L’antimilitarismo di Peter Jackson in They Shall Not Grow Old

Di ritorno dai lidi fantasy dell’odiatissima, ma in fondo divertente, trilogia di Lo Hobbit, il neozelandese Peter Jackson torna in sala con un progetto che trasuda tutta la passione del suo regista: They Shall Not Grow Old. Per l’occasione, il regista Premio Oscar per Il Signore degli Anelli ha assemblato in un unico corpo filmico ben 600 frammenti di cinegiornali e documentari di guerra, ne ha rimasterizzato le immagini, rallentati i fotogrammi al secondo e aggiunto sia colori che testimonianze audio di combattenti fornite dagli archivi della BBC. Il risultato è un ibrido tra fiction e documentario di certosina bellezza che getta uno sguardo inedito e folgorante sulla Prima Guerra Mondiale al cinema.

Se capolavori come Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick o il recente 1917 di Sam Mendes si facevano portavoci del loro messaggio pacifista subordinandolo alla tecnica cinematografica senza riuscire davvero a bucare la parete della finzione cinematografica, il lavoro di Jackson compie questo passo in più, e l’oggettività delle immagini fa capire per la prima volta in un prodotto concepito per la sala cosa è stata la vita in trincea. L’espediente della testimonianza fuori-campo dei diretti protagonisti arricchisce la rete di aneddoti multiformi e avvicina lo spettatore sempre più al conflitto, racchiudendo in un modo tutto nuovo e viscerale – e più vero – la (dis)umanità del contesto storico narrato. L’antimilitarismo di Jackson è pontificato da una descrizione degli eventi pulsante di vita, di tensione, di violenza e persino di giocosità nei momenti più impensati.

Il colore cattura ogni percezione fisica – il sudore, il tanfo della morte, l’arsura e il freddo – e in egual misura il peso psicologico di un’esperienza tanto traumatica, rappresentando la chiave di volta di un’operazione artistica a trecentosessanta gradi, stimolante e innovativa sia per il cinefilo che cerca il meglio dall’esperienza in sala e di inappuntabile valore per il cultore del documentario. I sentimenti di amicizia tra commilitoni e sacrificio per le cause più nobili in un clima di crescente mortalità prevalgono, e il toccante omaggio che Jackson fa a caduti e veterani sopravvissuti non può non riportare alla mente il malinconico finale della Trilogia dell’Anello, parallelo ai tragici ricordi di guerra dello scrittore J. R. R. Tolkien.

Dedicato alla memoria del nonno William Jackson, They Shall Not Grow Old è tra le più accurate e autentiche descrizioni delle idiosincrasie di uno dei periodi più oscuri della storia umana. Un frutto della matura sensibilità artistica di un regista formatosi con gli splatter a bassissimo costo e cresciuto tra i blockbuster più imponenti ed epici del nuovo secolo, che forse più di molti altri big del cinema mainstream ha saputo davvero innovare l’industria come il suo stesso stile. Ovviamente senza trascurare il lato emotivo.

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