The Subterranean Tapes: Ottobre 2017

Prima che me lo presentassero davanti al caffè La Habana, sentii la sua voce, profonda, come di velluto, l’unica cosa che non sia cambiata col passare degli anni. Disse: è una notte fatta su misura per Jack. Si riferiva a Jack lo Squartatore, ma la sua voce aveva un suono che evocava terre senza legge, dove qualunque cosa era possibile. Eravamo tutti adolescenti, adolescenti tosti, questo sì, e poeti, e ce la ridevamo. Lo sconosciuto si chiamava Gaspar Heredia, Gasparin per gli amici e i nemici gratuiti. Ricordo ancora la nebbia sotto le porte girevoli e le battute che andavano e venivano. A stento si scorgevano i visi e le luci, e la gente avvolta in quella garza sembrava energica e ignara, frammentata e innocente, come lo eravamo davvero.

(R. Bolaño La pista di ghiaccio)

Contro il caldo scendi nel sotterraneo, in cantina, dentro un bunker, ma non dimenticarti la musica che serve.

NEW CANDYS, Bleeding Magenta, Fuzz Club

6 ottobre

Quello di Bleeding Magenta è uno shoegaze di cifra tarantiniana spillato in ogni direzione, che sia provincia o colore, che diventi un erede post-punk o si prenda delle divagazioni grunge. I New Candys creano questo copione distorto in cui la voce narrante è in costante riverbero, un inganno lo-fi per le strumentali martellanti che compongono le tre parti di The Outrogeous Wedding. Capaci di trovare nuove energie e colpi inattesi, con la semi pastorale Sermon e il suo inedito scambio di voci, o quell’Excess sempre costante, dietro l’angolo, dello stesso magenta della narice con cui si tinge il viso pallido di Mia Wallace. Una botta di adrenalina a cui non dispiace un assaggio di psych rock fra King Gizzard e Loop, per passare a Mercenary e via sulla pista di qualche diner sulla strada, ai piedi di un Santanico Pandemonium. Per uscirne forse non basterà ricordarsi di Ezechiele 25:17.

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ROCKY WOOD, Ok, No Wait, On the Camper Records

6 ottobre

Rocky Wood hanno origini diverse, pezzi di America, Italia e Svizzera che ricorrono a partire dalle sonorità folktroniche e alt-pop che strutturano il songwriting in maniera delicata. Non lontani dalle composizioni più melodiche di Daughter e London Grammar, sfruttano la profondità della voce per dare ai brani di Ok, No Wait uno spazio comune in cui ritrovarsi, ai limiti della confessione sentimentale (Mantra) che permette alla musica di riempire i vuoti di conversazione. Bail Out è ciò di cui stiamo parlando, una linea sonora che non supera mai un certo limite, un’invocazione alla lentezza anche dove fa freddo e sembra impossibile trovare le parole. La band compie un ulteriore passo avanti dopo Shimmer (2014), impreziosendo il proprio stile e dotandolo di una tranquillità senza tempo, in cui trovare conforto e riposo. Long-night introspections.

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YKYMR , City, La Bèl Netlabel

8 ottobre

Quello che colpisce dell’elettroacustica di City è lo speciale equilibrio con cui l’elettronica appena accennata si sposa alla sua controparte analogica, che celebra una rinnovata comunione fra la natura e le città. Il carattere minimale con cui YKYMR, enigmatico fotografo giapponese, descrive i suoi quadri ci permette di immaginare i parchi fuori Tokyo, nelle tempeste di fiori di mandorlo, o della leggerezza con cui foglie si posano a terra sui lunghi viali in autunno. Non mancano le insidie e i vicoli bui, dove il legame pacifico si dissolve e si presenta la durezza e l’ostilità della disturbante Enigma, un piccolo spazio prima del ritorno zen di Slow Magic, su cui un’ombra rimane rispetto alle tracce iniziali. Una purezza inevitabilmente perduta e sfuggente che si condensa in Bay, un mare pur calmo ma, come, tradito.

