The Subterranean Tapes: Settembre 2017

Avvicinandoci al suolo vediamo l’ombra delle nostre ali, cantine asciutte invase dai cardi, rugginose sbarre di ferro che sporgono come piante metalliche dal cemento, screpolato, una bottiglia rotta al sole, fumetti a colori sporchi di merda, un ragazzo indiano contro un muro con le ginocchia in su, che mangia un’arancia spruzzata di pepe rosso.

(W. S. Burroughs Ragazzi selvaggi)

Contro il caldo scendi nel sotterraneo, in cantina, dentro un bunker, ma portati la musica che serve.

THE SUPEREGOS, Back to Back, Autoprod.

1 settembre

L’introduzione al mondo di The Superegos è una lunga discesa su di un orizzonte cinematografico, caratterizzato da continue digressioni ritmiche ed efficaci espansioni d’atmosfera. Parliamo dei cori drammatici di Love is Cruel but Fire Place are Cool e del suo climax conclusivo fra M83, James Blake e bruciature vaporwave, dei colpi con cui Look Away dona a Back to Back un’ulteriore caratteristica senza per forza sacrificare qualcosa nella sua estetica. Componenti più profonde per dare forma a Sunshine Girlil brano forse più legato a un background contaminato dall’elettronica, che rappresenta quel preciso momento fra l’attesa e l’arrivo della risposta, in cui Francesco Nguyen decide di inserire la propria musica. Spazio bianco di una frase che ancora non sai come si concluderà o l’ultimo secondo per sperare che possa andare bene. Colorato, il più possibile.

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HLFMN, You’re Shifting Now, Autoprod.

4 settembre

Follia, nel suo momento di estasi creativa, è l’immagine che forse ci aiuta a descrivere meglio Your’re Shiftinh Now di Half Man. Una sonorizzazione clamorosa di oggetti inanimati che prendono vita uno dentro l’altro e si fanno trasmettitori di una loro particolare ragione. Duro primitivismo sintetico e Bruce-Lee-tune di Yin, per un oriente che taglia il corpo di questo Shiva che utilizza tutte le mani a sua disposizioni per sincronizzare ciascuna macchina, nella creazione di un’armonia centrale che si rivela poco a poco. Solo così può crearsi il disegno di Seismic Love e il suo doloroso finale (Farewell), che a nulla serve descriverli, perché certe storie vanno sentite alla radice per dargli la propria interpretazione. Half Man, questo androide dal cuore spezzato, si diverte dentro Volcano a cambiare situazioni e sensazioni, intermezzi necessari per stemperare il sovraccarico emotivo, gioca con l’hip hop, il chillstep (People from the Woods), la classica (Into the Silence) e la downtempo, dandogli una interpretazione personale, ben oltre il tribalismo di Clap! Clap! e le sortite cumbiane di Popolous. Materia purissima.

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INHEAVEN, S/t, Spin – Go!

8 settembre

Gli Inheaven hanno tutte le caratteristiche per essere quel tipo di band hype-container che proviene dal sud di Londra e dai palchi del Reading, un po’ DIY, un po’ già pescati dalla major e con quattro stelle su NME. Il loro disco di esordio è un po’ una rappresentazione del clima a cui fanno riferimento che, quando cerca di farsi più intenso, lo fa con le tinte di Hole e Foo Fighters (Treats) o non riesce a mantenere le premesse di rabbia appena attacca la voce (Vultures). Di questo parliamo, di qualcosa non definibile proprio in virtù della loro capacità di renderlo godibile, ed è la cifra che caratterizza questo esordio, già anticipato, già in circolo e pronto per conquistarsi un prprio palco. La revanche.

