The War On Drugs: nostalgia e consapevolezza

C’è una stagione per ogni disco e in autunno è quasi naturale immergersi nell’ascolto di raccolte che possano migliorare la concentrazione. Perciò salutate le atmosfere da falò sulla spiaggia o da road trip sulla Route 66, dopo più di quattro anni dall’uscita di A Deeper Understanding, i The War On Drugs sono tornati con un nuovo album che sembra sia stato scritto proprio per questo periodo della nostra vita.

Pubblicato il 29 ottobre scorso, I Don’t Live Here Anymore è il quinto lavoro in studio della band guidata da Adam Granduciel che per la seconda volta si affida a una major, l’etichetta Atlantic Records. Fin dal primo ascolto ritroviamo sonorità tanto amate in Lost In The Dream e in A Deeper Understanding da chiedersi quali sorprese possa ancora riservarci in questo capitolo la formazione statunitense. Domanda più che lecita da parte di chi ha seguito il gruppo a partire dagli esordi nel 2005 con Kurt Vile e nel 2018 ha poi celebrato insieme a loro la conquista del Grammy Award come miglior album rock dell’anno.

Le dieci tracce di questo nuovo percorso sonoro ci insegnano prima di tutto ad abbandonarci ai nostri pensieri. Un’azione per niente facile in un’epoca in cui essere sempre connessi più che una necessità è diventata un’ossessione.  Siamo costantemente distratti eppure viaggiamo a una velocità mai raggiunta finora. Riusciremo a combinare qualcosa di buono in questo modo? Tracce come Living Proof o Occasional Rain, che rispettivamente aprono e chiudono l’album, raccontano un mondo sospeso, avvolto dalle nebbie, dove la perdita per quello che c’era un tempo è il tema principale. Una nostalgia prepotente che non ricorda un lamento, ma si fa via via più simile a una nuova forma di consapevolezza. Un punto da cui partire per comprendere quello che ci sta intorno.

La voce di Adam Granduciel pizzica con dolcezza corde profonde che avevamo dimenticato potessero essere suonate. Sebbene le protagoniste indiscusse di I Don’t Live Here Anymore siano le chitarre, c’è spazio anche per sintetizzatori che richiamano basi ritmiche anni ‘80 che galoppano veloci come in Harmonia’s Dream, Change o Victim. In questi brani troviamo due Americhe, quella del passato cantata da “The Boss”, Bruce Springsteen che da sempre influenza la produzione dei The War On Drugs e quella del presente raccontata da Adam Granduciel attraverso la condivisione di paure e speranze per il futuro.

Un disco lirico e struggente, in cui perdere completamente la dignità cantando a squarciagola melodie che rimangono impresse come quella di I Don’t Live Here Anymore che vede la collaborazione con la band indie-pop, Lucius o fischiettando la sequenza della fisarmonica di Old Skin. Spoiler alert: la dimensione karaoke non ci salva comunque da un paio di piantini, quindi tenete a portata i fazzoletti.

 

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