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BARACK, Lose the Map, Find your Soul, Prismopaco Records

13 ottobre

Da dove viene lo spirito ramingo di Barack, e quale sia la ragione per cui sul suo cammino sia stato necessario perdere la mappa per trovare se stesso, è un dubbio che avvolge tutto Lose the Map, Find Your Soul. Mistero alimentato dall’introduzione in francese di Elixirdal vagare solitario di Fooled (Tout seul / Tout seul ripete sussurrando) e da un tono generalmente malinconico ma che non si macchia di oscurità eccessiva, come se proprio il momento in cui la strada viene smarrita diventi l’occasione per creare un orientamento nuovo. Nello zaino un assetto folk piuttosto classico e pulito (Lines, Victory), in cui chitarra e voce scandiscono, mentre l’aggiunta di strumenti è funzionale a dare al suono caratteristiche più alt (Breathe, Lose the Map, Find Your Soul). Alle nostre domande non viene data risposta, o l’assicurazione se ci sia mai una conclusione effettiva in questa ricerca, forse il segreto è solo partire.

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TEIUQ, Wabi Sabi, Autoprod.

16 ottobre

«Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla.» Dice Marco Polo a Kublai Khan, nell’onirica conversazione all’interno de Le città invisibili di Italo Calvino, un percorso che ha molto in comune con quella di Fabio di Salvo, parte dei Quiet Ensemble, e ora maestro d’orchestra in solo come Teiuq con Wabi Sabi. Ricerca etnologica a tutti gli effetti sulle sonorità dell’estremo oriente (alcuni campionamenti sono concessione di Laurent Jeanneau), incluse in un campo più ampio, in grado di ricreare le atmosfere che vanno dall’India al Laos, passando per Cambogia e gran parte del sud-est asiatico. La mano di Teiuq maneggia con cura il materiale e cerca di contaminarlo il meno possibile, strutturando ogni brano per ricreare un pregiato tessuto sonoro che possa raccontare di mondi e paesi lontani con il proprio occhio. Folklore e bazar si mescolano ne La Grande Mosqueè, nei ritmi tribali di South West e sul fiume Gange di O-Zi. Il Wabi-Sabi, questa inusuale guida per viaggi interiori.
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LESSNESS, The Night Has Gone to War, Justin Jest Entertaiment / I Musician Digital

20 ottobre

The Night Has Gone to War è un debutto molto intimo, a tratti etereo, fin dai primi istanti di Cwtch, coi suoi gabbiani e l’alternanza del piano, poi della chitarra nella title-track, mentre drum machine e voce cambiano ancora una volta aspetto. Sentimentale fino in fondo, Luigi Segnana che torna dopo l’esperienza con i Casa del Mirto in questa nuova veste synthwave, ripercorrendo i passi dei propri punti di riferimento che si mostrano in testi asciutti, che sorgono e tramontano, alla Dylan Thomas, e in espansioni sonore che ai Depeche Mode di MalaLeche  accostano una dispersione con tendenze post-punk. Lessness si racchiude in questo mondo, senza paure o lasciar andare via quel tremito da ragazzo, che chiude gli occhi per imprimere quanto più possibile nella propria memoria. La posizione che un poeta assume di fronte alla guerra è la posizione eretta (D.T.).

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CIRCO BOIA, Circoboia,  Autoprod. / Wiener’s Records

31 ottobre

Circo Boia vengono da Grosseto ma il loro sound è a stelle e strisce per più di una ragione. La prima: una disobbedienza punk rock, che non perde la propria linea espressiva (hit-crash-hit) nemmeno quando mescola una sorta di rap rock (Fight for Love) a Dropkick Murphys (Ye!Ho!) e folk rock (She Walks into the Fire). La seconda: questa capacità di risultare particolarmente ascoltabili conservando la giusta dose di rabbia per non finire assimilati a correnti più melodiche. Anzi, una certa paranoia sembra farla da padrone, che quando non influenza la musicalità (Doppler, uno dei segni più chiari del tocco Prozac / Sick Tamburo di Gian Maria Accusani) produce battiti vocali ripetuti e una  velocità impressionante nel chiudere gran parte delle strofe (si veda Lick the Hell). Una formula che funziona, quella del duo toscano, e che ci aspettiamo di risentire.

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