Mackenzie Scott è l’ultima icona del rock femminile

Il cammino di Torres, così come il suo nome d’arte preso da un nonno lontano, si perde nelle pagine della genealogia della stessa Mackenzie Scott, impegnata a raccontare – e raccontarsi – la propria evoluzione come donna e artista. Una maturazione costante e determinata che ha portato il rock puro e pattysmithiano del suo splendido esordio del 2012 a seguire un cammino di arricchimento, in primo luogo dotandosi di elementi elettronici e cambi repentini di ritmicità, che ha reso ogni album successivo una traccia visibile di situazioni e complessità sempre maggiori, di approfondimenti, interazioni e riflessioni volte a spingersi sempre più in là. Una genealogia geograficamente portata all’interiorità estrema, intenzionata ad approfondire la propria storia attraverso una contaminazione dichiarata fra vita vissuta e possibilità di interazione. Un Moderato cantabile serrautiano che si sfoglia ascoltandolo. Dimostrazione netta di una continua crescita artistica che rendono Torres una delle ultime icone del rock femminile. Un valore che, senza un reale motivo, si fa fatica ad assegnarle e che ha attorniato la sua produzione di una nebbia di indecisione e ha portato Silver Tongue a scontrarsi con nuove realtà e a dare voce – specialmente dopo la complicata separazione con 4AD dopo tre album  – a nuovi sentimenti con cui si è ritrovata a fare i conti (How could I be neutral, canta in Last Forest). Silver Tongue, però, in maniera molto intelligente, non si limita a polemizzare con quell’industria discografica che l’ha messa da parte ma la sfrutta per scavare ancora più dentro se stessa.

 

 

Ha cambiato pelle, Torres, come si augurava a se stessa in Sprinter (The darkness fears / What darkness knows / But if you’ve never known the darkness / Then you’re the one who fears the most), tingendo i suoi ultimi lavori di situazioni ancora più cariche di forza emotiva e distorsioni. Un utilizzo della voce concentrato in lunghe aperture che si intermezzano con parti quasi sussurrate che invitano l’ascoltatore a predisporsi verso una sensazione precisa, il tutto realizzato con una libertà disarmante, frutto – probabilmente – anche di una maggiore consapevolezza e fiducia portata dal passaggio a Merge Records. In Silver Tongue Torres raggiunge la propria libertà artistica dopo aver attraversato quella emotiva in Three Futures e quella – come già detto – personale nel precedente. Come in tutti i suoi album Mackenzie Scott non crea dimensioni immediatamente facili da affrontare. Si prende il rischio, ancora una volta, di far entrare l’ascoltatore in una sfera intima ma con le proprie regole, alternando parti a forte impatto (Good Grief, n’est pas?) con altre più delicate ed eteree, in cui è l’interpretazione e la tonalità data alle parole a reggere da sola la struttura.

Silver Tongue sfiora tanti punti diversi, dalla politica di Dressing America, le speranze di Last Forest fino alle preghiere di Records of your Tendress in cui si avvertono le influenze di My Heart is Empty di Nico, almeno in termini di atmosfera e concentrazione sentimentale. Si tratta di una ricostruzione continua, non dalle macerie ma da qualcosa di già riparato. Il costante miglioramento, la ricerca di una forza interiore rinnovata, termini si rincorrono in Silver Tongue e delineano la poetica genealogica di Mackenzie Scott, mai come prima d’ora libera di aprirsi e dedicarsi anche solo a una delle possibili interpretazioni di un sentimento. Il rock vecchio stile è sempre lì, fissato – a volte nell’aria – per tenere il punto e non permettere alla sperimentazione di spostarsi oltre, un pegno che aveva complicato Three Futures naturale precursore di questa rottura. Torres riprende, quindi, i passi da dove si era fermata, li stravolge per dargli una struttura unitaria che porti ad altro, a una coerenza stilistica e dai tratti fin troppo ordinati che quando si infrangono creano vere e proprie poesie.  Tutto l’album e la produzione di Torres si inseriscono in un preciso contesto storico e musicale, e riassumono in sé le diverse anime necessarie a renderla veramente una icona in tutto e per tutto che segue uno stile  inedito e personale. Da Patty Smith a Pj Harvey, da Serraute a Courtney Love, Mackenzie Scott ha tutto per stargli al fianco e in Silver Tongue si trova (l’ennesima) conferma.

 

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