Timber Timbre: una serata nella camera oscura di Taylor Kirk

Una vecchia conoscenza del Todays Festival, torna nella città di Torino per uno show da headliner: Timber Timbre. Il progetto del compositore e cantante canadese Taylor Kirk, dopo le molto date della scorsa estate – tre delle quali in apertura ad Agnes Obel – riabbraccia il nostro Paese in un mini-tour che parte proprio dallo sPAZIO211, uno dei punti nevralgici della musica dal vivo nel capoluogo piemontese.

Ad accompagnare Taylor Kirk ci sono Mike Dubue (piano, synth e voce) e Adam Bradley Schreiber (batteria e percussioni). Un trio tanto improbabile quanto irresistibile. Fin dalle prime battute, sul piccolo palco del club di via Cigna, il combo dà sfoggio di una classe sopraffina. Ricerca, gusto, precisione. Ogni elemento del lavoro della band chiarisce il motivo per cui non andranno mai oltre questi palchi, in un mondo che non sembra tagliato su misura per questa qualità, ma allo stesso tempo non potranno mai smettere di essere seguiti con amore da chi ha bisogno di questo genere di proposta. Rara, ma preziosa.

Fosse per Kirk e i suoi Timber Timbre, probabilmente, lo show si svolgerebbe nel buio più totale. Non puoi fare foto e video se sei immerso nella pece, eh? Avvolti nell’oscurità, gli stimoli sonori raggiungerebbero i neuroni acustici più rapidamente, limpidi. Tutte le qualità produttive del progetto emergerebbero impetuose e tutti i perché dietro a ogni scelta stilistica sarebbero chiari, espressi in un linguaggio universale. Ma siamo dal vivo, su un palco, e anche l’occhio vuole la sua parte. E allora si ricorre alla luce di sicurezza: quella rossa. Il rosso è infatti l’unico colore consentito in sala, che si trasforma nella camera oscura nella quale il fotografo Timber Timbre sviluppa il suo nuovo rullino. I sensi del pubblico sono il materiale ortocromatico sul quale imprimere le immagini indelebili del live. C’è la dolcezza delle ballate, il graffio penetrante di un rock’n’roll d’altri tempi, il folk delle origini e la frenesia dei synth che proiettano la musica del progetto in un futuro inafferrabile, mai prossimo.

Forse quella della fotografia non è un’analogia sufficiente, perché il concerto dei Timber Timbre è profondamente cinematografico. Assistiamo alla sonorizzazione di un film espressionista che non è ancora stato girato. La cavalcata ideata dalla mente di Taylor Kirk, però, si scontra con la realtà e con i problemi tecnici che possono derivarne. Data la cura maniacale con cui il progetto confeziona ogni produzione, con particolare attenzione alla resa sonora, Mike Dubue proprio non ci sta. Interrompendo il live con un modo di fare difficile da decifrare – era più Blanco o Grignani? – impartisce ordini verso il mixer nel tentativo di non far naufragare la performance. Si tratta di un delicato gioco di equilibri, nel quale anche la contemplazione della platea ha un ruolo fondamentale. Lo sa bene il songwriter canadese, che non può fare a meno di richiamare chi, nelle prime file, non riesce a mettere via il telefono. La scena è esilarante, perché sembra di vedere una persona innamorata che vorrebbe mostrare il proprio film preferito al partner, mentre questo si distrae. Proprio sul più bello, eh? Un classico. E allora si alza il volume, si sequestra il telefono e vi guarda il film. Ché sarebbe un sacrilegio, altrimenti.

 

Il concerto prosegue in un crescendo maestoso, da cardiopalma. Non basta neanche l’encore, dato che la platea non si schioda neanche dopo la seconda uscita di scena del tre musicisti. Vorrebbero una seconda scena post-credit, magari anche una terza. Ma le luci si accendono e l’opera è compiuta.

A fine show il buon Taylor si prende giusto qualche minuto per rinfrescarsi e raggiunge il banchetto del merch, per salutare i più affezionati e autografare lo splendido poster creato per l’occasione dalla talentuosissima Sabrina Gabrielli. Impacciato, leggermente in preda all’imbarazzo, ma anche divertito, si concede per uno scambio genuino. La firma la mette, certo, ma in un angolo in alto a destra, fuori dai bordi. “Non vorrei rovinare questa bellissima illustrazione”, è la poetica giustificazione di un umile artista che, più di ogni altra cosa, ha a cuore la creatività. Che bello sarebbe se il mondo intero girasse così?

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