Tutti gli stereotipi sull’immigrazione: da Grillo agli italiani

Tutti i luoghi comuni e non sul tema caldo di questo scorcio d’inizio autunno violento e faticoso: l’immigrazione. Se ne sono sentite tante, non da ultime le dichiarazioni cocenti della Beppe Grillo Spa, ma quello che conta è entrare nella testa degli italiani per ammazzare tutti i luoghi comuni di cui parliamo ogni volta che vediamo uno sbarco a Lampedusa di immigrati. Ricordiamo che viviamo nel paese dove va sempre di moda, ogni anno, come evergreen, il tema da liceo che ha per focus il problema dell’immigrazione (supera addirittura la Shoah), e che in genere ci viene suggerito di scrivere come dei bravi ragazzi, prima di uscire fuori nel mondo a capire che era tutto un bluff, e fuori tutti la pensavano diversamente.

 

La favola che si narra è che l’Italia sia già un paese in crisi, dove è faticoso trovare lavoro, e loro sbarcano a migliaia, sperando di trovare l’America, e rubando il lavoro alla povera gente italiana, che dovrebbe prima aggiustare la situazione interna per poi accoglierli. Peccato che non abbia mai visto un immigrato o un clandestino o quello che è diventare un top manager, o scaldare il culo in un ufficio. Ci sono alcuni flussi base di immigrazione in Italia che vivono tentando di mantenere anche le loro famiglie di origine all’estero: le donne dell’est, che vengono per fare le badanti, le pulizie, le bariste se va bene; gli arabi o africani che vengono a raccogliere pomodori, fragole, e fare tutti quei lavori che in generale sì: ci rifiutiamo di fare in Italia. Magari sono anche lavori in eccedenza, lavori che non servono a un cazzo: il venditore di rose ne è la riprova. Il carrettino che torna a sera con prodotti da vendere in strada però continua a vivere, e fare il suo corso, quindi il dilemma è: che noi compriamo anche queste cose, le rose, gli accendini, gli ombrelli per strada (quante volte abbiamo ringraziato un africano che ci muniva di ombrello sotto l’acquazzone!). Ne segue che:

Ma quanti barconi arrivano a Lampedusa?e che pensano di trovare? Mica siamo la Germania!

Maledette parole: in realtà nessuno ci vuole venire nella tua Italia, neanche gli immigrati. Sono di passaggio: Lampedusa è l’isoletta più vicina per entrare nel continente, poi cercano di seguire rotte più nordiche. Alcuni si trovano sicuramente a praticare la pesca nel Sud Italia, ma sempre perchè c’è una domanda, magari del pescatore che ha prima chiesto al figlio di andare a pesca, lui gli ha girato la faccia per andarsene a Milano a fare aperitivi, e allora ha trovato Mohamed che a pesca ci va con gentilezza. E ha iniziato, quel pescatore, anche ad apprezzare il lavoro di questo negro, o comunque è arrivato addirittura a credere che fosse una persona gentile e non un criminale.

La donna con bambino qui sopra è una rifugiata siriana in un campo dell’Unhcr in Giordania: voglio dire, se è andata via da casa, probabilmente quella casa neanche esiste più. Per caso, grazie all’Unhcr, ha trovato una tenda per i suoi bisogni elementari in Giordania, vicino casa insomma, tuttavia scommetto che ogni mattina pensa alla sua vecchia vita in Siria e la rimpiange. Lo stesso percorso lo hanno affrontato in Libia, e in Egitto, e in Marocco, e lo affrontano quotidianamente in tutti gli stati centrafricani dove ci possono essere crisi reali, guerre tribali, fame, aspirazioni troncate. Nessuno vuole sul serio lasciare le persone che ha interno e la sua casa: a house is not a home. Ma lo fa perchè ha bisogno di farlo. Eppure sembra una minaccia questa faccenda, come se le persone non fossero tutte persone ma nazioni; come se il mondo fosse diviso in barriere. Per giunta i minatori d’oro europei possono andare in Africa con le proprie famiglie a lavorare e creare aziende.

Uno dei problemi è che, molto spesso il nostro auto-definirci superiori, si limita ad attività di facciata: mandiamo derrate alimentari a casa loro e adottiamo un bambino a distanza. Non abbiamo mai pensato realmente di aiutare davvero queste persone a costruire una nazione migliore, quando possiamo farlo: in fondo siamo molto belli a mobilitarci per manifestazioni pacifiste contro la guerra in Siria, una guerra (civile) che c’è da 3 anni, che costringe queste persone a scappare dalla propria patria, a trovarsi in campi di rifugiati, o pagare qualche trafficante coi soldi di una vita per arrivare in Europa.

E andiamo al fondo, alle parole di Beppe Grillo, che è un poco il pensiero fisso degli italiani: ”Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?”.

Siamo un paese di un egoismo straordinario, lo ammetto che me ne sorprendo sempre. Non voglio cadere nella controretorica di dire blablabla quando noi emigravamo in America, perchè non è questo che mi interessa. Mi interessa che la stessa persona che può condividere il grillo-pensiero sta anche stipendiando un immigrato a nero magari. Oppure che la stessa persona che condivide il grillo-pensiero non andrebbe mai a cogliere pomodori, o disinfestare un bosco. Oppure che la stessa persona che condivide il grillo-pensiero (e tre!) poi va in Svezia, negli States, in Australia a triplicare lo stipendio per fare un’esperienza culturale ed economica, ma non la accetta se capita a Terracina.

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