America: Roses Smell Sweet, l’album è scandito da un vasto panorama sonoro che sembra echeggiare l’immenso territorio geografico esplorato dal poeta.

 

Al contrario della maggior parte dei colleghi che tendevano ad esaltare gli eccessi dell’epoca, nelle sue poesie Ginsberg non si concentrò soltanto sulla vitalità culturale del periodo; fu osservatore onesto, cantore di visioni euforiche, ma anche, e soprattutto, di tenebre. Nei versi di The Fall of America, l’oscurità si manifesta attraverso disturbanti reportage radiofonici sul Vietnam che interrompono le trasmissioni musicali; come in Howl, le città sono fatte di torri demoniache in cui l’ambiente è soffocante, privo di salvezza. In An Open Window on Chicago, ethereal_interface restituisce la disastrosa visione cantata da Ginsberg per mezzo di suoni che rimandano all’atmosfera dell’alienante città di Metropolis. Il senso di terrore con cui si conclude An Open Window on Chicago trova massima espressione in Death on All Fronts – reinterpretata da Gavin Friday e Howie B – dove compaiono i versi più pessimisti di tutta la raccolta; the planet is finished sottotitola infatti il poeta.

È a contatto con la natura che Ginsberg ritrova una certa armonia; in Wales Visitation (presente nell’album, ma non nel libro edito da City Lights) il poeta riporta le sensazioni suscitate da una visita a Tintern Abbey, celebre soggetto di una poesia di William Wordsworth. L’arrangiamento idilliaco con cui Kaya Project rilegge i versi di Ginsberg, rafforza l’idea di un’atmosfera conciliante in opposizione a quella apocalittica dei brani precedenti.

Gli anni compresi nella raccolta sono quelli in cui Ginsberg dovette confrontarsi con la morte di Neil Cassady e Jack Kerouac, scomparsi rispettivamente nel 1968 e nel 1969. Un’intera sezione di The Fall of America è dedicata al ricordo di Cassady, mentre in Memory Gardens, Ginsberg racconta l’arrivo a Lowell con Gregory Corso e Peter Orlovsky per il funerale di Kerouac. Nell’album, Elegy for Neal Cassady è reimmaginata da Scanner in una versione elegante e meditativa, rievocante il fantasma di Neil. La rilettura di Memory Gardens, interpretata dal poeta e musicista Ed Sanders, trova forza nella sua semplicità: chitarra e voce pongono in risalto i versi di chiusura di una poesia che è, insieme a Kaddish, tra le più toccanti composte da Ginsberg.

Nel 1974 The Fall of America fu premiato con il National Book Award per la poesia: a Ginsberg venne finalmente riconosciuto il prestigio che fino ad allora gli era stato negato negli ambienti intellettuali.

Degli scrittori Beat Fernanda Pivano aveva detto: “tentavano di ricostruire i pezzi di una realtà frantumata”. E fu proprio questo l’intento di Ginsberg in The Fall of America; riconciliare la nazione con se stessa per far sì che i suoi abitanti tornassero – come immaginava Kerouac nel finale di On The Road – a sognare nella sua immensità.

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