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MISSINCAT, Forces, OWTF Records

15 settembre

Le favole moderne che ci racconta Missincatmoniker sotto cui si cela l’italiana di stanza a Berlino Caterina Barbieri, hanno il potere di trasportarti altrove con la loro elettronica di marca dream pop e un timbro malinconico che rende Voices, in particolare, uno dei brani più completi all’interno di Forces. A questo brano, a dargli man forte sul lato sonoro, si aggiunge il piano di Federico Albanese, una delle cinque gloriose collaborazioni presenti nell’EP. I tratti più indie del binomio di Luna, insieme ai monumentali Hundreds, e Made of Stone, prodotta da Robert Koch, si integrano bene e confermano la capacità della voce di Missincat nell’appropriarsi di diversi linguaggi senza perdere il proprio tocco delicato. Un manuale, su ciò che conta davvero.

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HIT-KUNLE, In the Pot, Bello Records

15 settembre

Il tropical rock dei veneti Hit-Kunle è genuino, un vortice di colori caldi e coordinate che vanno da una tradizione all’altra, cornice soul per la voce, che attinge poi anche al funky e al folk, per segnare un tratto decisivo nella creazione dello stile che caratterizza In the PotLa parte suonata, forse, potrebbe spingere un po’ di più, e trovare una variabile estranea che lo distacchi dallo sfondo, come accade in Share Your Love, pronto a mostrare la propria ragione quando viene chiamato in causa da solo. Godibile e indisciplinato, brani come Acid Fruit May I Have Some? sono il motivo giusto per non rinchiudervi già nelle stanze fredde di questo precoce clima settembrino. Tropicalism as a new religion.

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HAVAH, Contravveleno, Maple Death Records

15 settembre

La resistenza, vista dagli Havah, è un duro proiettile sparato dal partigiano Nullo Mazzesi, in un impeto di patriottismo quando ancora non era uomo. Post punk, buio, richiami baudeleariani (Al di fuori del male) caratterizzano il songwriting di Michele Camorani, nel ricreare un carattere metropolitano in un tempo fatto di montagne e campagne, e lacrime e sangue. Camorani riporta una una storia di eroismo giovanile, il lato più sporco della moda del lento, in cui gli ingredienti sono l’istinto e la sconsideratezza, dandogli quel contorno maledetto di ciò che sarebbe potuto succedere. Il domani, quello che fa così paura e che non era sicuro arrivasse, ma anche la lotta per essere presi sul serio in un mondo di giovani adulti, tutti sotto l’ombra di una sensazione di tetro e monumentale smarrimentoLa forma canzone incontra i Bauhaus e il risultato è una nervosa instabilità, che ti fa camminare rasente ai muri, sull’attenti a ogni rumore.

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SARC:O, The Finding, Zeta Factory/Belive Digital

22 settembre

The Finding è l’antipasto alla composizione finale di Sarc:o che uscirà nei prossimi mesi, realizzata in collaborazione col produttore dei port-royal, Emilio Pozzolini, le cui tracce si ritrovano nella resa post-rock e dance in un universo asimoviano. I colpi che caratterizzano i primi momenti di Globe la cui componente robotica è liberata nella modulazione delle seconde voci fino all’estensione finale, giocata nelle battute finali, diventa richiamo di sirene per questo viaggiatore disperso nello spazio. Il combattimento fra il robot e la sua volontà nel diventare umano, ma poi sopravvivere e doverne soffrire, duecento anni dopo.

CULT OF MAGIC, :O,  Autoprod

29 settembre

C’è tutto un universo che ruota attorno ai milanesi Cult of Magic e al loro esordio :O, simbologia ben illustrata dalla copertina, tra Psycho e il Begsby di Trainspotting. Tuttavia non ci troviamo davanti a un EP scream-o ma a un progetto che raccoglie attorno a sé performances teatrali e ricerche spirituali, trasfigurazione di un animale a più teste e arti. I brani sono schizofrenici e volutamente anticonvenzionali, riproducono registrazioni di un bollettino di guerra in Abbiamo perso la guerra, si fanno jazzy e psych nelle riproposizioni strumentali della title-track che si ispira a un brano delle Lettere ai Corinzi su un piano mobile e misticizzante. La conclusione alabama-style di Betty, aggiunge quel grado di magia in tensione costante che trascina tutto il disco dei Cult of Magic, questo bel viaggio sul loro Magical Mystery Bus.

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